Circolare Funzione Pubblica n. 2 del 1 aprile 2020
“Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie...
Circolare Funzione Pubblica n. 2 del 1 aprile 2020
Misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18
06 Aprile 2020
Misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19” - Circolare esplicativa.
Versione testuale del documentoPresidenza del Consiglio dei Ministri
IL MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
CIRCOLARE N. 2/2020
Alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, d.lgs. 165/2001
Oggetto: misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19” - Circolare esplicativa.
1. Premessa
Come noto, l'evolversi della situazione emergenziale - in considerazione della straordinaria necessità e urgenza di contenere gli effetti negativi della diffusione del virus COVID-19 - ha condotto all'adozione di numerosi interventi normativi, sia di rango primario che secondario. In particolare, il decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. decreto-legge “Cura Italia”), attualmente in fase di conversione, - all’interno di un più ampio contesto di potenziamento del Servizio sanitario nazionale, della Protezione civile e della sicurezza pubblica, nonché di individuazione di misure a sostegno delle famiglie e delle imprese - prevede una serie di misure specificamente rivolte al lavoro pubblico e a quello privato.
La norma recata dall’articolo 87 del citato decreto rappresenta lo strumento cardine attraverso il quale il legislatore, in un’ottica di sistema, ha inteso regolare la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici e costituisce la cornice nella quale devono essere iscritte le ulteriori disposizioni che - all’interno del citato decreto - affrontano istituti applicabili al personale pubblico.
In particolare - sviluppando e riconducendo ad una cornice regolativa di rango primario l’indicazione già presente nella direttiva n. 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione (d’ora in poi “direttiva n. 2/2020”) – si stabilisce che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni.
Considerato che primario obiettivo della disposizione è quello di ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici e di evitare il loro spostamento, le amministrazioni sono chiamate ad uno sforzo organizzativo e gestionale, volto a individuare ogni idoneo strumento per superare eventuali ostacoli rispetto al pieno utilizzo di tale modalità lavorativa. Anche situazioni lavorative che - in un regime ordinario – potrebbero presentare aspetti problematici, in termini di sostenibilità organizzativa, per il ricorso al lavoro agile devono essere affrontate dalle amministrazioni nell’ottica sopra evidenziata.
In particolare, l’articolo 87 prevede che le pubbliche amministrazioni: a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza; b) prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall'amministrazione e, in tali casi, l'articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81 non trova applicazione (comma 2). La ratio del legislatore è quella di offrire alle amministrazioni un ventaglio di strumenti - ferie pregresse(1), congedo, banca ore, rotazione, nel rispetto della contrattazione collettiva, e altri analoghi istituti, ove previsti dalla contrattazione medesima - modulabili, a seconda delle necessità organizzative proprie di ciascun ufficio, e riferibili all’intero assetto organizzativo e non al singolo dipendente.
Emerge dal quadro normativo un evidente favor verso l’attivazione quanto più possibile estesa del lavoro agile, fermo restando il ricorso agli istituti alternativi che le pubbliche amministrazioni possono applicare qualora non vi siano le condizioni per il ricorso al lavoro agile.
Dopo aver valutato la praticabilità dei predetti istituti, le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio, fermo restando che il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e che l’amministrazione non corrisponde solo l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. Tale periodo non è computabile nel limite di cui all'articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
Secondo la disciplina introdotta, gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché le autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ciascuno nell'ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento ai principi introdotti dall’articolo 87 (comma 4). A fronte del disposto normativo occorre evidenziare che, nell’attuale fase di emergenza - come anche rappresentato nella citata direttiva n. 2/2020 - le pubbliche amministrazioni, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali, svolgono le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e le attività indifferibili con riferimento sia all’utenza interna (a titolo esemplificativo: pagamento stipendi, attività logistiche necessarie per l’apertura e la funzionalità dei locali), sia all’utenza esterna.
La presenza del personale negli uffici deve essere comunque limitata ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensabile per lo svolgimento delle predette attività, adottando forme di rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale da porre a presidio di ciascun ufficio. Ciò non significa che - qualora una PA non individui le attività indifferibili da svolgere in presenza - il lavoratore sia automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro. Ciascuna PA è responsabile della gestione del proprio personale e dell’applicazione delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, tra cui l’obbligo di individuazione delle attività indifferibili e delle attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza. In ossequio a tale obbligo le amministrazioni devono individuare, sia pur con comunicazione semplificata, le modalità con cui i dipendenti dovranno rendere la prestazione lavorativa e da ciò discende che il singolo dipendente non può ritenersi automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro. Considerato che il datore di lavoro è parte attiva nel potenziare il ricorso al lavoro agile, non è necessario che il dipendente inoltri specifica richiesta in tal senso. Per garantire la massima applicazione dello smart working, le PA prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura, escludendo appesantimenti amministrativi e favorendo la celerità dell’autorizzazione (ad. es. ricorso a scambio di mail con il dipendente per il riconoscimento dello smart working piuttosto che predisposizione di moduli da compilare o adozione di provvedimenti amministrativi). Nell’ambito della propria autonomia, ogni amministrazione può comunque disporre la presenza in sede, anche “a rotazione”, di personale che svolge la prestazione lavorativa in modalità ordinariamente agile, ove si determinino specifiche situazioni che rendano indispensabile tale presenza.
Come precisato nella direttiva n. 2/2020 si evidenzia che le attività di ricevimento del pubblico o di erogazione diretta dei servizi al pubblico, ove indifferibili, sono prioritariamente garantite con modalità telematica o comunque con modalità tali da escludere o limitare la presenza fisica negli uffici (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale). Nei casi in cui il servizio non possa essere reso con le predette modalità, gli accessi negli uffici devono essere scaglionati, anche mediante prenotazioni di appuntamenti, assicurando che sia mantenuta un’adeguata distanza (c.d. distanza droplet) tra gli operatori pubblici e l’utenza, nonché tra gli utenti. In ogni caso, come precisato nella più volte richiamata direttiva n. 2/2020, le amministrazioni limitano gli spostamenti del personale con incarichi ad interim o a scavalco con riguardo ad uffici collocati in sedi territoriali differenti, individuando un’unica sede per lo svolgimento delle attività di competenza del medesimo personale.
E’ importante precisare che l’individuazione delle attività indifferibili non necessariamente presuppone che le stesse siano svolte in presenza fisica sul luogo di lavoro. Al contrario, le attività indifferibili possono essere svolte sia nella sede di lavoro - anche solo per alcune giornate, nei casi in cui il dipendente faccia parte del contingente minimo posto a presidio dell’ufficio - sia con modalità agile.
Come sopra evidenziato - nel ribadire che la misura rappresenta una priorità da garantire anche al fine di tutelare la salute del personale dipendente - la disciplina normativa prevede una serie di strumenti e meccanismi di flessibilità che non devono essere vanificati dalle amministrazioni con appesantimenti amministrativi e burocratici. In tale ottica, le disposizioni normative prevedono che, per il ricorso al lavoro agile nell’attuale fase di emergenza sanitaria, le amministrazioni “prescindano dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”. In sintesi, è dunque ammessa la deroga all’accordo individuale (articolo 18 l.81/2017), all’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (articolo 22 l. 81/2017) e alle comunicazioni relative all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali (articolo 23 l. 81/2017).
Non è escluso che le amministrazioni, nell’esercizio dei propri poteri datoriali, prevedano una reportistica giornaliera sugli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile. E’ comunque rimessa all’autonomia di ciascuna amministrazione la scelta di ricorrere a schede o documenti di sintesi degli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile con riferimento a periodi temporali più estesi. Si ritiene utile precisare che - nell’ipotesi di assunzione di nuovo personale - il periodo di prova non è incompatibile con la modalità del lavoro agile. Ai fini del compimento del periodo di prova, infatti, si tiene conto del servizio effettivamente prestato. Il principio è desumibile anche dalle previsioni dell’articolo 14 della legge n. 124 del 2015 secondo cui le amministrazioni garantiscono che i dipendenti in smart working non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
È altresì possibile - anzi è auspicabile che le amministrazioni si attivino in tal senso - promuovere percorsi informativi e formativi in modalità agile che non escludano i lavoratori dal contesto lavorativo e dai processi di gestione dell’emergenza, soprattutto con riferimento a figure professionali la cui attività potrebbe essere difficilmente esercitata in modalità agile e per le quali l’attuale situazione potrebbe costituire un momento utile di qualificazione e aggiornamento professionale.
Le amministrazioni sono chiamate, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, a definire gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui gli eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto, previo confronto sotto tale aspetto con le organizzazioni sindacali. Con particolare riferimento alla tematica dei buoni pasto, si puntualizza, quindi, che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna PA assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le organizzazioni sindacali.
Si sottolinea che – fermo restando il divieto di discriminazione – istituti qua-li prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro appaiono difficilmente compatibili con la strutturazione del lavoro agile quale ordinaria modalità delle prestazione lavorativa. Si ritiene pertanto conforme a normativa che una PA non riconosca a chi si trova in modalità agile, ad esempio, prestazioni di lavoro straordinario.
Con riguardo all’istituto dell’esenzione di cui al comma 3, si sottolinea che - solo dopo aver verificato la non praticabilità delle soluzioni alternative individuate dal medesimo comma: lavoro agile, ferie pregresse, congedo, banca ore, rotazione, analoghi istituti - è possibile prevedere, come extrema ratio e pur sempre in casi puntuali, di esentare il personale dipendente, con equiparazione del periodo di esenzione al servizio prestato a tutti gli effetti di legge e, quindi, senza ripercussioni sulla loro retribuzione e senza che l’istituto incida negativamente ai fini della valutazione e dell’erogazione del trattamento accessorio.
La decisione di esentare il personale, oltre ad essere motivata, presuppone comunque una preventiva valutazione delle esigenze di servizio e potrà essere in concreto esercitata solo qualora non determini, con riguardo al particolare ed eccezionale contesto emergenziale in atto, effetti negativi sull'attività che l'amministrazione è chiamata ad espletare.
Il provvedimento di esenzione dovrà, quindi, illustrare, in maniera puntuale, la disamina della situazione in ordine ad ogni dipendente esentato, dando conto del ricorrere dei richiamati presupposti.
A tal fine, con riferimento a strutture complesse quali, ad esempio, i Ministeri, appare opportuno individuare regole omogenee che individuino criteri e modalità per la regolamentazione dell’istituto – da definirsi a cura del capo del personale o altra figura di vertice amministrativo – che possono poi essere oggetto di attuazione da parte delle varie articolazioni organizzative. Nel rappresentare che l’impianto normativo non presuppone che si operi solo su istanza del dipendente interessato, è...