NEL PUBBLICO IMPIEGO LA GESTIONE DEL MOMENTO SANZIONATORIO PRIVATISTICO NON E’ PRESIDIATO DALLA “IMPARZIALITA’” DEL DIRIGENTE SANZIONANTE E MEN CHE MENO SE VERSO QUESTI IL DIPENDENTE SANZIONATO E’ STATO PETULANTE
NEL PUBBLICO IMPIEGO LA GESTIONE DEL MOMENTO SANZIONATORIO PRIVATISTICO NON E’ PRESIDIATO DALLA “IMPARZIALITA’” DEL DIRIGENTE SANZIONANTE E MEN CHE MENO SE VERSO QUESTI IL DIPENDENTE SANZIONATO E’ STATO PETULANTE
Commento a Cass. Sez. Lavoro n. 32900 del 9 novembre 2021
22 Dicembre 2021
Che il rapporto di pubblico impiego cd. (non a caso) ‘contrattualizzato’ sia stato ‘privatizzato’ per legge è noto e quindi tali sono tutti i momenti della relativa gestione, sia quelli belli, ad esempio la fruizione delle ferie sia quelli brutti, quali la sottoposizione a verifica (chiamiamola così) disciplinare con eventualità di correlata sanzione prevista sia dal CCNL sia dal D.Lgs. 165/2001 o diversa altra fonte normativa speciale tipo l’art. 4 comma 2 della Legge 25 gennaio 1982, n. 17 (in Gazz. Uff., 28 gennaio, n. 27). “Norme di attuazione dell'art. 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2 repressiva del fenomeno delle associazioni segrete”, vietate in Italia ex art 18 Cost., tanto per ricordare e magari ricordiamone anche il perimetro definitorio ex art. 1 legge cit. “Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall'art. 18 della Costituzione, quelle che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale.”, magari torna utile, mala tempora currunt.
La legge (D.Lgs. 165/2001 = TUPI) è chiara, chiarissima e quindi rileggere parte degli artt. 2,5,17,51 e 55 del TUPI non guasta per sincerarsi della fondatezza di tale affermazione:
Estratti dal D.Lgs. 165/2001 (TUPI):
“Articolo 2
Fonti
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell'articolo 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto, da successivi contratti o accordi collettivi nazionali e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili [, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge]. (….)
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai principi di cui all'articolo 45, comma 2.(…).
Articolo 5
Potere di organizzazione
1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare l'attuazione dei principi di cui all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa.
2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunita', e in particolare la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro, fatte salve la sola informazione ai sindacati ovvero le ulteriori forme di partecipazione, ove previsti nei contratti di cui all’ articolo 9. [Rientrano, in particolare, nell'esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunita', nonche' la direzione, l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici].
Articolo 17
Funzioni dei dirigenti
1. I dirigenti, nell'ambito di quanto stabilito dall'articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri: (….)
e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici, anche ai sensi di quanto previsto all'articolo 16, comma 1, lettera l-bis.(((= “l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti” )))
TITOLO IV
RAPPORTO DI LAVORO
Articolo 51
Disciplina del rapporto di lavoro
1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni degli articoli 2, commi 2 e 3, e (…)”.
Articolo 55
Responsabilita', infrazioni e sanzioni, procedure conciliative
(…)
2. Ferma la disciplina in materia di responsabilita' civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l'articolo 2106 del codice civile.”.
Ce lo ricorda anche una sentenza della Cassazione citata dall’ARAN nella “Collana Aran Occasional Paper Il procedimento disciplinare dei dipendenti pubblici fra modifiche legislative e giurisprudenza della Corte di Cassazione N. 6 - Dicembre 2016” reperibile integralmente su https://www.aranagenzia.it/attachments/article/5928/6_Disciplinare.pdf: “Sentenza n.12245 del 12/6/1015 - Licenziamento disciplinare - Ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Gli Ermellini, rigettando il ricorso del lavoratore contro il suo licenziamento, chiariscono che non esistono norme che impongano alle Amministrazioni la costituzione di un ufficio disciplinare articolato e plurisoggettivo, ben potendo lo stesso essere rappresentato da una persona sola ed interna all’ente: “in materia di pubblico impiego privatizzato, ciascuna amministrazione ha, infatti, il potere di individuare l’ufficio competente di provvedimenti disciplinari secondo il proprio ordinamento” (cfr. anche Cass. n. 10600/2004 e Cass. n. 20981/2009). Inoltre, proseguono i giudici: “i procedimenti disciplinari contemplati dal D.lgs. n. 165 del 2001 art. 55, non costituiscono procedimenti amministrativi essendo condotti dalle pubbliche amministrazioni con i poteri propri del datore di lavoro privato”.
Infine si legge quanto segue sul testo ‘classico’ dello stimatissimo pluri-Magistrato Vito Tenore “Gli illeciti disciplinari nel pubblico impiego - Nella giurisprudenza del g.o. e nei referti della Corte dei conti”:
Va prioritariamente chiarito che la responsabilità disciplinareè quella forma di responsabilità, aggiuntiva rispetto a quella penale, civile, amministrativo-contabile e dirigenziale, in cui incorre il lavoratore, pubblico o privato, che non osserva obblighi contrattualmente assunti, fissati nel CCNL e recepiti nel contratto individuale. Tale responsabilità comporta l’applicazione da parte del datore di lavoro di sanzioni conservative (richiamo, multa, sospensione dal servizio e dalla retribuzione) o espulsive (licenziamento con o senza preavviso) che saranno di seguito analizzate.
La natura giuridica del relativo procedimento punitivo e delle sanzioni inflitte è oggi, in un sistema ormai “depubblicizzato”, di natura privatistica quello disciplinare non è più dunque un “procedimento amministrativo” espressivo di “supremazia speciale” del datore-P.A. nei confronti dei suoi dipendenti, ma una reazione sinallagmatica, pattiziamente concordata tra datore e lavoratore, a fronte di inadempimenti contrattuali del dipendente. Sui conseguenti corollari di tale opzione interpretativa (inapplicabilità dei principi della L. 7 agosto 1990 n. 241; esperibilità dei ricorsi amministrativi; tipologie di vizi prospettabili in giudizio; esercitabilità o meno dell’autotutela) è sufficiente rinviare a studi specifici.
Sia consentito correggere il Dott. Tenore nella parte definitoria ove afferma “...che non osserva obblighi contrattualmente assunti”. Lo stesso TUPI all’art. 55Quater come la citata legge 17/1982 che all’art. 4 commi 1 e 2 sancisce “1- I dipendenti pubblici, civili e militari, per i quali risulti, sulla base di concreti elementi, il fondato sospetto di appartenenza ad associazioni segrete ai sensi dell'art. 1, possono essere sospesi dal servizio, valutati il grado di corresponsabilità nell'associazione, la posizione ricoperta dal dipendente nella propria amministrazione nonché l'eventualità che la permanenza in servizio possa compromettere l'accertamento delle responsabilità del dipendente stesso. 2 - Le amministrazioni competenti devono inviare immediatamente gli atti all'autorità giudiziaria e promuovere l'azione disciplinare nei confronti di tutti i soggetti di cui al comma precedente. Gli accertamenti istruttori sono svolti da chi esercita le funzioni di capo del personale nell'amministrazione di appartenenza.”, ci insegnano che il pubblico dipendente va sotto procedimento disciplinare non solo per violazione di “obblighi” (“contrattualmente assunti”) ma anche per violazione di “doveri” imposti dalla legge.
Un esempio? Non fare il whistleblower ricorrendone i presupposti (l’esistenza di “condotte illecite di cui e' venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro”) significa violare il dovere imposto dall’art. 8 del DPR 62/2013. Semplice e lineare: si va sotto procedimento disciplinare, ove scoperti, e il termine di contestazione decorre per la PA dalla notorietà inconfutabile sul piano amministrativo del fatto o dalla scoperta dell’omissione e non prima: insomma non c’è prescrizione dell’azione disciplinare per la PA.
Quanto sopra detto e comprovato sul piano accademico-teorico; ma il diritto vivente della Cassazione, di cui alla sentenza della Sezione Lavoro della S.C. n. 32900 del 9 novembre 2021, ha quasi dell’incredibile - pensando all’art. 97 Cost. - ma se siamo in ambito ‘privatistico’ perché sorprenderci, perché andare con la mente all’art. 97 Cost. Che attine all’organizzazione e all’agire agire amministrativo, pubblicistico, della PA.
Ma andiamo ai pronunciamenti di principio della Cassazione, utili sia per le PP.AA. sia per i dipendenti lavoranti a volte in condizioni diciamo ‘disagiate’ e/o conflittuali coi propri superiori, che devono guardarsi bene dall’abuso di parole dette o scritte, e-mail interne, etc.: la Cassazione chiede di passare ai fatti, ma non alle vie di fatto! Vediamo.
PRIMA AFFERMAZIONE DI PRINCIPIO: TERZIETA’ RIDOTTA O RIDOTTISSIMA, MA MAI IMPARZIALITA’ DEL SOGGETTO CHE ISTRUISCE E PUNISCE
Un dipendente comunale, sanzionato in ben tre distinti procedimenti disciplinari dal proprio/direttamente Dirigente (soggetto datoriale), ha tra l’altro eccepito in Cassazione (dopo i seguenti due gradi di giudizio a lui sfavorevoli: “Svolgimento del processo - 1. La Corte d’Appello di Trieste ha rigettato il gravame proposto da C.P. avverso la sentenza del Tribunale di Gorizia con la quale era stata disattesa l’impugnativa di tre sanzioni disciplinari irrogate nei confronti del medesimo dal Comune di Monfalcone.”) che il soggetto sanzionatore era, rispetto alla condotta del sanzionato di cui al procedimento disciplinare, in palese conflitto di interessi, una sorta di padre-padrone e quindi illegittimo organo sanzionatore, perché esso stesso causa originante la situazione da cui poi è scaturita la condotta illecita del suo dipendente o addirittura persona offesa dalla presunta condotta illecita.
Più esattamente secondo le testuali parole della Cassazione, con le dovute evidenziazioni e chiose tra ((( ))) come sempre (si omette il corsivo!):
“1.2 Nella seconda parte il motivo, sempre riguardante la prima sanzione disciplinare, sostiene che le due sentenze di merito avrebbero erroneamente valutato il rilievo sull’incompatibilità del dirigente, in quanto persona offesa dalle comunicazioni incriminate.
Il procedimento disciplinare aveva infatti riguardato l’avere il C. tenuto un comportamento non uniformato a...