NON CONSENTITA LA DONAZIONE MODALE DI BENI PUBBLICI
gli atti di alienazione di beni pubblici devono essere ricondotti nell’ambito dei “contratti...
NON CONSENTITA LA DONAZIONE MODALE DI BENI PUBBLICI
La cessione gratuita (donazione modale), di beni pubblici, di norma, non è consentita perché incompatibile con i principi contenuti nelle norme che disciplinano la cessione e la valorizzazione del patrimonio disponibile della P.A.
05 Giugno 2019
La cessione gratuita (donazione modale), di beni pubblici, di norma, non è consentita perché incompatibile con i principi contenuti nelle norme che disciplinano la cessione e la valorizzazione del patrimonio disponibile della P.A.
In via eccezionale detta cessione può comunque essere disposta se opportunamente motivata.
Lo ha stabilito la Corte dei Conti sez. Regionale di controllo per la Regione Lombardia nel parere n. 164 del 15/05/2019.
Nel caso esaminato, un Comune aveva posto un quesito in merito alla possibilità, per un ente locale, di poter effettuare donazioni con vincolo di scopo (donazioni modali) a favore di enti, pubblici o privati (comunque soggetti a poteri pubblici) che svolgono funzioni di interesse pubblico.
Il Collegio ha evidenziato che nella richiesta di parere non erano indicate le finalità pubbliche che l’Ente intendeva perseguire con il trasferimento della proprietà dell’immobile attraverso un atto di donazione modale e che nell’ordinamento giuridico non si rinviene una norma specifica avente ad oggetto la facoltà o meno di un ente locale di adottare una cessione di immobile attraverso l’istituto della donazione modale
La Corte ha rammentato che, ai sensi dell’art. 3, comma 1 del r.d. 2440/1923, gli atti di alienazione di beni pubblici devono essere ricondotti nell’ambito dei “contratti attivi”, dai quali deve conseguire un’entrata nel bilancio dell’ente. Da ciò consegue che, in linea generale e in assenza di una previsione normativa, non sono riconducibili alla facoltà di un ente locale atti di liberalità che non rispondano, patrimonialmente, ad un interesse pubblico.
L’art 58 della legge 112/2008, convertito nella legge 133/2008, fra l’altro, dispone un obbligo a carico delle regioni, province, comuni e altri enti locali, nonché delle società o enti a totale partecipazione dei predetti enti, di individuare “redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione” .
Secondo la Corte, la cessione gratuita di un bene immobile non costituisce una modalità di valorizzazione dello stesso, posto che il legislatore ha ipotizzato esclusivamente fattispecie di concessioni onerose, in quanto il patrimonio disponibile dell’ente ha come fine quello di produrre reddito e una cessione gratuita non crea entrate per l’ente, anzi ne costituisce impoverimento. Per tale ragione, l’attribuzione negoziale a titolo gratuito, poiché espone gli enti ad un potenziale impoverimento, riducendone i mezzi patrimoniali, si presume incompatibile con gli scopi istituzionali, sia che si agisca con moduli di diritto pubblico che con strumenti di diritto comune. Come è stato affermato, infatti, il patrimonio degli enti pubblici, ed in particolare degli enti locali, “…deve auspicabilmente determinare la produzione di un reddito.”
Inoltre, ad ulteriore conferma che il patrimonio debba produrre reddito per rispondere all’esigenze dell’ente anche l'art. 56-bis, comma 11, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge n. 98/2013, nella formulazione conseguente alla integrazione disposta dall'art. 7, comma 5, del D.L. 19 giugno 2015, n. 78, prevede l'obbligo per gli enti territoriali di destinare prioritariamente all'estinzione anticipata dei mutui il 10 per cento delle risorse...