CHI LAVORA IN SMART WORKING A CASA PROPRIA O E’ ASSENTE PER FERIE, PER MALATTIA O ALTRA ASSENZA LEGITTIMA NON DEVE PREOCCUPARSI DEL POSSESSO DEL GREEN PASS LAVORATIVO: STA SCRITTO NELLA LEGGE ITALIANA VIGENTE, BASTA LEGGERLA, BENE!
CHI LAVORA IN SMART WORKING A CASA PROPRIA O E’ ASSENTE PER FERIE, PER MALATTIA O ALTRA ASSENZA LEGITTIMA NON DEVE PREOCCUPARSI DEL POSSESSO DEL GREEN PASS LAVORATIVO: STA SCRITTO NELLA LEGGE ITALIANA VIGENTE, BASTA LEGGERLA, BENE!
18 Gennaio 2022
Qualunque addetto al lavoro del Pubblico Impiego sa bene la differenza che c’è tra l’ i-n-i-z-i-a-l-e l’atto e quindi il momento della instaurazione del rapporto di lavoro (con conseguente assunzione dello status di dipendente pubblico) e gli atti/i momenti/istituti s-u-c-c-e-s-s-i-v-i afferenti la/di esecuzione dello stesso che vedono il lavoratore o presente o assente legittimamente (assenze giustificate)/illegittimamente (assenze ingiustificate) dal lavoro, con resa della prestazione lavorativa in sede ordinaria o in trasferta, rendibile esattamente:
> in presenza: quella modalità che per DPCM o meglio solo per DPCM 23.09.2021 (non per legge, ancora!) dal 15.10.2021 deve essere prevalente sullo smart working; anche sulle altre altre forme/modalità non pare proprio (!)
o
> ‘A DISTANZA’ - come recita il Titolo V della Preintesa 21.12.2021 del futuro CCNL Comparto FC* - ed esattamente:
1) ‘da remoto’ : *v. ivi art. 41: ed esattamente a) telelavoro domiciliare, che comporta la prestazione dell'attività lavorativa dal domicilio del dipendente; b) altre forme di lavoro a distanza, come il coworking o il lavoro decentrato da centri satellite. )
ovvero
2) con smart working, detto anche ‘lavoro agile’ : *v. ivi artt. 36-40.
A dirla tutta, oltre alle due storiche condizioni possibili del assente legittimamente(assenze giustificate)/illegittimamente(assenze ingiustificate), la recente normazione emergenziale cui ha regalato la nuova “assenza ingiustificata” per carenza dei requisiti amministrativi di accesso al lavoro (Green Pass Lavorativo) che però non dà luogo a nessuna responsabilità disciplinare ma solo a conseguenze civilistiche ovvie tenuto conto che il rapporto di lavoro è sinallagmatico: do ut des. Curioso aggettivo quell’ “ingiustificata”, però !
Il suddetto distinguo tra instaurazione del rapporto di lavoro e sua gestione (adempimento/esecuzione delle reciproche obbligazioni ma anche esercizio dei reciproci diritti) non doveva essere ben chiaro nel legislatore regionale ligure nel regolamentare le procedure di reclutamento se è vero che la Corte Costituzionale con sentenza n. 200 del 16.09.2020 ha tra l’altro disposto “l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, della l. reg. Liguria n. 29/2018, nella parte in cui prevede che i candidati non possono essere immediatamente assunti, qualora si trovino nei periodi corrispondenti al congedo ovvero all’interdizione dal lavoro, in quanto in contrasto con tutti i parametri che congiuntamente esprimono i principi di non discriminazione, di protezione del minore e di tutela della maternità. ”. Amplissima è la Gr. Prima del CdS e dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico della Cassazione sul diritto all’assunzione della donna candidata vincitrice di concorso interdetta al lavoro per gravidanza con contestuale collocamento della stessa in astensione obbligatoria retribuita.
Nè si può tentare di affermare il contrario in caso di assunzione a termine di donna interdetta dal lavoro e precisamente vedasi sul punto di recente:
> sul fronte INPS l’arresto del Tribunale di Verona, nella sentenza 247/2019, ricorda che in base alla legge 1204/1971 «lo stato di gravidanza non osta all'assunzione con contratto a termine di una lavoratrice che si trovi in periodo di astensione obbligatoria» (v. https://www.snalv.it/diritto-allindennita-di-maternita-anche-se-assunta-al-nono-mese-di-gravidanza/). FATTO: “L'Inps ha negato l'indennità a una donna che il 20 ottobre è stata assunta, il 29 ottobre ha partorito e l'8 novembre ha presentato all'istituto di previdenza la domanda di congedo obbligatorio di maternità. Domanda respinta perché la persona è stata assunta «indebitamente…nel periodo immediatamente precedente la data presunta del parto, nel periodo cioè di interdizione obbligatoria». Secondo l'Inps, quindi, la lavoratrice non poteva essere assunta e inoltre l'assunzione è stata ritenuta simulata perché la stessa persona prima aveva ricoperto il ruolo di socio e di amministratore unico della società di cui poi è diventata dipendente. ” . Ovviamente la Magistratura ha ribaltato questo punto di vista prospettico molto (troppo) datoriale dell’INPS: ha dovuto PAGARE;
> sul fronte dell’Ente Locale la Corte dei conti - sez. giurisdizionale per la Toscana che con la sentenza n. 149/2014 ha ritenuto gravemente colposo il comportamento del responsabile dei servizi finanziari per non aver assunto e ha stabilito che il danno, pari al 30% per il giudizio di primo grado, dovrà essere risarcito dal dipendente comunale per un importo di oltre mille euro a titolo di responsabilità erariale (FATTO da http://www.ilquotidianodellapa.it/_contents/news/2014/agosto/1408964367059.html: “Prima il Giudice del lavoro del Tribunale di Prato, poi la Corte di Appello di Firenze avevano chiarito la vicenda processuale: il Comune di Carmignano necessitava di un collaboratore amministrativo. Un’assunzione di una unità a tempo determinato per tre mesi in occasione delle elezioni europee ed amministrative del 6 e 7 giugno 2009, attingendo dalla graduatoria di un precedente concorso pubblico. Nel corso del primo colloquio, una candidata aveva fatto presente al responsabile dei servizi finanziari di essere al sesto mese di gravidanza e ciò ne aveva determinato la mancata assunzione.” DIRITTO da idem: “Per i giudici si tratterebbe di una palese discriminazione basata sul sesso, contro i principi costituzionali, in particolare in violazione dell’art. 37 secondo il quale “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare ed assicurare alla madre ed al bambino una speciale adeguata protezione”.
E' stato, peraltro, inutile per il Responsabile del Servizio Finanziario eccepire la mancanza di danno e di nesso causale, atteso che il Comune dal comportamento, pur illegittimo, aveva risparmiato € 5.551,62, visto l’importo che avrebbe dovuto corrispondere alla futura mamma, anche per il post–partum e per la persona sostituita.
Il principio di tutela delle donne in stato oggettivo di gravidanza è, infatti, stato ribadito sia in sede giurisprudenziale (cfr., tra le molteplici sentenze, Cass. 16189/2002 e Tribunale Milano 15 aprile 2000), sia che in sede legislativa (cfr. art. 55, comma 4, D. Lgs. 26 marzo 2001 n. 151).
Addirittura per il Tribunale di Prato, Sezione Lavoro con sentenza n. 223/2010 del 10 settembre 2010 in un passaggio della sentenza condivisa pienamente dalla Corte dei Conti sostiene che “è del tutto ragionevole presumere che la perdita di una occasione lavorativa, di per se stessa frustrante, abbia cagionato particolare tensione e sofferenza in una persona che, come la Fondelli, si trovava nella delicata situazione della gravidanza. A ciò deve aggiungersi la grave umiliazione derivante dal vedersi negare il diritto al lavoro con motivazioni, reiteratamente espresse prima a voce e poi per iscritto, che costituiscono manifesta violazione di principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e costituzionale”.
Per la Corte dei Conti, infatti, i menzionati principi, sono applicabili al caso di specie, ma ancor più fortemente sono codificati da normative internazionali e comunitarie, ad iniziare dalla Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro la donna – Convention on the eliminations of all forms of Discrimination Against Women – adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979, entrata in vigore nel 1981, ratificata dall’Italia nel 1985 con azionabilità diretta presso il nostro giudice nazionale (cfr. art. 117 Cost. e sentenze della Corte Costituzionale 24 ottobre 2007 nn. 348 e 349.
Precisa la Corte dei Conti che anche il diritto comunitario ha codificato il principio di non discriminazione (art. 6 del Trattato di Lisbona) e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 21 (principio di non discriminazione) e 23 (parità di trattamento).
Ed ancora occorre citare l’art. 157 del Trattato di Lisbona e la direttiva 2006/54/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio che ha come oggetto l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e di impiego.”).
Venendo, quindi al thema disputandum di cui al titolo, stanti i sopra richiamati (dai giudici civili e contabili!) principi universalmente sanciti interni ed esterni all’ordinamento italiano, cui pure si assoggetta, appare appare abbastanza chiaro che parimenti non si possa discriminare in sede di instaurazione del rapporto di lavoro (fase antecedente all’esecuzione della prestazione!) tra chi PER LAVORARE (momento dell’esecuzione della prestazione) ha deciso di farsi un vaccino o recentemente obbligato se l’è fatto e chi invece ha deciso comunque di non farselo.
Più precisamente, vigente il Green Pass Lavorativo (GPL) sia esso ordinario (da tampone) o super (da vaccino o da guarigione), la cui assenza è ostativa all’esecuzione della prestazione di lavoro per legge analogamente al decorso del periodo (e sotteso status naturale) di astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice donna stabilito parimenti dalla legge, è legittimo discriminare ai fini assunzionali (di ruolo e/o a termine) chi non lo ha rispetto a chi lo ha ? Secondo la suddetta Gr. - attinente ad altra causa ostativa all’esecuzione del rapporto di lavoro stabilita da legge - invocabile quindi in via analogica nel caso in esame, no. Insomma, secondo detta Gr. Il non possesso del GPL non incide sullo status (instaurazione del rapporto di lavoro) ma solo sul momento esecutivo determinando:
- nel caso della lavoratrice donna il diritto ad assentarsi dal lavoro, con conservazione del posto, con retribuzione piena o ridotta, a seconda delle circostanze: scelta obbligata del Legislatore secondo la Carta Costituzionale;
- nel caso dell’assenza di GPL il diritto ad assentarsi dal lavoro, con conservazione del posto, ma senza retribuzione: scelta insindacabile del legislatore.
Ed inoltre, pensando solo a chi è già assunto (di ruolo o a tempo determinato) rispetto all’introduzione del Green Pass Lavorativo (GPL) sia esso ordinario (da tampone) o super (da vaccino o da guarigione), se il GPL non incide sullo status (e quindi sull’esistenza del rapporto) ma solo sull’atto legittimo (solo con GPL) dell’esecuzione dell’obbligazione del dipendente (il lavorare in via ordinaria = in presenza, questa traguarda/è la ratio sottesa al GPL, diversamente sarebbe una arbitraria regola discriminante, incostituzionale), è legittimo che la parte datoriale esiga per il pagamento delle assenze legittime dal lavoro (ferie, malattia) del dipendente ricadenti durante il rapporto (in atto) il DPL? Parrebbe proprio di no.
Uno sguardo alla normazione e relativa RATIO giova a comprendere e decidere sul piano gestionale:
DL 44-2021- L. 76/2021 art. 4 - OBBLIGO VACCINALE PERSONALE SANITARIO |
DL 111/2021-L. 133/2021 art. 1 co. 6 - USO GPL - SCUOLA e UNIVERSITA’ |
DL 127/2021- L 165/2021 art. 1 – USO GPL - DIPENDENTI PUBBLICI |
DL 172/2021 – art. 1 OBBLIGO VACCINALE – SCUOLA FORZE ORDINE – PM etc. |
DL 1/2022 – art. 1 – OBBLIGO VACCINALE ULTRACINQUANTENNI |
1. Al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, in attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43,
per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute. La vaccinazione (((GPL da vaccino solo!))) costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata altresì nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità alle previsioni contenute nel piano di cui al primo periodo. 4. (…) L'inosservanza degli obblighi di comunicazione di cui al primo periodo da parte degli Ordini professionali verso le Federazioni nazionali rileva ai fini e per gli effetti dell'articolo 4 del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. L'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale è adottato da parte dell'Ordine territoriale competente, all'esito delle verifiche di cui al comma 3, ha natura dichiarativa, non disciplinare, determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed è annotato nel relativo Albo professionale. 6. Per i professionisti sanitari che (((SUPERATO L’ESAME DI STATO))) si iscrivono per la prima volta agli albi degli Ordini professionali territoriali l'adempimento dell'obbligo vaccinale è requisito ai fini dell'iscrizione fino alla scadenza del termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021.(((CURIOSA SCADENZA: 15..06.2022))) 7. Per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita, il datore di lavoro adibisce (((DEVE ADIBIRE, RETRIBUENDOLI!))) i soggetti di cui al comma 2 (((SOLO CASI in cui: la vaccinazione può essere omessa o differita ))) a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
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6. Al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, dopo l'articolo 9-bis sono inseriti i seguenti (10) : "ART. 9-ter (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 in ambito scolastico e universitario)
1. Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021. termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e delle scuole non paritarie e quello universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2 (11) .(((= GPL da vaccino, da guarigione, da tampone etc.))) 1-bis. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche al personale dei servizi educativi per l'infanzia di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale, dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore e degli istituti tecnici superiori. 2. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 da parte del personale delle istituzioni di cui ai commi 1 e 1-bis è considerato assenza ingiustificata e non sono corrisposti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato. A decorrere dal quinto giorno di assenza ingiustificata il rapporto di lavoro è sospeso. La sospensione del rapporto di lavoro è disposta dai dirigenti scolastici e dai responsabili delle istituzioni di cui ai commi 1 e 1-bis e mantiene efficacia fino al conseguimento della condizione di cui al comma 1 e alla scadenza del contratto attribuito per la sostituzione che non supera i quindici giorni. |
1. Al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, dopo l'articolo 9-quater è inserito il seguente: 1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale di cui all'articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d'Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell'accesso ai luoghi di lavoro, nell'ambito del territorio nazionale, in cui il predetto personale svolge l'attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2... |