CARICHI DI LAVORO ED EQUA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO NELLE PP.AA. ITALIANE
RISCHIO AZIENDALE e RISCHIO DI STRESS LAVORO-CORRELATO: PARLIAMONE!
CARICHI DI LAVORO ED EQUA DISTRIBUZIONE DEL LAVORO NELLE PP.AA. ITALIANE
a cura di Riccardo Lasca
02 Aprile 2024
Mentre quasi tutte le Facoltà universitarie giuridiche propongono corsi di studi dal titolo (più o meno) “Scienze dell’Amministrazione e dell’Organizzazione”1 della durata triennale (Laurea cd. breve) col seguente contenuto “Il Corso mira a far conseguire una solida preparazione di base interdisciplinare ed a favorire l'apprendimento di modelli interpretativi del corretto funzionamento delle amministrazioni sia pubbliche e sia private, nonché di tecniche che forniranno ai laureati le necessarie conoscenze per interpretare i processi di innovazione organizzativa e gestionale, per la programmazione e l'implementazione di attività rivolte alla promozione dello sviluppo economico, sociale e civile della comunità, per governare i processi di cambiamento indotti dal contesto internazionale in cui le pubbliche amministrazioni e le imprese pubbliche e private si trovano ad operare.” (v. nota 1) e non mancano anche Master universitari (v. nota 2), chi scrive ha l’ambizione di esporre in tre minuti a chi legge l’A,B,C in materia specificatamente per le PP.AA. italiane ed esattamente i seguenti concetti basilari seguiti da utili riflessioni, che sicuramente attengono al cd. management pubblico2 basilare o arcaico ma indubitabilmente intramontabili ed insostituibili:
# RILEVAZIONE dei Carichi di lavoro intra PA = Elenco delle competenze funzionali della PA, ai sensi di legge (v. art.97 Cost.) con quantificazione delle pratiche giornaliere/settimanali/mensili/annuali (ove possibile) per ciascuna tipologia, ripartita in base all’interna organizzazione (Macro e Micro) della PA : insomma quale ‘struttura’ (Ufficio) fa cosa e quanto fa, semplice.
# In attesa dell’IA applicata al diritto (se mai arriverà!), da tale RILEVAZIONE dei Carichi di lavoro dovrebbe logicamente scaturire il FABBISOGNO DI PERSONALE (esseri umani lavoranti come dipendenti) della PA ovvero la Dotazione Organica adeguata (nn. di persone = dipendenti stabili = a tempo indeterminato), necessaria - anche in termini orari (v. il Conto Annuale che non a caso ‘orarizza’ la DO3, dirigenti4 inclusi pur non avendo un debito orario per contratto !!!) - per evadere (sopportare) detti carichi di lavoro e quindi erogare servizi senza creare ritardi e/o disservizi alll’utenza/ai cittadini amministrati. Nè troppi, né troppo pochi e soprattutto nessuno ‘imboscato’ !
# Carico di lavoro individuale del singolo dipendente: cosa si intende al di là del riparto delle competenze amministrative? Semplice, dal punto di vista:
> del RUOLO ricoperto: le pratiche del Dirigente (ne può avere di proprie a livello istruttorio: vedasi i casi in cui si firma anche come ‘Responsabile del procedimento’ (si vuo sperare non extra ordinem5), del titolare di EQ (già PO; automaticamente anche Rdp), del mero Responsabile del procedimento (Rdp, non anche EQ) ex L. 241/1990 (RUP ex D.Lgs 36/2023), del mero dipendente addetto all’Ufficio a supporto di Dir/EQ/Rdp, con mansioni adeguate alla Categoria di inquadramento secondo le declaratorie (Catt. A, B, C, D) del CCNL 16.11.2022;
> del QUANTO LAVORO DEVE ESSERE SVOLTO = cioè QUANTE PRATICHE (giornaliere/settimanali/mensili/annuali) evadere: tante quante sono esigibili ordinariamente, nelle 36h d’obbligo EX ccnl settimanali / 156mensili / 1872 ANNUE, secondo scienza (giuridica) e coscienza ‘aziendalistica’ = lavorare troppo ma male non fa bene alla PA e neppure all’utenza, oltre che stressare il dipendente !!!
Finito l’A,B,C, ecco a seguire alcune utili riflessioni.
Detti ‘fattori di organizzazione e controllo della produzione’ di una PA (qualche Ministro ci vedeva e ci vede una Azienda !) dovrebbero già essere tutti noti e rilevati e monitorati costantemente intra PA avente un buon sistema pro CONTROLLO DI GESTIONE6, a dirla tutta la legge (Finanziaria) sin dall’anno 1994 lo IMPONEVA ! Ricordate ? A chi non c’era all’epoca in Ufficio lo ricordiamo con la stessa legge, la Finanziaria del 1994 (art. 3 comma 5 L. 537/1993):
[5. Le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, provvedono entro il 31 dicembre 1994 e, successivamente, con cadenza biennale, alla verifica dei carichi di lavoro, che deve essere effettuata con specifico riferimento
alla quantità totale di atti o di operazioni, prodotti nella media degli ultimi tre anni,
ai tempi standard di esecuzione delle attività
e, ove rilevi, al grado di copertura del servizio reso in rapporto alla domanda espressa o potenziale.
Il Dipartimento della funzione pubblica, entro trenta giorni dall'invio della documentazione richiesta, verifica la congruità delle metodologie utilizzate per determinare i carichi di lavoro(1) (2) . ] (3)
Comma, oggi abrogato, le cui annotazioni recitano:
[1] La Corte Costituzionale, con sentenza 20 luglio 1995, n. 406, (in Gazz. Uff., 2 agosto, n. 32), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui affida al Dipartimento della funzione pubblica la verifica della congruità delle metodologie utilizzate per determinare i carichi di lavoro da parte delle regioni.7
[2] Per una deroga alle disposizioni di cui al presente comma vedi l'articolo 1, comma 1, del D.P.R. 25 luglio 1997, n. 404.
[3] Comma abrogato dall'articolo 43, comma 4, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e successivamente dall'articolo 72, comma 1, lettera u), del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
Peccato sia stata abrogata detta rilevazione ! Era ed è utilissima. Insomma, una ‘azienda seria’ come una PA, rispettosa dell’art. 97 Cost. e che per di più deve applicare il controllo di gestione come fa a non avere una costante rilevazione dei propri carichi di lavori, anche considerato l’andamento della legislazione che tanta BUROCRAZIA prevede e quindi esige ??? La burocrazia non è un ‘prodotto’ umano, bensì legislativo! Qualunque riforma in funzione sburocratizzante deve agire sulle leggi esistenti non sui dipendenti delle PA chiamate ad applicare: spero sia chiaro a tutti! Ma non pare stando al tenore di alcuni passaggi dei cc.dd. Codici di comportamento dei dipendneti pubblici che impongono al dipendente, sottoposto/subordinato alla legge, in pratica di agevolare il cittadino-utente: come se dipendesse da lui ! Ne ometto la citazione, tanto sono deleterie e incostituzionali, ai limiti dell’istigazione a delinquere, a dirla tutta. Ma tant’è questo è il livello.
E magari non guasta la lettura attenta dell’ottima Circolare attuativo-illustrativa dell’epoca, del Ministero per la Funzione pubblica, del 23 marzo 1994 (Gazzetta Ufficiale 2 aprile 1994, n. 77) “Carichi di lavoro delle amministrazioni pubbliche e dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato”, illustrante anche le metodologie.
Comunque, nessuna norma di legge vieta alle PP.AA. italiane la rilevazione dei carichi di lavoro, beninteso. Sono liberissime di attuarla.
Ora, se non si hanno ben presente i suddetti fondamentali (direi A,B,C), abrogazione intervenuta a parte, si corre il rischio di arrecare danni enormi alla PA ed anche ai lavoratori! Mai sentito parlare di RISCHIO AZIENDALE e di STRESS LAVORO-CORRELATO? Parliamone...tanto per non cadere dal pero ! Vale anche per qualche ‘sindacalista’ che magari sta leggendo !!!
In attesa
- che molti Enti del Comparto contrattuale FFLL, già Enti Locali, adottino (ciascuna) il proprio Codice di Condotta contro le molestie sessuali imposto da specifico CCNL8 del Personale delle Categorie (ma non guasterebbe adottarlo anche per il personale dirigente, nonostante il silenzio del relativo CCNL!!!) anni or sono (addirittura con tanto di fac-simile), ma mai adottato dai più, nonostante ogni anno promuovano iniziative per la festa della donna e contro la violenza sulle donne (!), codice che, ove adottato, prevede una utile figura che opera extra CUG (!!!),
- e che, come impone il D.Lgs. 165/2001, le PPAA garantiscano effettivamente un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnino seriamente a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno (v. art. 7 co. 1, anche se poi il D.Lgs. 33/2013 non impone più la pubblicazione in Amministrazione Trasparente - degli esiti di tale rilevazione: VA SEMPRE COMUNQUE FATTA: LA SI FA ???!!!),
trattiamo qui, oggi, del RISCHIO ORGANIZZATIVO, che tutto genera fuorché benessere organizzativo e dei suoi confini con altri istituti patologici affini.
Estremamente chiaro sull’istituto è il Politecnico di Torino (v. https://www.sls.polito.it/uffici/rischio_organizzativo):
“ IL RISCHIO ORGANIZZATIVO
Sono i rischi che dipendono dalle cosiddette “dinamiche aziendali”, cioè dall’insieme dei rapporti lavorativi, interpersonali e di organizzazione che si creano all’interno di un ambito lavorativo.
L’organizzazione del lavoro, ad esempio, svolge un ruolo fondamentale soprattutto per quanto riguarda l’intensità del lavoro sia dal punto di vista psicologico che fisico, quindi i rischi che ne possono derivare devono essere attentamente valutati dal Datore di Lavoro e dal Medico Competente.
Lo sviluppo di strumenti idonei a programmare (((ma anche a monitorare))) una distribuzione più equa o più gratificante del carico delle mansioni da svolgere, possono essere degli ottimi metodi per migliorare le condizioni lavorative (((quali ad esempio))):
Processi lavorativi chiaramente definiti e noti a tutti.
-
Partecipazione alle decisioni ed autonomia operativa.
-
Assegnazione di compiti eseguibili in relazione alle capacità individuali.
-
Possibilità di accedere a training, formazione o aggiornamento.
-
Alternare mansioni monotone e ripetitive ad attività che richiedono riflessione.
-
Evitare continue interruzioni del lavoro.
-
Ridurre fattori di disturbo ambientali.
-
Chiarezza nelle responsabilità.
-
Comunicazione efficace tra colleghi, collaboratori e superiori.
-
Gestione dei conflitti irrisolti.
-
Alternanza e pause nelle mansioni a contatto diretto con pubblico.”
Sarà bene fare tesoro di dette indicazioni e magari di applicarle anche nella vita lavorativa a partire dai Dirigenti, magari ascoltando il Medico competente.
Quanto al singolo dipendente basta che si rilegga ogni tanto il comma 1 dell’art. 11 del DPR 62/2013 (Codice di Comportamento cd. nazionale):
“Articolo 11 - Comportamento in servizio - 1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda ne' adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attivita' o l'adozione di decisioni9 di propria spettanza.” non sarebbe male !!!
Insomma, attribuite le responsabilità di procedimento ex L. 241/1990, si spera FORMALMENTE (ovvero con determina dirigenziale) e ripartite così al contempo le competenze funzionali istruttorie, non è assolutamente lecito che a mezzo contrarie disposizioni orali si creino posizioni lavorative di semi o totale ‘nullafacenza’ operativa a discapito di altri dipendenti aventi carichi di lavoro raddoppiati di fatto. Chiaro?
L’evento (rischio) del MALESSERE ORGANIZZATIVO è, inoltre, oltre che da evitarsi, da tenere distinto dall’evento STRESS-LAVORO CORRELATO (vedasi sempre v.