Incarichi “conferiti o previamente autorizzati” a dipendenti pubblici: e se la PA datoriale d-e-s-i-g-n-a solo ed è altra PA che nomina: quid iuris?
Vietatissimo confondere l’atto politico della designazione della PA ALFA datoriale con l’atto...
Incarichi “conferiti o previamente autorizzati” a dipendenti pubblici: e se la PA datoriale d-e-s-i-g-n-a solo ed è altra PA che nomina: quid iuris?
Vietatissimo confondere l’atto politico della designazione della PA ALFA datoriale con l’atto amministrativo della nomina della PA BETA.
20 Febbraio 2020
E’ noto: le attività cd. extraistituzionali (GENUS) dei pubblici dipendenti in servizio (tralasciamo quelli pensionati per i quali serve un approfondimento ad hoc per le attività che possono/non possono svolgere da pensionati!) non in regime di part time ‘secco’ al 50% si dividono a monte in due TIPI ed a valle in tre CATEGORIE:
- 2 TIPOLOGIE: remunerate / gratuite
- 3 CATEGORIE: a) assolutamente VIETATE (MAI AUTORIZZABILI)
b) relativamente (sono AUTORIZZABILI!) VIETATE
c) assolutamente LIBERE
Ebbene: l’articolo centrale normante direttamente o indirettamente (a mezzo rinvio: v. comma 1 al DPR 3/1957 ancora in vigore nella parte che qui viene richiamata indistintamente per tutti i pubblici dipendenti!) detto aspetto extralavorativo del pubblico dipendente ‘privatizzato’ è l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 (Tupi: Testo unico pubblico impiego).
Vista la ratio di tutta detta normazione - conciliare per i pubblici dipendenti l’art. 97 e maxime l’art. 98 co. 1 (principio di esclusività del rapporto di PI) della Costituzione ad essi dedicati con l’art. 3 (principio di uguaglianza[1] dinanzi alla legge) diretto indistintamente a tutti i cittadini, pubblici dipendenti inclusi) - non desta meraviglia che a regime detta normazione si occupi anche del pubblico dipendente che lavora/svolge una attività in modo gratuito per qualcun altro, l’attività svolta potrebbe comunque essere inopportuna: insomma una normazione limitante declinazione del principio di ragionevolezza discriminante.
La conferma normativa di siffatto interesse legislativo a tuttotondo (anche per le attività gratuite) sta scritta in odo davvero inelegante solo al comma 12 dell’art. 53 cit. del Tupi e non nei centralissimi commi 6 e 7+7bis dedicati alle attività di cui alla lett. b) [soggette ad AUTORIZZAZIONE pena….] sopra ove addirittura sta scritto l’opposto, vediamoli con santa pazienza e clemenza per un legislatore davvero ‘sgarruppato’ e la Magistratura e gli organi ispettivi ci sguazzano ovviamente:
“6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Sono nulli tutti gli atti e provvedimenti comunque denominati, regolamentari e amministrativi, adottati dalle amministrazioni di appartenenza in contrasto con il presente comma. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. (…) .
12. Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto. (…)
Anche se poi il temibile comma 7bis, dopo il comma 7, si riferisce ai soli incarichi remunerati (‘compensi’):
“7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
7-bis. L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilita' erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.”
Insomma: incongruenze e misteri della Legislazione italiana, a beneficio degli Avvocati (ancora molto presenti in Parlamento!).
Ma veniamo al thema disputandum di cui al titolo: come si evince dai commi sopra richiamati ed anche dal centrale comma 2 (“2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati”) due e solo due sono i casi:
- o è la stessa PA datoriale che conferisce l’incarico al proprio dipendente per fare una attività comunque di interesse dalla PA datoriale fosse anche al di fuori delle mura dei palazzi in cui detta PA ha sede;
- o la PA datoriale autorizza un proprio dipendente a svolgere attività presso un soggetto terzo (pubblico o privato) e dunque nel suo interesse.
Ecco allora la ricorrente espressione “conferiti o previamente autorizzati” attinente al rapporto PA-datoriale / dipendente è tutta solo incentrata nella duplice prospettiva del dipendente INCARICATO dalla stessa PA datoriale a fare qualche cosa per e presso la stessa PA ovvero per fare altro presso altri: tertium non datur stando all’art. 53 del Tupi! E allora la designazione? Chi scrive - v. infra - ritiene che integri la diversa fattispecie (valevole per Dirigenti e non ex Gr. contabile!) di cui all’art. 24 comma 3 del Tupi e quindi ricada nel principio di onnicomprensività della retribuzione del dipendente pubblico che svolge una attività anche extra ma non a titolo personalissimo. Nessuno può sostenere che la designazione – atto politico insindacabile – ha la valenza e sostanza di un incarico ex art 53 del Tupi perchà manca sempre, a leggere bene atti e regolamenti, l’osservanza di quanto dispone il comma 5 che recita “5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.”, mentre è noto e pacifico che nessun Sindaco designante uno stesso dipendente del Comune che amministra si avvalga di tali criteri oggettivi ma al contrario usi solo il naso = la fiducia e spesso anche l’appartenenza politica del futuro designato! Non solo, il mancato rispetto di tali criteri oggettivi lo si ha - ahinoi! - anche quando trattasi di conferire veramente un incarico interno da parte della stessa PA datoriale beneficiaria delle attività oggetto dell’incaico: vogliamo parlare - per ridere ...amaramente! - dei criteri di conferimento dell’incarico di Posizione Organizzativa o di Dirigente a termine ex art. 110 comma 1 e magari anche 2 del D.Lgs. 267/2000?
Agli addetti ai lavori della Trasparenza a questo punto dovrebbe sovvenire anche il tenore dell’art. 18 del D.Lgs. 33/2013, che però si riferisce solo a quegli incarichi dai quali il pubblico dipendente percepisce un ‘compenso’ assoggettandoli ad ostensione sulla Sezione Amministrazione Trasparente del sito web della PA conferente o autorizzante:
“Articolo 18
Obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli incarichi conferiti ai dipendenti pubblici
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 9-bis, le pubbliche amministrazioni pubblicano l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati a ciascuno dei propri dipendenti, con l'indicazione della durata e del compenso spettante per ogni incarico.”
Utili in materia, per le necessarie distinzioni e casistiche, le FAQ Anac Trasparenza nn. 8.1, 8.2 e 8.3:
8.1Sono soggetti agli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 33/2013 gli incarichi conferiti a dipendenti in regime di part-time con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno?
L’art. 18 del d.lgs. n. 33/2013 in materia di pubblicazione dei dati relativi agli incarichi dei dipendenti pubblici fa riferimento agli incarichi agli stessi conferiti o autorizzati, secondo quanto previsto dalla normativa vigente.
Le amministrazioni, in coerenza con quanto previsto nel Piano Nazionale Anticorruzione, introducono nel Piano triennale per la prevenzione della corruzione misure volte ad evitare conflitti di interesse nello svolgimento di incarichi extraistituzionali da parte dei dipendenti pubblici, secondo quanto previsto anche dall’art. 53, c. 5, del d.lgs. n. 165/2001.
In considerazione di quanto sopra le amministrazioni possono anche stabilire modalità di pubblicazione di incarichi per i quali non è espressamente prevista l’autorizzazione ai sensi della normativa vigente.
8.2Sono soggetti agli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 33/2013 gli incarichi a dipendenti finanziati con le risorse a carico dei fondi della contrattazione integrativa?
No, in quanto si tratta di incarichi che rientrano nel quadro del rapporto di lavoro.
8.3 Nel caso in cui l’amministrazione attribuisca incarichi per lo svolgimento di collaudi o di verifiche di conformità ai sensi dell’art. 120 del d.lgs. n. 163/2006 è tenuta a pubblicare i relativi dati?
Laddove le stazioni appaltanti conferiscano gli incarichi per lo svolgimento di collaudi o di verifiche di conformità ai sensi dell’art. 120 del d.lgs. n. 163/2006 a propri dipendenti o a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici, questi devono essere inquadrati tra gli incarichi conferiti ai propri dipendenti e, pertanto, l’amministrazione è tenuta, ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. n. 33/2013, a pubblicare i relativi dati nella sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione di primo livello “Personale”, sotto-sezione di secondo livello “Incarichi conferiti e autorizzati ai dipendenti”.
Diversamente, quando a causa della carenza di soggetti in possesso dei necessari requisiti all’interno della stazione appaltante, ovvero di difficoltà a ricorrere a dipendenti di amministrazioni aggiudicatrici con competenze specifiche in materia, la stazione appaltante affida l’incarico di collaudatore ovvero di presidente o componente della commissione collaudatrice a soggetti esterni scelti secondo le procedure e con le modalità previste per l’affidamento di servizi o di lavori, ha luogo una procedura di appalto. Pertanto, in virtù di quanto previsto dall’art. 37 del d.lgs. n. 33/2013, dall’art. 1, c. 32, della l. n. 190/2012, nonché dal d.lgs. n. 163/2006, l’amministrazione appaltante deve pubblicare sul sito istituzionale le informazioni stabilite dalle norme richiamate all’interno della sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione di primo livello “Bandi di gara e contratti”.
Giova ricordare la speciale disposizione derogatoria di cui all’art. 62 del DPR 3/1957:
“Art. 62 - Partecipazione all'amministrazione di enti e società.
Nei casi stabiliti dalla legge o quando ne sia autorizzato con deliberazione del Consiglio dei Ministri, l'impiegato può partecipare all'amministrazione o far parte di collegi sindacali in società o enti
ai quali lo Stato partecipi o comunque contribuisca,
in quelli
che siano concessionari dell'amministrazione di cui l'impiegato fa parte o
che siano sottoposti alla vigilanza di questa.
Nei casi di rilascio dell'autorizzazione del Consiglio dei Ministri prevista dal presente comma l'incarico si intende svolto nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza del dipendente ed i compensi dovuti dalla societa' o dall'ente sono corrisposti direttamente alla predetta amministrazione per confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale. (Articolo modificato dall' articolo 6, comma 4, del D.L. 31 maggio 2010 , n. 78.).
Normazione, quella testè richiamata, applicabile pacificamente a tutti i dipendenti pubblici in casi analoghi grazie al rinvio di cui all’art. 53, comma 1 del Tupi: si badi bene, poiché “Nei casi di rilascio dell'autorizzazione (….) l'incarico si intende svolto nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza del dipendente …” è chiaro che non trattasi di attività extraistituzionale ma di attività lavorativa ordinaria per cui il dipendente è in servizio quando la svolge: ci vorrebbe anche che debba prendersi le ferie o generare del minus lavorativo!
Ma si consideri ora una normazione del tipo di cui alla L. n. 84/1994 recante “- Riordino della legislazione in materia portuale”, buon test operativo-gestionale:
Articolo 8
(Presidente dell'autorita' di sistema portuale).
1. Il Presidente e' nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Presidente o i Presidenti della regione interessata, ferma restando l'applicazione della disciplina generale di cui alla legge 24 gennaio 1978, n. 14. In caso di mancata intesa si applica la procedura di cui all'articolo 14-quinquies della legge 8 agosto 1990, n. 241. Il Presidente e' scelto fra cittadini dei Paesi membri dell'Unione europea aventi comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale(2).
2. Il Presidente ha la rappresentanza legale dell'AdSP, resta in carica quattro anni e puo' essere riconfermato una sola volta. Al Presidente sono attribuiti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione. (…)
3. Il Presidente:
a) nomina e presiede il Comitato di gestione;
(…)
Articolo 7 (Organi dell'Autorita' di sistema portuale)
1. Sono organi dell'autorita' di sistema portuale:
a) il Presidente;
b) il Comitato di gestione (CG);
c) il Collegio dei revisori dei conti.
2. Gli emolumenti del Presidente, nonche' i gettoni di presenza dei componenti del Comitato di gestione sono a carico del bilancio dell'AdSP e vengono determinati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Articolo 9 (Comitato di gestione).
1. Il Comitato di gestione e' composto:
a) dal Presidente dell'AdSP, che lo presiede e il cui voto prevale in caso di parita' dei voti espressi;
b) da un componente designato dalla regione o da ciascuna regione il cui territorio e' incluso, anche parzialmente, nel sistema portuale;
c) da un componente designato dal sindaco di ciascuna delle citta' metropolitane, ove presente, il cui territorio e' incluso, anche parzialmente, nel sistema portuale;
d) da un componente designato dal sindaco di ciascuno dei comuni ex sede di autorita' portuale inclusi nell'AdSP, esclusi i comuni capoluogo delle citta' metropolitane;
(…)
1-bis. Alle sedute del Comitato partecipa anche un rappresentante per ciascun porto incluso nell'AdSP e ubicato in un comune capoluogo di provincia non gia' sede di Autorita' portuale. Il rappresentante e' designato dal sindaco e ha diritto di voto limitatamente alle materie di competenza del porto rappresentato. Si applicano i periodi terzo, quarto e quinto del comma 2.
2. I componenti di cui al comma 1 durano in carica per un quadriennio, rinnovabile una sola volta, dalla data di insediamento del Comitato di gestione, ferma restando la decadenza degli stessi in caso di nomina di nuovo Presidente. Le loro designazioni devono pervenire al Presidente entro trenta giorni dalla richiesta avanzata dallo stesso, sessanta giorni prima della scadenza del mandato dei componenti e, qualora le designazioni non pervengano entro il suddetto termine, il Comitato di gestione e' comunque regolarmente costituito con la meta' piu' uno dei componenti. E' sempre consentita la designazione successiva fino a quando il Comitato di gestione non e' regolarmente costituito e fino al completamento di tutte le designazioni.
Ai componenti designati si applicano i requisiti di cui all'articolo 8, comma 1, previsti per il presidente dell'AdSP e le disposizioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.
Non possono essere designati e nominati quali componenti del Comitato di cui al comma 1, lettere b), c) e d) coloro che rivestono incarichi di componente di organo di indirizzo politico, anche di livello regionale e locale, o che sono titolari di incarichi amministrativi di vertice o di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico. I componenti nominati che rivestono i predetti incarichi decadono di diritto alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Il regime di inconferibilita' opera anche per il periodo successivo alla cessazione dell'incarico.”
Quanto sopra accade sovente nella legislazione italiana ed anche negli atti privatissimi di Fondazioni e Associazioni che per ingraziarsi il benevolere (e magari anche i contributi di qualche Comune!) prevedono analoghi meccanismi di nomina a membri di assemblee e ccda su designazioni politiche (blindatissime!).
Dunque, se ben si comprende e prendendo ad esempio un comune ex sede di autorita' portuale inclusi nell'AdSP, il Sindaco D-E-S-I-G-N-A al Presidente del AdSP il ‘suo’ (lo rappresenta presso l’AdSP) componente ed il Presidente dell’AdSP lo N-O-M-I-N-A membro del Comitato di gestione della AdSP allorchè costituisce detto Comitato di gestione con suo decreto: questi due atti e momenti sono indiscutibili, come anche indiscutibile è che, salvo rinunce, che il singolo membro del Comitato di gestione percepisce un compenso (gettone) per ogni riunione del Comitato e probabilmente anche un rimborso spese [ma ove spettasse solo questo rimborso (non forfetizzato) v. Tupi art. 53 comma 6 “d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;” = non serve autorizzazione!].