La Mappatura dei principali casi di impugnazione del bando
Il Consiglio di Stato ha tracciato una classificazione
La Mappatura dei principali casi di impugnazione del bando
Consiglio di Stato, Sez. V, 30 novembre 2021, n. 7987
13 Dicembre 2021
Di particolare interesse appare la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 30 novembre 2021, n. 7987 ove i giudici hanno cercato di fare il punto della situazione, tracciando una mappatura dei principali casi in cui l’operatore economico possa impugnare la lex specials di gara.
Secondo un più che consolidato indirizzo giurisprudenziale (da ultimo, Cons. Stato, V, 7 giugno 2021, n. 4301, che richiama le statuizioni di Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4, 7 aprile 2011, n. 4 e 29 gennaio 2003, n. 1), l’immediata impugnazione del bando di gara si impone soltanto qualora esso contenga clausole direttamente ed immediatamente escludenti, che determinano, cioè, la radicale impossibilità di prendere parte alla procedura concorsuale, ovvero quando la legge di gara contenga disposizioni abnormi, che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara e, quindi, la formulazione di un’offerta consapevole; invero, solo in queste ipotesi la posizione dell’operatore economico può ritenersi immediatamente lesa dall’adozione delle clausole del bando e l’interesse all’impugnativa può dirsi concreto ed attuale.
In base alle disposizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato 26/04/2018 n. 4, sopra richiamata, la regola generale da applicare è quella secondo la quale può impugnare gli atti di gara solamente l’operatore economico che abbia partecipato alla competizione.
Più precisamente, si legge nella sentenza n.4/2018 che, in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto, il tema della legittimazione al ricorso è declinato nel senso che tale legittimazione "deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione" e che "chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita".
E’ stato poi ivi precisato che a tale regola generale può derogarsi, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e, cioè, quando:
I) si contesti in radice l'indizione della gara;
II) all'inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto;
III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti".
La giurisprudenza ha precisato che - sotto un profilo di frequenza statistica- le prime due ipotesi categoriali suindicate (contestazione dell’indizione della gara, ovvero della mancata indizione della gara) siano di più rara verificazione, mentre la terza ipotesi è quella più ricorrente e come tale merita un opportuno approfondimento.
Nel tentativo di enucleare le ipotesi in cui tale evenienza può verificarsi, la giurisprudenza ha quindi a più riprese puntualizzato che vanno fatte rientrare nel genus delle “clausole immediatamente escludenti” le fattispecie di:
a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (si veda Cons. Stato sez. IV, 7novembre 2012, n. 5671);
b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l’Adunanza plenaria n. 3 del 2001);
c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta (cfr. Cons. Stato sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980);
d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293);
e) clausole impositive di obblighi contra ius (es. cauzione definitiva pari all'intero importo dell'appalto: Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222);
f) bandi contenenti gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta (come ad esempio quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall'aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di "0" pt.);
g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza "non soggetti a ribasso" (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421).
Pubblicato il 30/11/2021
N. 07987/2021REG.PROV.COLL.
N. 08000/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8000 del 2020, proposto da
Comune di OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Francesca Canta e Marco Napoli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
OMISSIS s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Guido Bardelli, Maria Alessandra Bazzani e Andrea Manzi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di OMISSIS, Regione Lombardia, Ministero dello sviluppo economico, non costituiti in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca A. Lanzalone, Stefano Sonzogni e Giovanni Corbyons, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione prima) n. 1009/2020, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello del Comune di OMISSIS;
Visto l’appello incidentale di OMISSIS s.p.a.;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di OMISSIS s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 23 settembre 2021 il Cons. Anna Bottiglieri e acquisite le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con deliberazione consiliare n. 22/2016 il Comune di OMISSIS delegava il Comune di OMISSIS, ente capofila dell’ambito territoriale minimo (ATEM) Milano 3 – Provincia Sud, a bandire la gara d’ambito per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naurale, ai sensi dell’art. 24 comma 4 del d.lgs. 1° giugno 2011 n. 93. La norma, attuativa delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e del gas naturale, dispone a decorrere dalla sua data di entrata in vigore, fatta eccezione per le procedure già pendenti, che “le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all’articolo 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. del 2011”.
Con deliberazione consiliare n. 11/2019 lo stesso Comune, considerato che la gara d’ambito, nonostante l’avvenuta scadenza del relativo termine perentorio legale, non era stata ancora bandita, si determinava ad affidare il servizio nel proprio territorio mediante autonoma gara, corredata da clausola risolutiva espressa per il caso di sopravvenuta aggiudicazione della gara d’ambito entro il termine massimo previsto per il suo svolgimento. Tanto ai sensi degli artt. 14 comma 1 e 15 del d.lgs. 23 maggio 2000 n. 164, Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, che stabiliscono, rispettivamente, che gli enti locali, anche in forma associata, affidano il servizio pubblico di distribuzione di gas naturale esclusivamente mediante gara, e che, decorso il periodo transitorio di cui al comma 5, l’ente locale procede all’affidamento del servizio secondo le modalità previste dall’art. 14.
E in effetti, in applicazione di detta seconda delibera, il Comune di OMISSIS indiceva il 5 agosto 2019 una procedura aperta autonoma per l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale per il proprio territorio, per la durata di 144 mesi e per un valore stimato di euro 1.000.000,00.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, OMISSIS s.p.a., gestore dello stesso servizio oggetto del predetto bando autonomo in forza di una concessione del 1970, prorogata nel 1985 e scaduta il 31 dicembre 2015, impugnava il bando e tutti gli atti connessi, ivi compresa la predetta delibera n. 11/2019 e il provvedimento con cui l’Amministrazione comunale aveva respinto la sua richiesta di ritiro o di sospensione della procedura; con motivi aggiunti impugnava la sopravvenuta deliberazione consiliare n. 16/2019, con cui il Comune aveva previsto l’alienazione della rete di distribuzione del gas di proprietà comunale all’affidatario del servizio.
OMISSIS con il predetto ricorso: eccepiva il difetto di attribuzione del Comune e comunque l’illegittimità per insussistenza dei presupposti del bando, stante l’attribuzione in via esclusiva agli ATEM del potere di indire gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, ex art. 24 comma 4 d.lgs. 93/2011 (primo motivo); deduceva l’illegittimità della previsione contenuta nel disciplinare e nel contratto di servizio di un canone parametrato ai ricavi tariffari complessivi in una percentuale offerta nel massimo dal concorrente, ritenuta contraria all’art. 46-bis comma 4 del d.-l. 1° ottobre 2007 n. 159, convertito dalla l. 29 novembre 2007 n. 222, e alla deliberazione A.E.E.G. n. 237/2000 (secondo motivo); sosteneva l’illogicità della previsione del disciplinare relativa all’obbligo dell’affidatario della gara comunale di acquistare la rete di proprietà comunale, in quanto imposto dalla legge solo per l’affidatario della gara d’ambito, nonché la sua contraddittorietà con la deliberazione consiliare n. 11/2019, che non aveva previsto tale obbligo (terzo motivo); sosteneva l’illegittimità del bando per essere stato pubblicato solo nella GUUE e non nella GURI (quarto motivo). Con i mezzi aggiunti denunziava l’illegittimità dell’atto sopravvenuto, in via derivata e per vizi autonomi.
3. Nel giudizio così instaurato, il Comune di OMISSIS si costituiva in resistenza con eccezioni di rito e di merito, rappresentando peraltro di aver sospeso il termine di presentazione delle offerte in attesa dell’approfondimento delle questioni dedotte in giudizio; OMISSIS s.r.l., quale operatore economico interessato alla partecipazione alla gara, spiegava intervento ad opponendum.
Nelle more, il Comune di OMISSIS capofila dell’ATEM bandiva la gara d’ambito.
4. L’adito Tribunale (Sezione prima) definiva la causa con sentenza n. 1009/2020.
4.1. Il primo giudice provvedeva innanzitutto alla esposizione del quadro normativo di interesse della controversia, osservando che:
– la direttiva 98/30/CE ha previsto norme comuni per realizzare la graduale apertura concorrenziale dei mercati interni del servizio di interesse economico generale della distribuzione del gas naturale secondo criteri di trasparenza e di efficienza, prevedendo tra altro all’art. 9 comma 2 che “Gli Stati membri possono imporre alle imprese di distribuzione e/o alle imprese di fornitura l’obbligo di rifornire i clienti in una data zona o l’obbligo di rifornire i clienti di una data categoria, o entrambi”;
– il d.lgs. n. 164 del 2000, attuativo della predetta direttiva, ha disposto all’art. 14 comma 1 che “L’attività di distribuzione di gas naturale è attività di servizio pubblico. Il servizio è affidato esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni. Gli enti locali che affidano il servizio, anche in forma associata, svolgono attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione…”, specificando al comma 2 che “Ai fini del presente decreto, per enti locali si intendono comuni, unioni di comuni e comunità montane”;
– l’art. 46-bis del d.-l. 1° ottobre 2007 n. 159, convertito dalla l. 29 novembre 2007 n. 222, demandato al Ministero dello sviluppo economico l’adozione dei criteri di gara e di valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas di cui all’art. 14 comma 1 del d.lgs. n. 164 del 2000, ha introdotto il sistema degli “ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas…in base a criteri di efficienza e di riduzione dei costi” (comma 2):
– il MISE ha quindi emanato una serie di decreti attuativi degli articoli 14 e 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 (decreto 19 gennaio 2011, di determinazione dei 177 ATEM per lo svolgimento delle gare e di disciplina delle gare d’ambito; decreto 18 ottobre 2011, di individuazione dei comuni appartenenti a ciascun ATEM; decreto 20 maggio 2015 n. 106, che, modificando il precedente decreto 12 novembre 2011, n. 226, ha individuato i soggetti competenti a gestire le gare uniche per l’affidamento della distribuzione del gas naturale in forma associata);
– il sopravvenuto d.lgs. n. 93 del 2011, attuativo delle direttive 2009/72/CE e 2008/92/CE, ha stabilito all’art. 24 comma 4 che le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione sono effettuate unicamente per i predetti ambiti territoriali, prevedendo altresì, in deroga, la possibilità degli enti locali di affidare il servizio di distribuzione in autonomia nel caso in cui, alla data di entrata in vigore del decreto (29 giugno 2011), i relativi bandi o le lettere di invito fossero già stati pubblicati o inviate;
– la Corte costituzionale, con sentenza 7 giugno 2013 n. 134, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 24 comma 4 del d.lgs. 93/2011, sollevata in riferimento all’articolo 76 Cost., affermando in particolare che “la moratoria temporanea delle gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale su base territoriale diversa dagli ambiti individuati … evita il rinnovo delle concessioni su base comunale e, con esse, l’ulteriore frazionamento delle gestioni”;
– l’art. 4 del d.-l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito dalla l. 9 agosto 2013 n. 98, come novellato dal d.-l. 30 dicembre 2015 n. 210, convertito dalla l. 25 febbraio 2016 n. 21, ha fissato un termine perentorio per l’avvio della gara d’ambito, già previsto dall’articolo 3 del d.m. 226/2011 e più volte prorogato; ha inoltre attribuito in prima battuta alle regioni e in seconda battura al MISE il potere sostitutivo per l’avvio della procedura di gara, mediante commissari ad acta.
4.2. Tanto premesso, il primo giudice:
– respingeva le eccezioni preliminari del Comune di OMISSIS e dell’interventore ad opponendum di tardività dell’impugnazione della deliberazione consiliare n. 11/2019 e di conseguente inammissibilità del gravame per carenza di interesse. Affermava che la delibera n. 11/2019 era un atto programmatico, inidoneo in quanto tale a determinare la lesione dell’interesse oppositivo azionato dalla ricorrente, concretatasi solo al momento della indizione della gara;
– riteneva che gli artt. 14 e 15 del d.lgs. n. 164 del 2000, ancorchè mai abrogati e anzi fatti salvi dall’art. 216 comma 27-quinquies del d.lgs.18 aprile 2016 n. 50, non potevano legittimare l’indizione da parte del Comune di OMISSIS di una gara autonoma, inibita dal divieto per gli enti locali ricadenti negli ATEM, di cui al sopravvenuto art. 24 comma 4 del d.lgs. n. 93 del 2011, di bandire gare singole per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale o comunque di interferire nella gestione della gara d’ambito, in qualunque fase essa si trovi; e tanto al fine di non eludere le importanti finalità, emergenti dalle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 2013, di valorizzazione della dimensione sovracomunale ai fini dell’economicità tariffaria;
– riteneva che l’autonoma procedura di gara non potesse giustificarsi neanche tenendo conto degli intenti del Comune di OMISSIS di interrompere la gestione di un servizio in regime di proroga di una concessione scaduta, nonché di non incorrere nel divieto di rinnovo tacito della concessione e di arginare l’indebito arricchimento del gestore e il danno erariale per l’ente, avendo il legislatore garantito la continuità del servizio e disciplinato la quantificazione del canone concessorio dovuto dal gestore in proroga nel periodo compreso tra la cessazione della concessione e l’affidamento del servizio all’esito della gara d’ambito (art. 14 comma 7 d.lgs. n. 164 del 2000; art. 46-bis comma 4 d.-l- n. 159 del 2007, convertito dalla l. n. 222 del 2007);
– osservava inoltre che la normativa di settore, nel regolare la proroga della concessione scaduta fino al nuovo affidamento con la previsione della misura massima dell’incremento del canone concessorio, e nell’attribuire alle regioni e al Ministero dello sviluppo economico poteri sostitutivi volti a dare corso alla gara d’ambito in caso di inerzia del soggetto aggregatore, bene regolasse ogni aspetto relativo alla garanzia della continuità del servizio nelle more del passaggio al nuovo sistema delle gare d’ambito;
– accoglieva pertanto parzialmente il primo motivo di ricorso, affermando che il Comune di OMISSIS non era legittimato ad affidare temporaneamente il servizio di distribuzione del gas nel territorio comunale;
– respingeva invece la tesi prospettata nello stesso motivo circa la nullità dei provvedimenti impugnati per difetto di attribuzione. Rilevava al riguardo che il vizio si attaglia all’ipotesi di provvedimenti assunti da un soggetto appartenente a un plesso amministrativo radicalmente diverso da quello attributario della competenza, nella fattispecie insussistente, atteso che il Comune di OMISSIS, ente concedente del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale mediante il conferimento della delega all’ente capofila all’interno dell’ATEM, non poteva dirsi completamente estraneo all’affidamento del servizio;
– in definitiva, assorbita ogni altra censura, annullava il bando di gara in parola, nonché tutti gli atti della lex specialis e quelli presupposti.
5. Il Comune di Cislano ha proposto appello avverso la predetta sentenza. Ha dedotto: 1) Erroneità della sentenza per mancato accoglimento dell’eccezione di tardività formulata dalla difesa del Comune; inammissibilità dell’avversario gravame per mancata impugnazione, nel termine decadenziale, della deliberazione n. 11 del 29 aprile 2019; 2) Erroneità della pronuncia per accoglimento parziale del primo avversario motivo di ricorso; sugli artt. 14 e 15 del d.lgs. 164/2000 e sulla possibilità dei comuni di bandire autonome procedure di gara. Ha poi riproposto le difese a suo tempo formulate avverso i motivi di ricorso assorbiti, concludendo per la riforma della sentenza impugnata con conseguente reiezione del ricorso di OMISSIS, anche previa rimessione, per l’ipotesi di ritenuta preclusione in radice dell’indizione di gare “ponte” a livello comunale per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, alla Corte di Giustizia UE, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, della questione pregiudiziale di compatibilità delle norme nazionali, meglio specificate in atto, con i principi comunitari sanciti dal TFUE e dalla direttiva 2014/24/UE.
6. OMISSIS ha interposto appello incidentale avverso il capo della sentenza che ha respinto la sua censura di nullità dei provvedimenti impugnati per difetto di attribuzione. Ha dedotto: Error in iudicando; violazione art. 24 d.lgs. 93/2011; carenza di potere; incompetenza assoluta; difetto di attribuzione; sviamento; difetto del presupposto; violazione art. 46-bis d.l. 159/2007 e s.m.i.; violazione d.m. 19 gennaio 2011; violazione d.m. 18 ottobre 2011; violazione d.-l- 69/2013 e s.m.i.; contraddittorietà interna ed esterna; violazione d.lgs. 164/2000 e s.m.i.; violazione direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE, 2008/92/CE; violazione d.m. 226/2011; violazione l.r. 26/2003; violazione l. 21/2016; violazione l. 241/1990; violazione l. 232/2014; violazione l. 147/2013; violazione delibera G.C. 11/2012. Ha inoltre riproposto tutti i rilievi e i motivi non esaminati o assorbiti dal primo giudice, ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.. Ha domandato la reiezione dell’appello principale, nonché la conferma anche con diversa motivazione dell’annullamento dei provvedimenti impugnati, ovvero la declaratoria della loro nullità.
7. Nel prosieguo:
– OMISSIS s.r.l., già interveniente ad opponendum in primo grado, ha spiegato atto di intervento ad adiuvandum dell’appello principale;
– l’appellante principale e l’appellante incidentale hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie tesi difensive. In tale ambito, entrambe le parti hanno, tra altro, ripetutamente riferito, valorizzandone gli aspetti funzionali alle loro opposte tesi, circa lo stato di avanzamento della gara d’ambito indetta dal soggetto aggregatore Comune di OMISSIS nelle more del giudizio di primo grado, e ancora in corso.
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 23 settembre 2001.
8. Con il primo motivo dell’appello principale il Comune di OMISSIS, contro l’avviso espresso dal giudice di primo grado, sostiene che la delibera n. 11 del 29 aprile 2019, notificata a OMISSIS il 10 giugno 2019, nel manifestare la volontà dell’Amministrazione di indire la autonoma gara per cui è causa e nello svolgere le ulteriori considerazioni di cui meglio in seguito, abbia immediatamente leso l’interesse di OMISSIS, che, pertanto, avrebbe dovuto contestarla nell’ordinario termine decadenziale di sessanta giorni di cui all’art. 29 Cod. proc. amm. (scadente il 9 settembre 2019), che la società non ha rispettato, proponendo con ricorso notificato il 27 settembre 2019 l’impugnativa della stessa solo in uno agli atti indittivi della procedura.
Da tanto il Comune fa discendere la tardività dell’impugnazione della delibera n. 11/2019 e l’inammissibilità dell’impugnazione della lex specialis.
9. Per affrontare tale questione, è indispensabile esaminare l’unico motivo dell’appello incidentale di OMISSIS, che, reiterando l’analoga censura respinta in primo grado, afferma che tutti i gravati provvedimenti del Comune di OMISSIS sono nulli per difetto di attribuzione o per incompetenza assoluta, e non illegittimi come ritenuto dal primo giudice.
Infatti, laddove la tesi dell’appellante incidentale si rivelasse condivisibile, troverebbe applicazione l’art. 31, comma 4, Cod. proc. amm., secondo cui “la domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni”: per l’effetto, il ricorso originario di OMISSIS, notificato il 27 settembre 2019, sarebbe tempestivo anche quanto all’impugnativa della ridetta delibera n. 11 del 29 aprile 2019, notificata alla società il 10 giugno 2019, con conseguente superamento di ogni questione posta dal primo motivo dell’appello principale.
10. Sul tema degli atti amministrativi nulli va osservato, in linea generale, che la l. 11 febbraio 2005 n. 15, colmando la lacuna costituita dalla carenza di una disciplina sostanziale della categoria, pure enucleata dalla dottrina, ha introdotto nella l. 7 agosto 1990 n. 241 l’art. 21-septies, titolato Nullità del provvedimento, che dispone che “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
La norma non detta la disciplina processuale dell’azione di nullità, per la quale ha successivamente provveduto il già citato art. 31, comma 4, del Codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, che, come accennato, ha stabilito per l’azione di nullità il termine decadenziale di 180 giorni, maggiore del termine decadenziale di 60 giorni previsto dal precedente art. 29 per l’azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere.
Ante l. 15/2005, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato aveva affermato che, a differenza di quanto avviene nel diritto civile, la regola generale di invalidità del provvedimento amministrativo è l’annullabilità del provvedimento, costituendo la nullità una forma speciale di invalidità che si ha nei soli casi previsti dalla legge (alla stregua di una “illegittimità forte”, coincidente con la “nullità in senso tecnico”); in tal senso, “l’illegittimità è la qualificazione tradizionale del provvedimento non conforme a legge”, e “illegittimità e nullità del provvedimento amministrativo appaiono come il risultato di tecniche normative fondate su piani di interessi differenti e ispirate a logiche diverse” (Ad. plen. n. 2 del 1992).
Detta impostazione di base non è sostanzialmente mutata dopo la codifica generale di cui all’art. 21-septies della legge 241/90, alla cui luce le cause di nullità del provvedimento amministrativo vanno ricondotte alle fattispecie ivi regolate [a) carenza degli elementi essenziali; b) difetto assoluto di attribuzione; c) violazione o elusione del giudicato; d) altri casi espressamente previsti dalla legge, c.d. “ nullità testuali”], che la giurisprudenza amministrativa ha inteso quale “numero chiuso” (Cons. Stato, VI, 31 marzo 2011, n. 1983; 13 giugno 2007, n. 3173; 28 febbraio 2006, n. 891).
La stessa giurisprudenza sottolinea al riguardo la natura eccezionale della norma, che configura la nullità in casi “estremi e circoscritti”, da sottoporre quindi a stretta interpretazione (Cons. Stato, IV, 25 febbraio 2021, n. 1629; 24 maggio 2016, n. 2202; V, 16 febbraio 2012, n. 792); e ciò in dipendenza dei principi di certezza dei rapporti giuridici e di stabilità degli assetti plasmati dagli atti amministrativi a tutela di interessi superindividuali, che rendono la categoria degli atti nulli non operante in maniera “virtuale”, ovvero in assenza di una norma che la preveda testualmente (Cons. Stato, Ad. plen., 16 ottobre 2020, n. 22; IV, 19 aprile 2017, n. 1827 e 24 maggio 2016, n. 2202; Corte cost. n. 106 del 2 maggio 2019).
10.1. Quanto specificamente al difetto assoluto di attribuzione qui denunziato, si osserva che il vizio era in passato considerato quale indicatore di “inesistenza” dell’atto amministrativo, mentre ora l’art. 21-septies della legge 241/90 lo annovera tra le cause di nullità del provvedimento (Cons. Stato, IV, 2 aprile 2012, n. 1957), e che la sua configurabilità è correlata alle “sole ipotesi di assenza in astratto di qualsivoglia norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento”; rilevandosi in particolare che “Il ripudio della tesi della carenza di potere in concreto come causa di nullità dell’atto amministrativo è stata peraltro da tempo affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa secondo la quale laddove si contestino i requisiti fissati dalle norme per l’esercizio del potere formalmente attribuito all’amministrazione, ricorre una violazione di legge che mette in discussione la legittimità dell’atto e il corretto esercizio del potere amministrativo” (così. Cons. Stato, IV, 3 novembre 2020, n. 6769, che richiama Ad. plen., 22 ottobre 2007, n. 12; 26 marzo 2003, n. 4; Cass, civ., Sez. un., 5 marzo 2018, n. 5097).
Il difetto assoluto di attribuzione coincide quindi con la carenza di potere assoluto e in astratto, ipotesi che si rinviene laddove l’Amministrazione assuma di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce (Cons. Stato, VI, 31 ottobre 2013, n. 5266; V, 30 agosto 2013, n. 4323; VI, 27 gennaio 2012, n. 372; V, 2 novembre 2011, n. 5843; IV, 19 dicembre 2007, n. 2273), evenienza che, come pure rilevato, è così residuale da rappresentare (come del resto a suo tempo la “inesistenza” dell’atto amministrativo), un “caso di scuola” (Cons. Stato, IV, 17 novembre 2015, n. 5228; VI, n. 5266 del 2013, cit.).
10.2. Tanto chiarito, nella fattispecie il vizio in parola non è ravvisabile.
Rileva innanzitutto quanto già osservato dal primo giudice in ordine al fatto che, anche alla luce del sistema di cui all’art. 24 comma 4 del d.lgs. n. 93 del 2011, i comuni aggregati all’interno degli ATEM restano gli enti concedenti del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale, avendo il compito di conferire delega all’ente capofila per la predisposizione e la gestione della relativa gara (art. 2, comma 4, d.m. 226/2011), il quale, può aggiungersi, cura anche il rapporto con il gestore, svolgendo la funzione di...