29 Giugno 2020
In conformità a quanto stabilito dall’art. 97, comma 6 del Codice dei contratti, non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge. Resta, invece, confermato che, fermo il rispetto del citato parametro complessivamente considerato, un eventuale discostamento di una singola voce, possa essere compensata dagli altri addendi della retribuzione.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sez. III, 12 giugno 2020, n. 3760.
I giudici hanno affermato che costituisce dato pacifico all’esito del procedimento di verifica dell’anomalia che, a fronte di un minimo inderogabile del trattamento salariale, l’offerta della ricorrente possa garantire una paga oraria sufficiente.
In sostanza, i giudici d’appello hanno ritenuto non condivisibile la tesi del primo giudice secondo la quale l’incongruenza di una singola voce di trattamento stipendiale, pur a fronte di un importo complessivo ampiamente al di sopra dei minimi, determinerebbe di per sé la violazione del divieto di incisione del minimo retributivo, né potrebbe essere corretta, o altrimenti compensata, con i margini sovrabbondanti di altre componenti del trattamento retributivo.
Secondo la non condivisa interpretazione formulata dal primo giudice vi sarebbe l’idea secondo cui per “salario minimo” debba intendersi non solo un minimo economico ma una sorta di minimo di composizione strutturale per voci, tutte indifferentemente essenziali, sicché la sottostima o l’omissione della singola componente di costo sarebbe idonea a determinare un giudizio di anomalia dell’offerta economica nel suo insieme, pur in presenza di un trattamento salariale globale e di un TFR ampiamente al di sopra dei minimi di legge.
I giudici d’appello hanno affermato che una tale impostazione non pare sostenibile innanzitutto alla stregua del disposto...