La revoca della proposta di aggiudicazione come fattispecie “temperata” rispetto al “ritiro” dell’aggiudicazione definitiva
revoca della proposta di aggiudicazione
La revoca della proposta di aggiudicazione come fattispecie “temperata” rispetto al “ritiro” dell’aggiudicazione definitiva
29 Agosto 2019
La recente sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII del 12 agosto 2019 n. 4321 analizza, tra le altre, la questione delle “delicate” implicazioni del procedimento d’appalto rispetto alle fattispecie “generali” previste nella legge 241/90 della revoca del provvedimento e l’annullamento d’ufficio dell’atto illegittimo.
Nel caso trattato veniva impugnata la “revoca/annullamento” del bando di gara e correlata aggiudicazione provvisoria (ora nel nuovo codice dei contratti identificata con proposta di aggiudicazione) ancora soggetta a verifica della potenziale anomalia per carenza della risorsa finanziaria necessaria a dare copertura contabile del compenso dell’appaltatore (aggi per attività di riscossione tributi).
Le contestazioni miravano a sostenere l’illegittimità dell’atto adottato di revoca dall’aggiudicazione (determina dirigenziale preceduta da indirizzi di giunta) motivata con ampia relazione sulla impossibilità di assicurare la copertura finanziaria e sulla non convenienza dell’esternalizzazione del servizio.
Il ragionamento espresso dal collegio
A margine di altri aspetti che qui non rilevano, la questione importante è il netto distinguo prospettato dal giudice – utile per i RUP – sulla adeguatezza della revoca rispetto ad altre fattispecie di “ritiro” degli atti adottati.
Semplificando, in sentenza emerge che nella fase precedente l’aggiudicazione definitiva non efficace, la stazione appaltante mantiene il potere di “ritirare” i propri atti intermedi (attraverso una fattispecie vicina alla revoca del provvedimento di cui all’articolo 21-quinquies della legge 241/90 anche se non perfettamente aderente vista la chirurgica fattispecie disciplinata dalla norma in questione) se – pur in un ambito temperato – riconsidera gli interessi pubblici sottesi.
Nel caso di specie, l’interesse pubblico evidente e ben evidenziato dal responsabile interessato era quello determinato dalla impossibilità di assicurare la copertura finanziaria dell’operazione (la prenotazione di impegno non risultava nel bilancio riequilibrato della stazione appaltante).
Da qui il distinguo rispetto all’aggiudicazione definitiva (pur non efficace in quanto è richiesta la previa verifica sui requisiti) che – rispetto alla proposta di aggiudicazione – è in grado però di costituire delle posizioni giuridiche rilevanti per l’appaltatore e, pertanto, in questo caso ben si attaglierebbe la fattispecie della revoca vera e propria (art. 21- quinquies della legge 241/90).
Prima di questo momento (ovvero prima dell’aggiudicazione definitiva) si legge in sentenza che “con riferimento alla revoca degli atti di gara già conclusa con l’aggiudicazione, è stato chiarito che il ritiro di un’aggiudicazione legittima postula, in particolare, la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l’esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi (Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095)”.
Nel caso invece trattato dal collegio – ovvero in uno stato di sola “proposta di aggiudicazione” - i parametri predetti devono ritenersi “attenuati considerato che la gara non si era conclusa ma era stato solo individuato il concorrente che aveva presentato la migliore offerta ed in relazione al quale si stava procedendo alla verifica della non anomalia”.
Secondo il giudice, quindi – che ha ritenuto legittimi gli atti adottati dalla stazione appaltante - fino a quando non sia intervenuta l’aggiudicazione definitiva “rientra, dunque, nel potere discrezionale dell’Amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 3/01/2018, n. 14), pertanto, avuto riguardo “all’articolazione della motivazione del provvedimento impugnato, essa, in quanto rappresentazione dei fattori di genesi della scelta discrezionale dell’Amministrazione, vada immune dalle censure mosse nei suoi confronti, non emergendo profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, né di travisamento di...