Sempre più agile nella P.A.: dal lavoro da casa all’uso intelligente degli spazi. E arrivano le prime sentenze.
Decreto del Presidente del Consiglio dello scorso 26 aprile avvia la cosiddetta “fase due”
Sempre più agile nella P.A.: dal lavoro da casa all’uso intelligente degli spazi. E arrivano le prime sentenze.
di Valerio Langè e Emilio Gregori, Synergia (Milano)
12 Maggio 2020
L’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio dello scorso 26 aprile avvia la cosiddetta “fase due” e conferma il lavoro agile quale strumento per contemperare la continuità delle attività economiche e la tutela della salute pubblica in relazione alla perdurante emergenza pandemica da Covid-19.
Come già nel precedente DPCM dell’11 marzo 2020, è chiesto su tutto il territorio nazionale il massimo utilizzo di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. Lo stesso DPCM mira a favorire le intese con le Organizzazioni Sindacali: per quanto riguarda il settore pubblico, rimane quindi centrale il ruolo del CUG.
Vi sono tuttavia alcuni elementi di novità.
Innanzitutto, se fino ad ora il lavoro agile, che normalmente agisce su comportamenti, tecnologie e spazi, era interpretato solamente quale “lavoro da casa”, si chiede ora di rivedere le modalità lavorative anche in riferimento agli ambienti. Infatti, allo scopo di garantire il distanziamento sociale, è chiesta una rimodulazione degli spazi di lavoro e viene suggerito un uso più “smart” dei locali. Infatti, stante il divieto di riunioni in presenza, le sale riunioni, inutilizzate, possono essere sfruttate dai lavoratori che non necessitano di particolari strumenti e/o attrezzature di lavoro e che possono lavorare da soli. Anche gli uffici inutilizzati a causa del lavoro da remoto possono essere destinati al medesimo scopo. Si profila a questo proposito l’avvio di un ulteriore percorso di trasformazione volto a migliorare l’uso (e in prospettiva il dimensionamento) degli spazi di lavoro. In alcuni territori, ordinanze regionali hanno già da tempo definito regole in tal senso, in particolare per le pubbliche amministrazioni.
Oltre agli spazi, occorre rivedere anche gli orari: infatti, viene chiesto di articolare il lavoro con orari differenziati che favoriscano il distanziamento sociale, allo scopo di ridurre il numero di presenze in contemporanea nel luogo di lavoro e prevenendo assembramenti all’entrata e all’uscita. La flessibilità di orario, oltre che di luogo, diventa quindi essenziale e può favorire tanto il distanziamento sociale quanto, se ben progettata e concordata, la conciliazione e l’integrazione delle esigenze lavorative, familiari e personali.
Il ricorso al lavoro agile non attenua il dovere del datore di lavoro di garantire adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività, dall’assistenza nell’uso delle apparecchiature a un’opportuna modulazione dei tempi di lavoro e delle pause. Anche la formazione...