Pagamento del compenso nel caso di professionista cessato o deceduto: le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate
Agenzia delle Entrate, con la circolare del 16 febbraio 2007, n. 11/E
Pagamento del compenso nel caso di professionista cessato o deceduto: le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate
a cura di Vincenzo Cuzzola
06 Maggio 2025
In linea generale, la cessazione dell'attività professionale, con conseguente estinzione della partita IVA, non può prescindere dalla conclusione di tutti gli adempimenti conseguenti alle operazioni attive e passive effettuate. Pertanto, il professionista che non svolge più l'attività professionale non può estinguere la partita IVA in presenza di corrispettivi per prestazioni rese in tale ambito ancora da fatturare nei confronti dei propri clienti.
A tal proposito, l'Agenzia delle Entrate, con la circolare del 16 febbraio 2007, n. 11/E, al punto 7.1, ha chiarito che “l'attività del professionista non si può considerare cessata fino all'esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all'interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell'attività professionale”.
Con la risoluzione del 20 agosto 2009, n. 232/E, è stato, inoltre, precisato che, “la cessazione dell'attività per il professionista non coincide [...] con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile (perché, ad esempio, non è decorso il termine di prescrizione di cui all'art. 2956, comma 1, n. 2 del Codice civile) l'attività professionale non può ritenersi cessata”.
Tale posizione è conforme a quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sent. n. 8059 del 21 aprile 2016, secondo cui “il compenso di prestazione professionale è imponibile ai fini IVA, anche se percepito successivamente alla cessazione dell'attività, nel cui ambito la prestazione è stata effettuata, ed alla relativa formalizzazione”; e questo perché “[...] il fatto generatore del tributo IVA e, dunque, l'insorgenza della correlativa imponibilità vanno identificati [...] con la materiale esecuzione della prestazione, giacché, in doverosa aderenza alla disciplina Europea, la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, articolo 6, comma 3, va intesa nel senso che, con il conseguimento del compenso, coincide, non l'evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, solo la sua condizione di esigibilità ed estremo limite temporale per l'adempimento dell'obbligo di fatturazione”.
Inoltre, ai sensi dell'art. 6, comma 3, del decreto IVA (DPR n. 633/1972), ove non sia stata emessa anticipatamente fattura, “le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo”, mentre, ex art. 21, comma 4, del medesimo decreto, “la fattura è emessa entro dodici giorni dall'effettuazione dell'operazione determinata ai sensi dell'articolo 6 (...)”.
Ciò detto, con riguardo agli obblighi fiscali sorti dopo il decesso del professionista, l'art. 35 bis del decreto IVA dispone che “gli obblighi derivanti, a norma del presente decreto, dalle operazioni effettuate dal contribuente deceduto possono essere adempiuti dagli eredi, ancorché i relativi termini siano scaduti non oltre quattro mesi prima della data della morte del contribuente, entro i sei mesi da tale data. Resta ferma la disciplina stabilita dal presente decreto per le operazioni effettuate, anche ai fini della liquidazione dell'azienda, dagli eredi dell'imprenditore”.