Rilevanza IVA della gestione del patrimonio immobiliare dell’ente locale
requisiti soggettivi e oggettivi ai fini della sua qualifica di attività commerciale
Rilevanza IVA della gestione del patrimonio immobiliare dell’ente locale
gestione del patrimonio immobiliare dell’Ente
30 Marzo 2020
In questo articolo andremo ad analizzare la gestione del patrimonio immobiliare dell’Ente, evidenziandone i requisiti soggettivi e oggettivi ai fini della sua qualifica di attività commerciale e, in particolare, ci occuperemo della regolamentazione sulla ristrutturazione edilizia al fine di inquadrare il giusto trattamento ai fini IVA.
Preliminarmente, occorre evidenziare come la cessione di beni immobili e la locazione degli stessi integrano il presupposto oggettivo di applicazione dell’IVA: costituiscono, infatti, cessioni di beni, ai sensi dell’art. 2, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, “gli atti a titolo oneroso che importano il trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”. Ai sensi dell’art. 3, primo comma, del medesimo D.P.R., costituiscono prestazioni di servizi, fra l’altro, “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti (…) in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”; il n. 1) del medesimo comma prevede che costituiscono, inoltre, prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, “le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili”.
Ai fini della rilevanza IVA delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi sopra richiamate, occorre, tuttavia, che si realizzi congiuntamente il presupposto soggettivo di applicazione del tributo, in merito al quale l’art. 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972 stabilisce, tra l’altro, che per gli enti non commerciali “(…) si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali o agricole.”. La medesima disposizione prevede, ancora, che “per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 del codice civile”. Ne consegue che un ente non commerciale assume la qualifica di “soggetto passivo”, agli effetti dell’IVA, se pone in essere un’attività commerciale, ai sensi del citato primo comma dell’art. 4 del D.P.R. n. 633/1972, caratterizzata in particolare dai connotati della professionalità, organizzazione, sistematicità e abitualità.
Con risoluzione n. 286/E dell’11 ottobre 2007, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’attività è organizzata in forma d’impresa quando implica la predisposizione di un’apposita organizzazione di mezzi e risorse funzionali all’ottenimento di un risultato economico ovvero l’impiego e il coordinamento del capitale per fini produttivi nell’ambito di un’operazione di rilevante entità economica.
La qualifica di imprenditore può conseguire anche dal compimento di un solo affare, in considerazione della sua rilevanza economica e della complessità delle operazioni in cui lo stesso si articola. Non è necessario, peraltro, a tal fine, che la funzione organizzativa dell’imprenditore costituisca un apparato strumentale fisicamente percepibile, poiché quest’ultimo può ridursi al solo impiego di mezzi finanziari, sicché la qualifica di imprenditore va attribuita a chi utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi (cfr. Cass., 29 agosto 1997, n. 8193 e Agenzia delle Entrate, risoluzioni n. 148/E del 20 maggio 2002, n. 204/E del 20 giugno 2002 e n. 273/E del 7 agosto 2002).
Nell’ambito della determinazione del presupposto soggettivo d’imposta, l’art. 9, della Direttiva CE del Consiglio 28 novembre 2006, n. 112 (già art. 4 della Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388) prevede che soggetto passivo agli effetti dell’IVA sia “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.
Quanto alla alla nozione “attività economica”, con risoluzione n. 122 del 6 maggio 2009 è stato precisato che il medesimo art. 9 della citata Direttiva stabilisce che essa deve essere intesa come “lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi caratteri di stabilità” (cfr. sentenze della Corte di Giustizia CE 26 settembre 1996, causa C-230/94 e 27 gennaio 2000, causa C-23/98).