DIRIGENTI E PP.OO. CON DELEGA DI FUNZIONI: DICHIARAZIONI DEI REDDITI E STATO PATRIMONIALE NON PIU’ IN OSTENSIONE SU AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE, MA SONO DICHIARAZIONI CHE L’ENTE DEVE CONTINUARE AD ACQUISIRE E CONSERVARE! MA SINO A QUANDO?
AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE
DIRIGENTI E PP.OO. CON DELEGA DI FUNZIONI: DICHIARAZIONI DEI REDDITI E STATO PATRIMONIALE NON PIU’ IN OSTENSIONE SU AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE, MA SONO DICHIARAZIONI CHE L’ENTE DEVE CONTINUARE AD ACQUISIRE E CONSERVARE! MA SINO A QUANDO?
Dichiarazione e redditi patrimoniali da pubblicare su Amministrazione Trasparente fino a quando
27 Maggio 2019
Come è noto la sentenza n. 20/2019 della Corte Costituzionale così dispone al punto n. 1):
“PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti (((= TUTTI))), ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione (((v. ad es. art. 90 TUAL O ART. 14 TUPI))), anziché(((COME DOVEVA E DEVE ESSERE per la Costituzione Repubblicana coem letta dalla Corte!!!))) solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche);”
Il senso e gli effetti della suddetta pronuncia è stato sintetizzato come sotto dalla Dottrina, senza però dire due cose importantissime:
“Solo i segretari generali, i capi di gabinetto e la ristretta cerchia dei dirigenti di prima linea scelti dai ministri dovranno tornare a pubblicare sui siti istituzionali della loro amministrazione le dichiarazioni dei redditi e i dati sulla situazione patrimoniale. Gli altri, cioè quasi tutti i 140mila dirigenti pubblici italiani, potranno evitare di farlo. Ma la trasparenza continuerà a riguardare anche loro, perché dovranno essere pubblici i dati sui compensi e i rimborsi spese collegati all'incarico.
Con la sentenza 20/2019 la Corte costituzionale chiude così una lunghissima battaglia ingaggiata dai dirigenti pubblici contro le radiografie telematiche dei loro redditi e patrimoni imposti nel 2013 dalla legge Severino. Il risultato è salomonico. Perché la Consulta chiede a tutti di tornare a pubblicare i compensi. Ma restringe ai vertici apicali l’obbligo di mostrare redditi e patrimoni. Non sapremo più, insomma, quante case ha o che macchina guida il dirigente comunale o il primario dell'ospedale. Ma continueremo a conoscere la sua busta paga.”
“Pubblicazione redditi dei dirigenti pubblici, Consulta: trasparenza non può sempre prevalere Corte Costituzionale, sentenza 21/02/2019 n° 20 - Pubblicato il 25/02/2019
E' illegittima la disposizione dell’art. 14, comma 1-bis, del Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33 nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
E' quando ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza 23 gennaio - 21 febbraio 2019, n. 20.
In altri termini la norma estendeva a tutti i dirigenti pubblici gli stessi obblighi di pubblicazione previsti per i titolari di incarichi politici.
La pubblicazione riguarda, in particolare, i compensi percepiti per lo svolgimento dell’incarico e i dati patrimoniali ricavabili dalla dichiarazione dei redditi e da apposite attestazioni sui diritti reali sui beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri, sulle azioni di società e sulle quote di partecipazione a società.
Questi dati, in base alla disposizione censurata, dovevano essere diffusi attraverso i siti istituzionali e potevano essere trattati secondo modalità che ne avessero consentito l’indicizzazione, la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web e anche il loro riutilizzo.
La Corte ha ritenuto irragionevole il bilanciamento operato dalla legge tra due diritti: quello alla riservatezza dei dati personali, inteso come diritto a controllare la circolazione delle informazioni riferite alla propria persona, e quello dei cittadini al libero accesso ai dati e alle informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni.
Secondo i giudici costituzionali, il legislatore, nell’estendere tutti i descritti obblighi di pubblicazione alla totalità dei circa 140.000 dirigenti pubblici (e, se consenzienti, ai loro coniugi e parenti entro il secondo grado), ha violato il principio di proporzionalità, cardine della tutela dei dati personali e presidiato dall’articolo 3 della Costituzione. Pur riconoscendo che gli obblighi in questione sono funzionali all’obiettivo della trasparenza, e in particolare alla lotta alla corruzione nella Pubblica amministrazione, la Corte ha infatti ritenuto che tra le diverse misure appropriate non è stata prescelta, come richiesto dal principio di proporzionalità, quella che meno sacrifica i diritti a confronto.
In vista della trasformazione della PA in una “casa di vetro”, il legislatore può prevedere strumenti che consentano a chiunque di accedere liberamente alle informazioni purché, però, la loro conoscenza sia ragionevolmente ed effettivamente collegata all’esercizio di un controllo sia sul corretto perseguimento delle funzioni istituzionali sia sull’impiego virtuoso delle risorse pubbliche.
Ciò vale certamente per i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica nonché per le spese relative ai viaggi di servizio e alle missioni pagate con fondi pubblici, il cui obbligo di pubblicazione viene preservato, dalla sentenza, per tutti i dirigenti pubblici. Non così per gli altri dati relativi ai redditi e al patrimonio personali, la cui pubblicazione era imposta, senza alcuna distinzione, per tutti i titolari di incarichi dirigenziali.
Si tratta, infatti, di dati che non sono necessariamente e direttamente collegati all’espletamento dell’incarico affidato. Inoltre, la loro pubblicazione non può essere sempre giustificata - come avviene invece per i titolari di incarichi politici - dalla necessità di rendere conto ai cittadini di ogni aspetto della propria condizione economica e sociale allo scopo di mantenere saldo, durante il mandato, il rapporto di fiducia che alimenta il consenso popolare.
(….)
Spetterà ora al legislatore ridisegnare - con le necessarie diversificazioni e per tutte le pubbliche amministrazioni, anche non statali - il complessivo panorama dei destinatari degli obblighi di trasparenza e delle modalità con cui devono essere attuati, nel rispetto del principio di proporzionalità posto a presidio della privacy degli interessati.
(Altalex, 21 febbraio 2019. Nota di Michele Iaselli)”.
Come si diceva, due sono le cose che la dottrina in generale non ha detto/precisato:
1) che per effetto di detta sentenza, che notoriamente agisce ex tunc, devesi procedere immediatamente alla depubblicazione degli atti citati e per i soggetti citati (non dimenticandosi i titolari di PO con delega di funzioni dirigenziali ai sensi di legge = v. art. 17 comma 1bis D.Lgs. 165/2001), ma anche alla restituzione e/o distruzione degli stessi da parte della PP.AA. detentrici? O sono legittimate ex lege a trattenerli?
2) che - recte: non ha ricordato - che continua a gravare sui dirigenti tutti delle PP.AA., inclusi i dirigenti ‘tutelati’ dalla suddetta sentenza n. 20/2019, l’obbligo – anche disciplinarmente rilevante – di consegnare alla PA esattamente tutti gli atti non più ostensibili e la PA li deve ricevere, conservare e rendere accessibili ai sensi di legge: si pensi ad esempio all’art. 43 del D.Lgs. 267/2000 sulle prerogative dei consiglieri comunali; ma anche un Pubblico Ministero può richiederli...se del caso nel corso di ...certe indagini (la cronaca quotidiana lo conferma !).
Mentre il rilievo sub n. 1) è pacifico e non v’è nulla da dire se non rilevare lo strano silenzio dell’ANAC solitamente molto loquace e pronta, ma resta da risolvere i 2 quesiti di chiusura, sul punto n. 2) basta ricordare certe fonti e lo faccio in maniera diacronica inversa (ovvero dalla più recente a ritroso), esse parlano da sole su tutte le questioni/gli aspetti pendenti che qui si vogliono puntualizzare ovvero c’è poco da commentare se non adempiere:
> da DPR 62/2013:
Art. 17/3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni (((le assume con il cd ATTO AMMINISTRATIVO DI INCARDINAMENTO: il contratto di lavoro viene dopo e non può essere stipulato se l’incardinamento non può aver luogo!!! E non viceversa!))), c-o-m-u-n-i-c-a (((PER ISCRITTO))) all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente f-o-r-n-i-s-c-e le informazioni sulla propria situazione patrimoniale (((PER ISCRITTO))) e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.
Art. 16 - Responsabilita' conseguente alla violazione dei doveri del codice
1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonche' dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, da' luogo anche a responsabilita' penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa e' fonte di responsabilita' disciplinare accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualita' e proporzionalita' delle sanzioni.”
(precedentemente il DM 28.11.2000[1] diversamente disponeva all’art. 5 comma 2:
“2. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni,
comunica all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge
e dichiara se ha parenti entro il quarto grado o affini entro il secondo, o conviventi che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che egli dovrà dirigere o che siano coinvolte nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio.
Su motivata richiesta del dirigente competente in materia di affari generali e personale, egli fornisce ulteriori informazioni sulla propria situazione patrimoniale e tributaria.”)
> da L. 127/1997 – art. 17 comma 22 (cd. Legge Bassanini)
Articolo 17
Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell'attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo.
22. Le disposizioni di cui all'