Assistenti sociali al cinema: quale immagine della professione viene presentata?
Le tematiche sociali vengono spesso alla ribalta nella cronaca e l’approfondimento che ne...
Assistenti sociali al cinema: quale immagine della professione viene presentata?
Le tematiche sociali vengono spesso alla ribalta nella cronaca e l’approfondimento che ne consegue non di rado è influenzato da logiche politiche, ideologie o dall’esigenza di spettacolarizzazione: è da qui che spesso nasce un film. Nel raccontare storie, più o meno distanti dal reale, la cinematografia risente di queste dinamiche e, quando c’è di mezzo un operatore sociale, contribuisce a costruire l’immagine pubblica delle professioni di aiuto.
06 Novembre 2019
Spesso il cinema riesce a rappresentare molto bene situazioni di vita e modelli professionali in grado poi di lasciare un segno profondo nello spettatore; i molteplici linguaggi utilizzati nei film riescono a veicolare messaggi in modo più efficace rispetto ad altri media, ad es. radio e carta stampata. Le tematiche sociali vengono spesso alla ribalta nella cronaca e l’approfondimento che ne consegue non di rado è influenzato da logiche politiche, ideologie o dall’esigenza di spettacolarizzazione: è da qui che spesso nasce un film. Nel raccontare storie, più o meno distanti dal reale, la cinematografia risente di queste dinamiche e, quando c’è di mezzo un operatore sociale, contribuisce a costruire l’immagine pubblica delle professioni di aiuto.
E’ noto che i media prestano oggi maggior attenzione alle questioni sociali: le cronache raccontano anche con dovizia di particolari situazioni di violenza e maltrattamento, di abbandono, di deprivazioni, di povertà estrema. Minori abusati, anziani maltrattati, disabili abbandonati, persone con disturbo psichico, con dipendenza dall’azzardo, con problemi legati all’alcol o a sostanze illegali, migranti e senza fissa dimora non sono più presentati come persone con un problema senza soluzione, ma diventano situazioni da approfondire cercando notizie dettagliate ed intervistando persone ed operatori che possono avere qualcosa da dire. Purtroppo e spesso, l’approfondimento è poco più che superficiale, si scovano gli aspetti più cruenti e tragici, si cerca di smuovere i sentimenti di profonda indignazione individuando un ‘colpevole’ da mettere all’indice. Le storie di minori sono quelle che in un certo senso attirano di più perché attivano immediatamente sensibilità e consenso generalizzati, anche perché i minori sono certamente fra i soggetti più fragili; è anche verso che ogni assistente sociale saprebbe descrivere una miriade di situazioni di fragilità e di debolezza anche tra adulti, anziani, disabili, bambini non ancora nati, ecc.
Molti film prendono spunto da romanzi di fantasia o da storie vere; oggi, pellicole che trattano argomenti a carattere sociale sono sempre più frequenti. Ogni operatore sociale che lavora ‘sul campo’ sa poi che la realtà spesso supera la fantasia: si potrebbero realizzare splendide sceneggiature partendo proprio dalle ricche cartelle sociali di un assistente sociale di periferia. Il materiale certo non manca.
Nelle pellicole è interessante osservare come l’assistente sociale viene presentato, quale stile professionale viene enfatizzato, quale ruolo gli viene affidato e quale impatto la sua azione professionale lascia nello svolgersi della vicenda. A volte viene anche dipinto uno scorcio della vita privata e dei problemi personali che l’assistente sociale deve (vuole o non vuole) affrontare. Mi vengono in mente ad esempio alcune interessanti pellicole, italiane e straniere: Come Dio comanda (Italia, 2008), Tre all’improvviso (USA, 2010), Precious (USA, 2009), L’età barbarica (Canada, 2007). Troviamo quindi assistenti sociali, maschi e femmine, attivi su casistiche diverse e con diverse attitudini: burocratico, alle prime armi e un po’ impacciata, propositiva e curiosa...