Affidamento in house
Necessario documentare sempre dati oggettivi
Affidamento in house
L’affidamento in house deve essere sempre opportunamente motivato
07 Aprile 2021
L’affidamento in house deve essere giustificato da una congrua motivazione con la quale la stazione appaltante deve documentare oggettivamente le ragioni della scelta che giustifica il sacrificio alla libera concorrenza.
Lo ha rammentato il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza 12 marzo 2021, n. 2102.
La sentenza assume particolare pregio perché rammenta quali siano i presupposti legittimanti che autorizzano l’affidamento ad una partecipata, tenendo conto che tale scelta implica, come contropartita, un sacrificio del principio generale di massima concorrenza e massima partecipazione.
I giudici hanno, infatti, affermato che la scelta di sottrarre l’affidamento di un servizio al fisiologico confronto di mercato, optando per la soluzione auto-produttiva, deve trovare fondamento in dati oggettivi ed attentamente valutati, che giustifichino il sacrificio che quella scelta arreca alla libertà di concorrenza: ciò perché, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 100/2020 (che richiama sul punto i precedenti di cui alle sentenze n. 325/2010 e n. 46/2013), gli oneri motivazionali prescritti dall’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 (ed altri analoghi previsti dalle previgenti disposizioni) si risolvono in una restrizione delle ipotesi in cui è consentito il ricorso alla gestione in house del servizio e, quindi, della possibilità di derogare alla regola comunitaria concorrenziale dell’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica.
Ciò comporta, evidentemente, un’applicazione più estesa di detta regola comunitaria, quale conseguenza di una precisa scelta del legislatore italiano.
Tale scelta, proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta – e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell’art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato –, ma neppure si pone in contrasto […] con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri.
È infatti innegabile l’esistenza di un “margine di apprezzamento” del legislatore nazionale rispetto a princìpi di tutela, minimi ed indefettibili, stabiliti dall’ordinamento comunitario con riguardo ad un valore ritenuto meritevole di specifica protezione, quale la tutela della concorrenza “nel” mercato e “per” il mercato.
Immediato corollario applicativo della disposizione citata, e del valore pro-concorrenziale ad essa riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, è quindi l’impossibilità di fare leva su dati evanescenti, di carattere eventuale o meramente organizzativo, insuscettibili di manifestare un corrispondente significativo beneficio per la collettività, derivante dal ricorso al modello dell’in house providing, e di integrare una parallela valida ragione derogatrice del ricorso primario al mercato: l’esigenza normativa che l’in house sia produttivo di “benefici per la collettività”, sotto i profili menzionati dalla disposizione citata, sottende quindi la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione e costituenti, nell’ottica legislativa, il “giusto prezzo” per compensare il vulnus che esso potenzialmente arreca al valore primario della concorrenza (e ciò a prescindere dal fatto che la massima giurisprudenziale che ammetterebbe, ai fini giustificativi del ricorso all’in house, la “possibilità di una partecipazione e di un controllo più penetranti rispetto ad altre soluzioni gestionali”, invocata dalle parti appellate in sede difensiva, non è rinvenibile, tantomeno nella sentenza – Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2168 del 10 aprile 2018 – da esse citata).
Pubblicato il 12/03/2021
N. 02102/2021REG.PROV.COLL.
N. 10275/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10275 del 2020, proposto da
OMISSIS Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Piciocchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in OMISSIS, corso Torino n. 30/18;
nei confronti
OMISSIS s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Pafundi e Raffaella Rubino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14/A;
Comune di OMISSIS, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00684/2020, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’OMISSIS e di OMISSIS s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati Marco Napoli, Pietro Piciocchi e Raffaella Rubino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza appellata, il T.A.R. per la Liguria, sgombrato il campo dalle eccezioni di inammissibilità formulate dall’Amministrazione intimata, ha respinto il ricorso proposto dalla odierna società appellante – OMISSIS Group s.r.l. – avverso la deliberazione n. 919 del 27 maggio 2020, con la quale l’Ospedale Policlinico San Martino, in esecuzione delle proprie precedenti deliberazioni n. 696 del 23 aprile 2019 e n. 134 del 22 gennaio 2020, ha disposto di affidare alla società in house OMISSIS s.p.a. il nuovo servizio di gestione dell’accesso, sosta e viabilità interna dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di OMISSIS fino al 31 dicembre 2022, con opzione di rinnovo.
Con il ricorso suindicato, la società ricorrente, già concessionaria fino al 31 dicembre 2019 del servizio di gestione dell’accesso, sosta e viabilità interna dell’Ospedale Policlinico San Martino di OMISSIS, contestava appunto la scelta dell’Amministrazione di affidare il servizio de quo mediante il modello organizzativo dell’in house providing, ex art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, attuata mediante i provvedimenti impugnati in primo grado.
Il T.A.R., con la sentenza impugnata, riteneva invece che il modus agendi dell’Amministrazione intimata fosse rispettoso, sotto tutti i profili dedotti, dei pertinenti parametri normativi.
Mediante i motivi di appello – cui resistono, con articolare memorie difensive, l’OMISSIS e la società OMISSIS s.p.a. – l’originaria ricorrente si prefigge di conseguire la riforma della sentenza appellata ed il conseguente accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
A fondamento del gravame, la parte appellante pone, in sintesi, i seguenti temi, di cui lamenta la mancata adeguata considerazione da parte del giudice di primo grado: 1) in primo luogo, la carenza istruttoria e motivazionale del provvedimento impugnato, quanto alle “ragioni del mancato ricorso al mercato” atte a giustificare, accanto alla (e indipendentemente dalla) accertata sussistenza di “benefici per la collettività”, l’applicazione del modulo gestionale di carattere internalizzato; 2) in secondo luogo, comunque, la non condivisibilità delle ragioni, sostenute dall’Amministrazione e recepite dalla sentenza appellata, inerenti al carattere “preferenziale” della gestione in house del servizio, alla luce dei vantaggi che esso garantirebbe per la collettività.
Iniziando dal primo profilo, deve premettersi che la fattispecie è governata dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, a mente del quale “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
La norma, va precisato, ha carattere integrativo, quanto alle condizioni per il legittimo ricorso all’affidamento in house (in deroga al generale obbligo di indire una gara ispirata al confronto concorrenziale tra gli operatori economici interessati), rispetto all’art. 12 Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, tanto che è stata sospettata di incostituzionalità (perché introdotta, tra l’altro, in asserita violazione del divieto di cd. gold plating, corrispondente ad uno dei criteri direttivi contenuti nella legge delega n. 11/2016, ovvero del divieto, in sede di recepimento di direttive comunitarie, di prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie) e di incompatibilità comunitaria (perché, tra l’altro, asseritamente contrastante con il principio euro-unitario per cui le autorità nazionali, regionali e locali sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici, avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli ad operatori economici esterni, sancito dall’art. 2 Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/23/UE): sospetti fugati, sul fronte costituzionale, dalla sentenza del giudice delle leggi n. 100 del 27 maggio 2020 e, sul versante europeo, da ultimo, dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, Sez. IX, 6 febbraio 2020 nelle cause riunite nn. C-89/19 e C-91/19.
Come accennato, sostiene la parte appellante, anche sulla scorta dell’esegesi giurisprudenziale della disposizione così come maturata, anche in forza delle sentenze citate, a livello comunitario, costituzionale e di merito, che essa, coerentemente con il carattere “residuale” ed “eccezionale” dell’istituto, configura una duplice condizione cui il ricorso al modello di gestione in house dei servizi reperibili sul mercato in regime di concorrenza è subordinato, rappresentate:
– da un lato, dalla dimostrazione del cd. “fallimento del mercato”, ovvero della incapacità del mercato di offrire il servizio de quo alle medesime condizioni – qualitative, economiche, di accessibilità, così come declinate dalla disposizione citata – garantite dal gestore oggetto del “controllo analogo”;
– dall’altro lato, dalla sussistenza di specifici “benefici per la collettività” derivanti dall’affidamento diretto del servizio in house.
Essa lamenta quindi che il provvedimento impugnato è motivato con esclusivo riferimento al secondo profilo giustificativo, rivelandosi carente di adeguata istruttoria e congrua motivazione in relazione al primo.
Il motivo, ad avviso della Sezione, non è meritevole di accoglimento.
Deve premettersi che, come recentemente statuito da questa Sezione (cfr. la sentenza n. 1564 del 3 marzo 2020, richiamata anche dalla sentenza appellata), “l’art. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici (d. lgs. n. 50 del 2016) impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni): a) la prima condizione consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato. Tale condizione muove dal ritenuto carattere secondario e residuale dell’affidamento in house, che appare poter essere legittimamente disposto soltanto in caso di, sostanzialmente, dimostrato ‘fallimento del mercato’ rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a “gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe; b) la seconda condizione consiste nell’obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house (dimostrazione che non è invece necessario fornire in caso di altre forme di affidamento – con particolare riguardo all’affidamento tramite gare di appalto -). Anche qui la previsione dell’ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese”.
Deve altresì osservarsi che il giudice di primo grado ha, sul punto, reso la seguente motivazione:
“La Corte costituzionale (con la sentenza n. 100/2020, n.d.e.) in sostanza non ha avvallato una interpretazione della norma che richieda un confronto concorrenziale preliminare tra i due modelli di gestione del servizio richiedendo semplicemente che l’amministrazione abbia ben presente la possibilità del ricorso al mercato e che dia una motivazione ragionevole e plausibile delle ragioni che, nel caso concreto, l’hanno indotta a scegliere il modello in house rispetto alla esternalizzazione. In conclusione, pertanto, appare sufficiente al fine dell’adozione del modello in house che l’amministrazione indichi le ragioni, che potranno essere successivamente vagliate dal giudice amministrativo, della preferenza del modello scelto rispetto al ricorso al mercato, nonché dei benefici conseguibili dalla collettività attraverso tale modello. Deve comunque rilevarsi come la motivazione in ordine ad un aspetto possa risolversi anche nella motivazione dell’altro aspetto tutte le volte che i benefici per la collettività siano di per sé tali da giustificare il mancato ricorso al mercato. La motivazione ben può essere unitaria ogni qual volta le ragioni addotte da un lato giustifichino il mancato ricorso al mercato e dall’altro integrino i richiesti benefici per la collettività”.
Deve quindi evidenziarsi che il giudice di primo grado, lungi dall’obliterare l’esigenza che l’Amministrazione motivi (anche) in ordine alle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini dell’affidamento in house del servizio, ha affermato che, da un lato, la corretta applicazione della citata disposizione non richieda “un confronto concorrenziale preliminare tra i due modelli di gestione del servizio”, dall’altro lato, che la motivazione sottesa all’opzione internalizzante può assumere carattere “unitario”, siccome idonea a dare conto, ad un tempo, delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici per la collettività attesi dal modello in house.
Del resto, tale formula motivazionale è conforme allo schema interpretativo fornito da questa Sezione con la sentenza citata, laddove evidenzia che, così come l’obbligo motivazionale inerente alla dimostrazione del “‘fallimento del mercato’ rilevante” deve essere assolto avendo riguardo alle “prevedibili mancanze in ordine agli “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe”, anche quello relativo agli “specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house” deve essere adempiuto con riferimento “a quegli stessi propositi” (ergo, in relazione ai suddetti “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”).
Deve peraltro osservarsi che la motivazione “unitaria” della scelta di ricorrere all’affidamento in house non stride con il carattere “preferenziale” del canale concorrenziale di acquisizione del servizio (quale trova paradigmatica espressione nello svolgimento di una gara), posto in risalto dalla pronuncia citata, costituendo i “benefici per la collettività” attesi dall’organizzazione in house dello stesso e le “ragioni del mancato ricorso al mercato” le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi “positivi” (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli “negativi” (sub specie di indisponibilità di quei “benefici” attraverso il ricorso al mercato).
Né può omettersi di rilevare che, trattandosi di valutazione unitaria e complessa, siccome finalizzata a sintetizzare entro un quadro unificante (rappresentato dai vantaggi insiti nell’affidamento in house rispetto a quelli derivanti dal meccanismo concorrenziale) dati molteplici e variegati (secondo lo spettro valoriale dianzi richiamato), il sindacato del giudice amministrativo non potrà che svolgersi secondo le coordinate tipiche del potere discrezionale, rifuggendo quindi da una analisi di tipo atomistico e parcellizzato della decisione amministrativa portata alla sua cognizione, ma orientandolo verso una valutazione di complessiva logicità e ragionevolezza del provvedimento impugnato.
Occorre solo aggiungere che l’obbligo motivazionale facente carico all’Amministrazione, come innanzi delineato, si riverbera, sul piano istruttorio, nella attribuzione alla stessa della scelta, anch’essa eminentemente discrezionale, in ordine alle modalità più appropriate – salva la verifica del giudice amministrativo circa la loro idoneità a fornire un quadro attendibile ed esaustivo della realtà fattuale rilevante nei sensi illustrati – a cogliere, in relazione alla concreta fattispecie, i dati necessari al fine di compiere, in maniera oggettiva quanto completa, la suddetta valutazione di “preferenza”: metodo che impone coerentemente all’Amministrazione di prendere in considerazione sia la soluzione organizzativa e gestionale praticabile attraverso il soggetto in house (al fine, appunto, di enucleare i “benefici per la collettività” da essa attesi), sia la capacità del mercato di offrirne una equivalente, se non maggiormente apprezzabile, sotto i profili della “universalità e socialità, efficienza, economicità, qualità del servizio e ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
Al riguardo, deve altresì rilevarsi che la congruità dell’attività istruttoria posta in essere dall’Amministrazione deve essere valutata caso per caso, non potendo escludersi la possibilità (recte, legittimità) di un modus procedendi che non si traduca nell’effettuazione di specifiche indagini di mercato e/o di tipo comparativo, laddove sussistano plausibili, dimostrabili e motivate ragioni, insite nell’affidamento del servizio all’organismo in house, per ritenere che l’affidamento mediante gara non garantisca (non, quantomeno, nella stessa misura di quello diretto) il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Per concludere sul punto, resta solo da sottolineare che le ragioni evidenziate dal giudice di primo grado – quali ragionevoli supporti giustificativi della scelta censurata – si pongono in linea con la suindicata impostazione – “dualistica” nell’oggetto, ma unitaria nella forma – delle valutazioni rimesse all’Amministrazione dall’art. 192, comma 2, d.lvo n. 50/2016, avendole esso rinvenute in profili – inerenti alla “integrazione tra la disciplina della sosta interna all’ospedale e quella cittadina limitrofa”, che avviene per il tramite della società in house del Comune di OMISSIS (“di talché” – ad avviso del T.A.R. – “nessun operatore privato potrebbe realizzare la stessa integrazione tra i due sistemi di sosta”) ed alla “sensibilizzazione alle problematiche della sosta da parte del Comune” (che, sempre ad avviso del T.A.R., “non potrebbe mai avvenire ove la gestione della sosta fosse affidata ad un privato”) che, a prescindere dalla loro correttezza sostanziale (sulla quale si dirà infra, in occasione dell’esame del pertinente motivo di appello), afferiscono appunto ai due “fronti” in cui si articola l’impegno motivazionale dell’Amministrazione (quelli, cioè, della vantaggiosità dell’affidamento in house e della non rinvenibilità di una soluzione altrettanto soddisfacente attraverso l’esplorazione del mercato).
Chiarito quindi che, sul piano dell’impostazione generale, la sentenza appellata (così come, del resto, il provvedimento impugnato in primo grado) è conforme al dettato legislativo, così come interpretato anche dalla giurisprudenza della Sezione, il fuoco dell’analisi, sollecitata con il mezzo di gravame in esame, deve spostarsi sul diverso – ma decisivo – piano della verifica relativa alle modalità con le quali l’Amministrazione ha concretamente assolto ai suoi obblighi istruttori/motivazionali (e, quindi, della correttezza delle conclusioni raggiunte sul punto dal giudice di primo grado), in relazione allo standard di buona amministrazione innanzi sinteticamente prefigurato con riferimento alla fattispecie in esame.
Al fine di dare risposta a siffatto interrogativo, occorre prendere le mosse dalla motivazione che suffraga la scelta di ricorrere all’affidamento alla società in house OMISSIS s.p.a. del servizio de quo, quali si evincono dalla delibera impugnata in primo grado ed i cui principali passaggi possono essere testualmente riportati, nei termini che seguono:
“Vista la proposta tecnico-economica di gestione dell’accesso, sosta e viabilità interna e relativi allegati, presentata da OMISSIS s.p.a. con nota prot. n. 475/2020, trasmessa in data 21/05/2020 ed acquisita agli atti del Policlinico in pari data con prot. n. 21763;
Ritenuto che la stessa risponde pienamente alle aspettative del Policlinico ed appare idonea alla migliore gestione delle complesse problematiche inerenti l’accesso, la viabilità e la sosta all’interno dell’area ospedaliera che risultano sempre più complesse a fronte, sia del numero di afflussi veicolari giornalieri, sia delle differenti tipologie di soggetti (utenti, dipendenti, fornitori, servizi accessori) che vi afferiscono, vieppiù aggravate dalle costanti interferenze derivanti dal frequente passaggio dei mezzi sanitari operanti in emergenza/urgenza, nonché dalla frequentazione di un’utenza sovente anziana ed in condizione di difficoltà di deambulazione;
Considerato, in particolare, che le dimensioni e l’accennata complessità della struttura e le esigenze del servizio e dell’utenza pretendono necessariamente il ricorso ad un soggetto pienamente qualificato, avente particolari competenze nell’ambito della gestione della viabilità, della sosta e, più in generale, delle politiche di mobilità pubblica;
Evidenziato che l’eccezionale flusso di traffico...