Atti amministrativi illegittimi: rapporti tra la Dirigenza e la politica e tra la Dirigenza ed i Funzionari responsabili del procedimento.
Atti amministrativi illegittimi - REGOLARITA’ sul PIANO TECNICO e CONTABILE
Atti amministrativi illegittimi: rapporti tra la Dirigenza e la politica e tra la Dirigenza ed i Funzionari responsabili del procedimento.
a cura di Riccardo Lasca
14 Gennaio 2021
Secondo il DLgs 267/2000 compito specifico del Dirigente rispetto alle DELIBERAZIONI giuntali/consiliari – eccettuati gli atti di mero indirizzo - è quello di rendere (esprimere) il proprio parere di REGOLARITA’ sul PIANO TECNICO sempre (non manca mai!) e CONTABILE se del caso. L’art. 49 del TUAL recita chiaramente:
“1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto (((e quindi acquisito))) il parere (((sia esso positivo o negativo:v. comma 4! ))), in ordine alla sola regolarita' tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarita' contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere e' espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 (((??? E quelli del comma 2 ???anche essi quando agiscono al posto di quelli del comma 1: è ovvio!)))) rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.
4. Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione.”
A tale compito lavorativo il Dirigente non può sottrarsi senza commettere un illecito disciplinare: deve esprimersi, come poi è altro aspetto.
Relativamente agli atti deliberativi a contenuto non provvedimentale, quali gli atti amministrativi contenti Regolamenti (la Giunta è competente solo per il Regolamento ex art 48 comma 3: ROUS; per tutti gli altri è competente il Consiglio) è assai arduo concepire ed esigere un “responsabile del procedimento” e quindi anche la sua firma a tale titolo sulla proposta ex L. 241/1990 atteso che l’atto amministrativo in parola non deve essere motivato e l’attività in esame della PA non è “amministrativa” in senso tecnico ma “normativa”, invero la L. 241/1990 donde l’esistenza del Responsabile del procedimento all’art. 3 recita (NB comma 2):
“1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.
2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.”
e l’art. 1 della stessa 241 al comma 1 focalizza la portata degli istituti della medesima legge alla/sulla “ 1. L'attività amministrativa” della PA che “persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.”.
Addirittura: la giurisprudenza è decisamente consolidata sull’orientamento secondo cui la mancata acquisizione dei pareri di regolarità tecnica e contabile non comporta l'invalidità delle deliberazioni della giunta o del consiglio comunale, ma la loro mera irregolarità, atteso che la disposizione posta dall'art. 49 del TUEL, ha l'unico scopo di individuare i responsabili in via amministrativa e contabile delle deliberazioni, ma senza che l'omissione del parere incida sulla validità delle deliberazioni stesse. (Cfr. Cons. St., sez. IV, n. 351/2012). Si segnala, tuttavia, l’opposto pregresso indirizzo giurisprudenziale che ha affermato l’illegittimità dell’atto deliberativo adottato senza la preventiva acquisizione del parere di regolarità tecnica della proposta (cfr. Tar Sicilia Catania, sez. I, sent. N. 759/2007; Tar Campania, Napoli, I, sent. N. 8718/2004; Consiglio di Stato, V, sent. n. 808/2000).
In particolare, quanto al parere di regolarità contabile - ma lo stesso vale per quello tecnico - l’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali (Cfr. parere del 5-6 giugno 2003.) ha rilevato come, pur essendo un atto procedimentale obbligatorio che va inserito nella deliberazione, il parere di regolarità contabile non è vincolante, per cui si potrebbe verificare il caso in cui la Giunta o il Consiglio deliberino in presenza di un parere sfavorevole, assumendosene tutte le responsabilità.
Consiglio e Giunta, quindi, approvando comunque la proposta di deliberazione in presenza di pareri negativi espressi dai funzionari competenti, si addossano una rilevante responsabilità, amministrativa e contabile.
Si è inoltre precisato che, nel deliberare in difformità rispetto al parere di regolarità contabile, la Giunta o il Consiglio assumono inevitabilmente anche responsabilità amministrative e contabili che sono proprie della figura del responsabile del servizio finanziario.
Premesso tanto, il Dirigente deve poi comunque portare a termine l'iter esecutivo dell'atto deliberativo, procedendo all'adozione degli atti conseguenti, tenuto conto che si tratta di adempimenti attuativi di scelte approvate dall'amministrazione (Cfr. parere ANCI del 15 ottobre 2011.).
“In conclusione, la deliberazione diventa esecutiva ed efficace pur essendo (((di fatto))) illegittima, non può essere disapplicata, svolge i suoi effetti normalmente e deve essere eseguita dagli organi dell’amministrazione e da coloro nei confronti dei quali è rivolta.” (Cfr. Da: https://www.bosettiegatti.eu/info/commenti/varie/v001pareretecnico.htm), ciò sino a quando il TAR o la stessa PA in autotutela non annulla l’atto (con effetti ex tunc) o l’atto viene revocato (con effetti ex nunc) dalla sola PA, con conseguente nuovo ‘adeguamento’ a tali effetti da parte “dagli organi dell’amministrazione e da coloro nei confronti dei quali è rivolta.”.
Salvo casi di schizofrenia il suddetto eventuale dissidio tra organo tecnico (Dirigente) e politico (Sindaco, Giunta, Consiglio) relativo agli atti deliberativi (atti collegiali) non si pone per le Determinazioni o Decreti dirigenziali (atti monocratici) su cui pure il Dirigente stesso si esprime con PARERE – sul proprio atto ! - atteso che il TUAL all’art. 147bis comma 1 così recita, una volta abrogato il vecchio parere di legittimità del (‘fastidioso’ ? ‘Mani pulite’ ha dimostrato il contrario!) Segretario Generale presso gli EE.LL.:
“1. Il controllo di regolarita' amministrativa (((= idem regolarità tecnica))) e contabile e' assicurato (((ed attestato))), nella fase preventiva della formazione dell'atto, da ogni responsabile di servizio ed e' esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarita' tecnica attestante la regolarita' e la correttezza dell'azione amministrativa (((conformità alla legge e ai regolamenti))). Il controllo contabile è effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed e' esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarita' contabile e del visto attestante la copertura finanziaria. (((NB: due atti distinti!!!)))”.
Quanto, invece, al rapporto Dirigente / Responsabile del procedimento (Rup per il D.Lgs. 50/2016) relativamente ad atti amministrativi provvedimentali (non quindi proposte di regolamento) giova sempre rammentare:
a) la L. 241/1990 che attribuisce al Responsabile del procedimento un ruolo centralissimo che se attuato alla lettera ed in ‘concreto’ (con proposta formalizzata e firmata) dal Funzionario rdp/Rup ben può smascherare/mettere a nudo intenti non proprio retti del Dirigente (magari su pressioni orali di Sindaco e assessori): “L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale” (v. ivi art.6);
b) il CCNL del personale delle Categorie che all’art. Art. 57 Obblighi del dipendente recita: “2. Il dipendente si comporta in modo tale da favorire l’instaurazione di rapporti di fiducia e collaborazione tra l’ente e i cittadini.
“3. In tale specifico contesto, tenuto conto dell’esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in particolare: (…) h) eseguire le disposizioni inerenti l’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartite dai superiori; se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve fame rimostranza a chi lo ha impartito, dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione; il dipendente non deve, comunque, eseguire l’ordine quando l’atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo (((c.d reati depenalizzati))); (((e non atto amministrativo illegittimo da cui può comunque derivare sia un danno alla PA sia un danno ai cittadini amministrati, sia anche una condotta rilevante penalmente: il rimedio contro un atto amministrativo illegittimo è e resta il TAR e/o il ravvedimento della PA che annulla in via di autotutela))).
Giova, su tale ultima chiosa tra ((( ))) , chiudere le presenti riflessioni con quanto osserva il Magistrato Amministrativo (v. Da: https://www.bosettiegatti.eu/info/commenti/varie/v003illegittimoillecito.htm) in “ILLEGITTIMITA' AMMINISTRATIVA E ILLICEITA' PENALE
di Carlo Modica, magistrato amministrativo, relazione al Convegno di Catania del 26-27 Aprile 1996.
(…)
Sempre più fra gli operatori del diritto si assiste al preoccupante fenomeno culturale dell'identificazione dell'area dell'"illegittimità" amministrativa con quella dell' "illiceità" penale.
Sempre più, soprattutto fra i Magistrati del Pubblico Ministero, i Giudici per le indagini preliminari e talvolta anche fra i Giudici penali di merito, si afferma l'idea che l'"illegittimità amministrativa" e l'"illiceità penale" costituiscano due "risvolti di un'unica medaglia".