Dipendenti eletti in Comune: i rimborsi non pagano l’Iva
È quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 261 del 9 ottobre 2025
Dipendenti eletti in Comune: i rimborsi non pagano l’Iva
Non sono soggette all’imposta sul valore aggiunto le somme restituite al datore di lavoro riferibili alle retribuzioni erogate al dipendente per le ore di permesso fruite in seguito al mandato elettivo
15 Ottobre 2025
I rimborsi erogati dagli enti pubblici ai datori di lavoro per i permessi retribuiti concessi ai dipendenti che svolgono cariche elettive non rientrano nel campo di applicazione dell’Iva né costituiscono prestazioni di servizi. È quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 261 del 9 ottobre 2025. Il dubbio nasce dalla nuova normativa che ha abrogato, dal 2025, per determinate ipotesi, l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per prestiti e distacchi di personale.
In sostanza, il Comune che chiede il chiarimento vuol sapere se i permessi retribuiti di cui usufruiscono i dipendenti, che svolgono il mandato elettivo di amministratore di ente pubblico, possono/devono essere considerati prestiti e/o distacchi di personale e, in tal caso, la tempistica applicativa della nuova disciplina Iva.
L’Amministrazione finanziaria ritiene che tali permessi non siano equiparabili a distacchi e prestiti di personale né presentano le condizioni necessarie per considerarli connessi a prestazioni di servizio a titolo oneroso.
Innanzitutto, occorre richiamare gli articoli 79 e 80 del Tuel, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Dlgs n. 267/2000), che garantiscono il diritto degli eletti a cariche pubbliche di assentarsi dal lavoro e stabiliscono che i relativi permessi retribuiti siano erogati dal datore di lavoro e rimborsati a quest’ultimo dall’ente pubblico coinvolto.
Le somme rimborsate, fino al 2024, hanno beneficiato dell’esenzione Iva prevista dall’articolo 8, comma 35, della legge n. 67/1988 per i distacchi e prestiti di personale, norma abrogata, con decorrenza 1° gennaio 2025, dall’articolo 16-ter del Dl n. 131/2024. Nello specifico, il comma abrogato recitava “Non sono da intendere rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.
La modifica recepisce il rilievo della Corte di giustizia europea con la sentenza 11 marzo 2020, causa C-94/19, che ha affermato l'incompatibilità della disposizione agevolativa con la direttiva 2006/112/Ce, contenente l'elenco delle operazioni soggette a Iva. Il rilievo, in particolare, riguardava i distacchi o prestiti di personale tra controllante e controllata e l’eventuale nesso diretto tra le due prestazioni ossia quando, in estrema sintesi, il pagamento dell’operazione era condizione indispensabile per il distacco.
Vista l’evoluzione normativa, l’Agenzia, per definire il corretto trattamento fiscale da attribuire ai rimborsi erogati dal Comune richiedente al datore di lavoro, ricorda, innanzitutto quali sono le condizioni che qualificano un rapporto come una prestazione di servizio a titolo oneroso e, quindi, rilevante per l’imposta sul valore aggiunto. La norma specifica da richiamare è, in particolare, l’articolo 3 del decreto Iva secondo cui “costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazione di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”.
Il ragionamento dell’Agenzia continua...