Nessun controllo generalizzato sugli appalti
Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza n. 4085/2025.
Nessun controllo generalizzato sugli appalti
Occorre provare un interesse concreto
29 Maggio 2025
Non è ammesso effettuare un controllo generalizzato sulla corretta gestione degli appalti pubblici; il richiedente deve, invece, provare il possesso di uno specifico interesse.
Lo ha rammentato il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza n. 4085/2025.
La questione emersa
Il caso specifico riguardava una richiesta di accesso presentata da una concorrente nell’ambito di un pubblico appalto, ove la ditta chiedeva, nello specifico, l’accesso agli atti presentati da tutte le altre concorrenti, per appurare se queste fossero state in possesso dei requisiti di partecipazione e se le medesime avessero presentato progetti tecnici rispondenti ai requisiti previsti dal bando di gara.
La richiesta si inseriva nell’ambito di una procedura d’appalto che non era ancora conclusa.
Le pronunce giurisprudenziali sul tema
I giudici non hanno ritenuto fondata la richiesta avanzata dalla ricorrente.
Il Collegio ha sottolineato che due sono le «logiche all’interno delle quali opera l’istituto dell’accesso: la logica partecipativa e della trasparenza e quella difensiva. Ad entrambe è preposto l’esercizio del potere amministrativo, secondo regole procedimentali nettamente differenziate. La logica partecipativa è imperniata sul principio generale della massima trasparenza possibile, con il solo limite rappresentato dalle esclusioni elencate nei commi 1, 2, 3, 5 e 6 dell’art. 24 della medesima legge n. 241. La logica difensiva è costruita intorno al principio dell’accessibilità dei documenti amministrativi per esigenze di tutela e si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che grava sulla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi. La tecnica legislativa utilizzata nel comma 7, rispetto ai precedenti commi del medesimo art. 24, avvalora la tesi che questo aggravamento probatorio in tanto si giustifica, proprio in quanto si fuoriesce dalla stretta logica partecipativa e di trasparenza, per entrare in quella, diversa, difensiva».
Con riferimento specifico alle procedure di evidenza pubblica Cons. Stato, sez. III, 19/09/2024, n.7650 ha chiarito che: «Nell'ambito dei procedimenti ad evidenza pubblica, il rapporto tra accesso e riservatezza delle informazioni fornite dall'aggiudicatario, in relazione alla sussistenza di "segreti tecnici o commerciali", impone al giudice di verificare che sussista uno "stretto collegamento o nesso di strumentalità tra documentazione richiesta e la situazione finale controversa", declinando tale collegamento in termini di "stretta indispensabilità" (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2022, n. 369), incombendo l'onere della prova del suddetto nesso di strumentalità su colui che agisce, ossia sul ricorrente (in sede procedimentale, il richiedente l'accesso agli atti) (Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2023 ord. n. 787, §. 2.11.) e dipendendo la portata di tale onere probatorio dal caso concreto (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2020 n. 4016), vertendo in particolare detto collegamento "sull'accertamento dell'eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e le censure formulate" (Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2023, n. 787 cit.) o da formulare nell'ambito di un giudizio. Ciò al fine di evitare un "uso emulativo" del diritto di accesso finalizzato unicamente a "giovarsi di specifiche conoscenze industriali o..."