IL DATORE DI LAVORO PUBBLICO: COSA DEVE FARE E COSA RISCHIA AI TEMPI DEL COVID-2019 NELLA FASE 2 E FUTURA FASE 3, SUL PIANO DISCIPLINARE, CIVILE E PENALE.
i nuovi principi sulle modalità di lavoro
IL DATORE DI LAVORO PUBBLICO: COSA DEVE FARE E COSA RISCHIA AI TEMPI DEL COVID-2019 NELLA FASE 2 E FUTURA FASE 3, SUL PIANO DISCIPLINARE, CIVILE E PENALE.
a cura del Dott. Riccardo Lasca
07 Maggio 2020
Indubbiamente, nella vigenza dello STATO DI EMERGENZA dichiarato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 31.1.2020 sino a tutto il 31.7.2020, innumerevoli sono le FONTI NORMATIVE, in senso lato, cui attenersi e da applicare da parte dei DATORI DI LAVORO per fare in modo di non esporre - teoricamente: ma sul piano del diritto penale ‘scriminante’, civile ‘rende esenti da responsabilità per danno’ - i lavoratori al rischio dell’esposizione al COVID-2019.
Come chiarito analiticamente nei precedenti diversi scritti su questa stessa rubrica on line per il PUBBLICO IMPIEGO vi sono stati:
> nuovi principi sulle modalità di lavoro (tra tutti lo SMART WORKING come modalità ordinaria di lavorare nello/vigente lo stato stato di emergenza dichiarato), tutte finalizzate a fare in modo che la presenza fisica nei pubblici uffici (luoghi chiusi !!!) sia ridotta al minimo: unica incomprensibile eccezione la presenza fisica quasi necessaria dei dirigenti, coordinanti dipendenti non fisicamente presenti (?!) con ben tre Direttive del Dipartimento della Funzione Pubblica, l’ultima delle quali la n. 3/2020 di qualche giorno fa che al § 2 PRECISA “Le misure finora adottate rispetto all’intero territorio nazionale per il contenimento della situazione epidemiologica non hanno previsto la sospensione dell’erogazione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, pur essendo finalizzate a ridurre la presenza dei dipendenti negli uffici e ad evitare il loro spostamento.
Anche nel citato DPCM 26 aprile 2020 l’attività svolta dalla amministrazione pubblica continua ad essere inserita nell’allegato 3 ossia tra le attività non sospese, fermo restando il richiamo al predetto articolo 87 che, come detto, definisce il lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa.
Nello scenario attuale, dunque, la disciplina normativa applicabile alle pubbliche amministrazioni continua a rimanere quella contenuta nell’articolo 87 che, tuttavia, deve essere letta alla luce delle misure di ripresa della fase due introdotte dallo stesso DPCM 26 aprile 2020 che ha ampliato il novero delle attività economiche (Ateco) non più soggette a sospensione 4.”;
> ben due Protocolli di intesa (uno per il Personale delle Categorie ed uno per la Dirigenza) per le MISURE DI SICUREZZA / DPI da applicarsi nei pubblici uffici, previa PERO’ stipula di apposito ACCORDO DI RECEPIMENTO e magari DI SPECIFICAZIONE di detti accordi nazionali (tra Governo e OO.SS. del Pubblico Impiego) a livello o regionale o provinciale o anche solo aziendale (per singola PA);
> i necessari aggiornamenti del DVR che ex D.Lgs. 81/2008 già dal 31.1.2020 sono indubbiamente obbligatori (dunque i rispettivi SPP non dormano nell’elaborarli e proporli al datore di lavoro col supporto del Medico Competente!) e sul punto si segnala il seguente inciso della Direttiva n. 3/2020 che:
- dà l’adempimento per fatto: “In considerazione di quanto evidenziato nei precedenti paragrafi, le pubbliche amministrazioni, in relazione al rischio specifico ed anche sulla base dell’integrazione al documento di valutazione dei rischi, identificano misure organizzative, di prevenzione e protezione adeguate al rischio di esposizione a SARS-COV-2, nell’ottica sia della tutela della salute dei lavoratori sia del rischio di aggregazione per la popolazione, coerentemente con i contenuti del documento tecnico“Ipotesi di rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” approvato dal CTS nella seduta n. 49 del 09/04/2020 e pubblicato da INAIL (al seguente link: https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo generale/pubbl-rimodulazione-contenimento-covid19-sicurezza-lavoro.html)”
- e prescrive il rispetto - nel fare ciò - di quanto contenuto nel “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” [v. seguente estratto del comunicato DFP su Direttiva n. 3/2020 “L’adozione di misure graduali e adeguate attraverso un nuovo modello organizzativo di prevenzione partecipato, consente, in presenza di indicatori epidemiologici compatibili, il ritorno progressivo al lavoro, garantendo adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori, nonché della popolazione.(…) Il documento approvato dal Comitato tecnico scientifico (Cts), istituito presso la Protezione Civile, al quale Inail partecipa con un suo rappresentante, contiene indicazioni mirate ad affrontare la graduale ripresa in sicurezza delle attività produttive e a garantire adeguati livelli di tutela della salute per tutta la popolazione.
La pubblicazione è composta da due parti: la prima riguarda la predisposizione di una metodologia innovativa di valutazione integrata del rischio che tiene in considerazione il rischio di venire a contatto con fonti di contagio in occasione di lavoro, di prossimità connessa ai processi lavorativi, nonché l’impatto connesso al rischio di aggregazione sociale anche verso “terzi”.
La seconda illustra le misure organizzative, di prevenzione e protezione, nonché di lotta all’insorgenza di focolai epidemici"];
- l’assenza nell’ultimo DPCM del 26.4.2020 di specifico allegato dedicato al Pubblico Impiego: aspetto alquanto disarmante ma vero.
Sic rebust stantibus, si deve rilevare come sussita il fortissimo sospetto che in molte PP.AA. italiane:
a) il DVR non è stato ancora aggiornato ai sensi del D.Lgs. 81/2020 al rischio COVID-2019 con la specifica dei conseguenti DPI neutralizzanti il rischio: semmai i Datori di lavoro più fortunati, assistiti da Responsabili del SPP reattivi e connessi, hanno dettato direttive gestional-organizzative, magari d’intesa col Servizio Personale, per “ridurre la presenza dei dipendenti negli uffici e ad evitare il loro spostamento. ”, la PRESENZA IN UFFICIO ovviamente solo laddove eccezionalmente e formalmente prevista siccome necessaria e sicuramente connessa ad attività cd indifferibili e non a PIACIMENTO DEI LAVORATORI che nostalgici del lavorare in ufficio o attratti da qualche buono pasto in più decidono ex se di andare a lavorare fisicamente: questo è violare la legge, rilevante sul piano disciplinare, civile e penale!. Giova allora ricordare con gli Avvocati Labriola e Capuzzo (v. https://www.quotidianogiuridico.it/documents/2020/04/28/la-responsabilita-penale-del-datore-di-lavoro-per-contagio-da-covid-19 ) dello studio legale Briola di Milano [v. l’articolo “CONTAGIO DA COVID-19 - La responsabilità penale del datore di lavoro per contagio da Covid-19” di Briola Giovanni - Avvocato in Milano - Studio Legale Briola Capuzzo Cesare - Avvocato in Milano - Studio Legale Briola] “che trascurare gli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 sarebbe già di per sé motivo di sanzione penale, in forma di arresto o ammenda, a prescindere dal fatto che si siano verificati o meno degli infortuni.”.
b) gli ACCORDI ‘locali’ di recepimento dei due Protocolli di intesa nazionali della prima decade di Aprile assolutamente non sono ancora stati stipulati: cosa attendono le parti datoriali e le OO.SS.? Perchè non si sentono le proteste dei lavoratori pubblici e delle OO.SS. del Pubblico Impiego per questa speciale ipotesi di CONTRATTAZIONE? I dipendenti pubblici sono lavoratori dipendenti di serie B?
Stante il non rassicurante quadro organizzativo-gestionale sopra delineato in molte PP.AA. italiane devesi evidenziare una norma del DL 18/2020 trascurata dallo stesso DFP nell’ultima Direttiva n. 3/2020 che pure poteva essere l’occasione per stimolare le Amministrazioni e le OO.SS. del Pubblico Impiego in grave ritardo, l’art. 42 del DL 18/2020 che recita come segue nel testo definitivamente convertito in legge:
Articolo 42
(Disposizioni INAIL)
1. In considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, a decorrere dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020, il decorso dei termini di decadenza relativi alle richieste di prestazioni erogate dall'INAIL è sospeso di diritto e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Sono altresì sospesi, per il medesimo periodo e per le stesse prestazioni di cui al primo periodo del presente comma, i termini di prescrizione. Sono, infine, sospesi i termini di revisione della rendita su domanda del titolare, nonché su disposizione dell'Inail, previsti dall'articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, che scadano nel periodo indicato al primo periodo del presente comma. Detti termini riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione(1).
2. Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell'infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti dell'allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante "Modalita' per l'applicazione delle tariffe 2019". La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati (2).
[1] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 24 aprile 2020, n. 27, in sede di conversione.
[2] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 24 aprile 2020, n. 27, in sede di conversione.
Orbene, la suddetta accortissima Dottrina dello studio legale Briola di Milano il comma 2 dell’art. 42 ha una portata rilevantissima anche sul piano penale ed esattamente:
“L’articolo 42 comma 2 del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (“Decreto Cura Italia”) ha previsto la copertura Inail per gli assicurati che contraggono un’infezione da coronavirus “in occasione di lavoro”. Un’espressione, quest’ultima, che lascia intendere un’applicabilità della tutela assicurativa anche ai contagi “in itinere” e finanche ai casi di lavoro a distanza.
L’Inail, dal canto suo, ha precisato nella circolare n. 13 del 3 aprile 2020 che le malattie infettive e parassitarie sono pacificamente inquadrate nella categoria degli infortuni sul lavoro, a cui si debbono pertanto ricondurre anche i casi di infezione da coronavirus.
Il contagio da Covid-19 si qualifica così come un infortunio che, come tale, schiude un potenziale profilo di responsabilità penale per il datore di lavoro che non abbia adottato le misure necessarie a prevenirne il rischio.
Laddove si possa accertare che l’inosservanza delle misure antinfortunistiche sia stata causa di infezione-malattia del lavoratore, il datore di lavoro risponderà dei reati di lesioni personali gravi o gravissime ai sensi dell’art. 590 c.p. (salvo ipotesi di malattia lieve, guaribile in meno di 40 giorni, nel qual caso scatterebbe anche la procedibilità a querela), oppure di omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p. qualora al contagio sia seguita la morte.