L’ACCESSO AGLI ATTI INTERNI ED ENDOPROCEDIMENTALI: UN PO’ DI CHIAREZZA DOPO I RECENTI INCIAMPI DELL’ANAC E DI ALCUNE PP.AA. TROPPO OSCURANTISTE
L’ACCESSO AGLI ATTI INTERNI ED ENDOPROCEDIMENTALI: UN PO’ DI CHIAREZZA DOPO I RECENTI INCIAMPI DELL’ANAC E DI ALCUNE PP.AA. TROPPO OSCURANTISTE
Eppure la L. 241/1990 è chiarissima nel se e quando consentirlo!
10 Gennaio 2022
00 – Cosa dice la L. 241/1990 in merito all’accesso endoprocedimentale e correlate pronunce giurisprudenziali. Focus su alcuni atti privati che si trovano presso la PA: istanze; denunce.
La legge (diritto scritto: statico/non vivente) non sempre dice (elenca) tutto e bene, i casi ed il da farsi: allora la Giurisprudenza (diritto vivente) completa, spesso sostituendosi al Legislatore, che, tacendo, acconsente/avalla.
Non è però questo il caso del chiaro art. 22 comma 1 lett. d) della L. 241/1990 stando al quale (vedi parti nerettate!) si comprende bene e va proprio applicato esattamente come è scritto (ne segue il testo per sua necessaria lettura e sua memorizzazione per l’avvenire evitando errori!)
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Articolo 22
Definizioni e principi in materia di accesso (1) (2)(A)
1. Ai fini del presente capo si intende:
d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica*** (((***addirittura: es. una istanza del privato, finalizzata ad ottenere un provvedimento))) della loro disciplina sostanziale;
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- come insegna, addirittura all’ANAC, nel 2021 il T.A.R. Roma - sez. I – 11 giugno 2020, n. 6457, così riassumibile, sperando che all’ANAC facciano tesoro, salvo l’appello, se ci sarà (vedremo, se del caso):
“1. Con il ricorso introduttivo la società ASMEL Consortile S.c.a r.l. ha impugnato il diniego dell’ANAC, maturato per silentium, sull’istanza ai sensi della L. 241/90, inoltrata a mezzo PEC il 7 ottobre 2019, di accesso agli atti del procedimento di cui alla delibera n. 780 del 4 settembre 2019, ivi compresi gli accertamenti ispettivi nei confronti della ricorrente; (…) La ricorrente (((Associazione ASMEL))) espone di essere stata oggetto di una attività ispettiva, sintetizzata nella delibera n. 780 del 4 settembre 2019, con cui l’ANAC, nel comunicarne l’esito, anche a seguito dell’intervento eseguito dalla Guardia di Finanza, invitava la ricorrente a trasmettere, nel termine di 45 giorni, le iniziative o gli atti necessari in relazione alle contestazioni effettuate. Gli accertamenti ispettivi hanno riguardato un monitoraggio con acquisizione di documenti nella sede di ASMEL, durato oltre un anno, conclusi con una relazione istruttoria i cui contenuti sono rimasti ignoti alla ricorrente (((ASMEL))).”
(…)
“Il profilo su cui si appuntano le censure della ricorrente, dedotte con i motivi aggiunti, concerne la mancata ostensione degli atti endoprocedimentali contenenti le effettive valutazioni dell’ANAC sulla questione controversa. Sul punto il Collegio rileva come non possa essere seguita la tesi dell’amministrazione (((ANAC))), peraltro solo accennata e non formalizzata nel provvedimento di diniego, secondo cui l’istanza sarebbe stata irrituale; anzi è la stessa ANAC, nel verbale di accesso del 20 dicembre 2012, a verbalizzare che la parte ha richiesto l’accesso a “tutti i documenti contenuti nel fascicolo, ivi compresi le relazioni d’ufficio, gli appunti, le note e i verbali del Consiglio dell'Autorità”. A tale istanza, tuttavia, è stato dato (((dall’ANAC))) risconto negativo con la seguente motivazione: “Valutata la richiesta, tenuto conto delle direttive impartite dai dirigenti, consegnano al richiedente la sola documentazione ritenuta ostensibile, atteso che ai sensi dell'art. 24 del Regolamento interno (((dell’ANAC ex art 24 L. 241/1990))) sull'accesso agli atti del 24 ottobre 2018 sono esclusi dall'accesso per motivi di segretezza e riservatezza dell'Autorità le note, gli appunti, le relazioni degli uffici al Consiglio, gli atti e la corrispondenza inerenti la difesa dell'Autorità nella fase precontenziosa e contenziosa e i rapporti rivolti alla Magistratura penale (co.1 lett. c), i verbali delle riunioni del Consiglio nelle parti riguardanti atti, documenti e informazioni sottratti all'accesso o di rilievo puramente interno (co.1 lett. d)”.
(...)
Come chiarito da giurisprudenza consolidata (per tutte: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 31 ottobre 2019, n. 12541) “il diritto di accesso a documenti amministrativi è riconosciuto a chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale, che corrisponde ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso, non essendo pertanto necessaria l'instaurazione di un giudizio bensì sufficiente la dimostrazione del grado di protezione al bene della vita dal quale deriva l'interesse ostensivo, pertanto la legittimazione all'accesso agli atti della P.A. va riconosciuta a chi è in grado di dimostrare che gli atti oggetto dell'accesso hanno prodotto o possano produrre effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, a prescindere dalla lesione di una posizione giuridica”. Nel caso di specie la parte ricorrente ha esplicitato di riservare eventuali iniziative giudiziarie, che non necessariamente devono ritenersi circoscritte all’impugnazione della delibera ANAC n. 780 del 4 settembre 2019.
L’ANAC, nel dare attuazione a tali disposizioni con il Regolamento del 24 ottobre 2018, non si è limitata a indicare (all’art. 22) i documenti esclusi dall’accesso per motivi di riservatezza di terzi, persone, gruppi e imprese e (all’art. 23) i documenti esclusi dall’accesso per motivi inerenti la sicurezza e le relazioni internazionali, ma ha previsto (all’art. 24) (((extra o meglio contra legem !!!))) un’ulteriore categoria di documenti sottratti all’accesso “per motivi di segretezza e riservatezza dell’Autorità”, che comprende: “a) le note, gli appunti, le proposte degli uffici ed ogni altra elaborazione con funzione di studio e di preparazione del contenuto di atti o provvedimenti ad eccezione delle parti che costituiscono motivazione per relationem dell’atto o provvedimento, opportunamente oscurate nel rispetto della normativa sulla riservatezza; b) i pareri legali relativi a controversie in atto o potenziali e la inerente corrispondenza, salvo che gli stessi costituiscano presupposto logico giuridico di provvedimenti assunti dall’Autorità e siano in questi ultimi richiamati; c) gli atti e la corrispondenza inerenti la difesa dell’Autorità nella fase precontenziosa e contenziosa e i rapporti rivolti alla magistratura contabile e penale; d) i verbali delle riunioni del Consiglio nelle parti riguardanti atti, documenti ed informazioni sottratti all’accesso o di rilievo puramente interno; e) i documenti inerenti l’attività relativa all'informazione, alla consultazione e alla concertazione e alla contrattazione sindacale, fermi restando i diritti sindacali previsti anche dai protocolli sindacali”.
Tale ulteriore categoria, che non trova un immediato e diretto riscontro nell’art. 24 L. 241/1990, deve comunque essere interpretata alla luce della disciplina generale del diritto di accesso posta dagli articoli 22 e ss della predetta legge. Ne consegue, per quanto qui di interesse, che la disposizione dell’art. 24, comma 1, lett. a), relativa a “le note, gli appunti, le proposte degli uffici ed ogni altra elaborazione con funzione di studio e di preparazione del contenuto di atti o provvedimenti” non può trovare applicazione laddove i suddetti atti vadano ad innestarsi nell’iter procedimentale, assumendo la configurazione di veri e propri atti endoprocedimentali. Ne consegue, altresì, che le disposizioni dell’art. 24, comma 1, lett. a), devono essere interpretate sia alla luce dell’art. 22, comma 1, lett. d), della legge n. 241/1990, che assoggetta al diritto di accesso anche gli atti interni al procedimento, sia alla luce del già richiamato art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990, che indica (((analiticamente))) i documenti sottratti all’accesso. Ciò comporta che la predetta disposizione, nella parte in cui sottrae all’accesso “le note, gli appunti, le proposte degli uffici ed ogni altra elaborazione con funzione di studio e di preparazione del contenuto di atti o provvedimenti” risulterebbe in palese contrasto con l’art. 22, comma 1, lett. d), della legge n. 241/1990 se fosse interpretata nel senso di escludere tout court tali atti dal diritto di accesso, cioè anche nel caso in cui assumano la valenza di veri e propri atti endoprocedimentali (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2015, n. 4481).
Anche laddove si trattasse di annotazioni, appunti o bozze preliminari, deve rammentarsi che, secondo la giurisprudenza più risalente, solo le c.d. minute (intese come semplici appunti finalizzati alla redazione di documenti veri e propri) e gli scritti informali privi di firma o di sigla non costituiscono documenti amministrativi in senso proprio (ancorché presenti nel fascicolo di ufficio) (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 23 febbraio 2015, n. 3068).”
- come già analogamente aveva dal 2016 il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3856 del 13 settembre 2016 che dà accesso a ciò che precede il provvedimento finale, così massimabile estraendo dalla sua stessa parte motiva:
“…. la generale disciplina in tema di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della l. 241 del 1990 non limita l’ambito oggettuale amministrativa ai soli provvedimenti conclusivi, fornendo – al contrario – una ben più ampia nozione di documento amministrativo (oggetto possibile di domande ostensive).
E’ qui appena il caso di richiamare la previsione di cui all’articolo 22, comma 1, lettera d) della l. 241 del 1990, secondo cui per ‘documento amministrativo’ si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.
E’ evidente che la richiamata disposizione non suffraghi in alcun modo l’interpretazione - condivisa dai primi Giudici - secondo cui l’oggetto possibile del diritto di accesso sarebbe rappresentato dalle sole determinazioni conclusive, con esclusione degli atti endoprocedimentali.
4.3.1. Né a conclusioni diverse può giungersi laddove si riguardi la questione attraverso l’angolo visuale delle previsioni in tema di informazione ambientale di cui al decreto legislativo n. 195 del 2005.
Ad avviso del Collegio, infatti, pur essendo dubbio che gli atti cui faceva riferimento l’istanza dell’8 giugno 2005 fossero riconducibili all’ambito della c.d. ‘informazione ambientale’, resta comunque fermo che, laddove pure si ammettesse tale riconduzione, non si giustificherebbe in alcun modo un’esclusione fondata sul fatto che l’informazione non si sia ancora tradotta nell’adozione di provvedimenti amministrativi conclusivi di specifici provvedimenti.
Depone infatti in senso contrario a tale prospettazione l’amplissima nozione di ‘informazione ambientale’ di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) del richiamato decreto legislativo, il quale delinea una nozione amplissima, che certamente non può essere ricondotta al limitato ambito dei (soli) provvedimenti amministrativi conclusivi prospettata dal Comune di Portovenere e di fatto condivisa dai primi Giudici.”
Eppure il cittadino vincitore in secondo grado, vigente detta chiarissima disposizione di legge, s’era sentito rispondere dal Comune (di Portovenere) parlante a mezzo di qualche Funzionario che la legge solo dovrebbe leggere ed applicare, dal Difensore civico della Regione Liguria cui si era rivolto stragiudizialmente (stranamente essendo strumento ‘alternativo’[1] al TAR) e infine dal TAR Liguria con sentenza 935/2015 (non reperita) che (come riassume il CdS), le chiose tra ((( ))) sono dello scrivente:
– (…) che la parte dell’istanza relativa al (((alla conoscenza = accesso al ))) contenuto del piano attuativo del PUC (((su “atti relativi alla realizzazione di un parcheggio al servizio di una struttura ricettiva”))) fosse piuttosto ascrivibile all’ambito delle mere “richiesta di informazioni”^^^ (e non all’ambito applicativo della normativa sull’accesso); (((^^^ normata da quale Legge/norma???)))
– (…) legittimo il diniego opposto dal Comune all’ostensione di semplici istanze di una parte privata, laddove non recepite in un provvedimento (((finale))), sia esso positivo o negativo.”.
Diverso, giustamente, è l’orientamento della Gr. Amministrativa di I e II grado sull’accessibilità dell’altro tipo di atto ‘privato’ che può trovarsi presso una PA quale può essere una denuncia/segnalazione di un cittadino da cui poi è scaturita una attività ispettiva della PA conclusasi con un provvedimento sanzionatorio verso soggetto terzo, provvedimento che però a giudizio dei magistrati amministrativi ex lege ha poco a che vedere con la denuncia/segnalazione della PA - poi, solo poi !!! - procedente e ciò anche se l’accedente esercita espressamente il cd. ACCESSO DIFENSIVO per resistere al provvedimento sanzionatorio ricevuto.Vedasi all’uopo l’illuminante caso di cui alla sentenza TAR, Veneto-Venezia, sez. III, del 20/03/2015 n° 321 di cui si riportano i passaggi rilevanti all'uopo:
“Il ricorso [[sul negato accesso all'esposto]] è infondato perché, così come esattamente dedotto nel provvedimento di diniego, il documento di cui si chiede l'ostensione, vale a dire l'esposto che ha dato origine alle verifiche ispettive, non incide in alcun modo sul diritto di difesa della parte ricorrente, cui sono stati notificati i verbali conclusivi dell'accertamento che recano tutte le motivazioni delle contestazioni mosse e che sono quindi sicuramente l'unica fonte delle contestazioni mosse alla ricorrente .
In effetti il ricorso [[al TAR]] non motiva in alcun modo per quale ragione la richiesta sarebbe necessaria a tutelare gli interessi della ricorrente e quindi le motivazioni dell'interesse ad ottenere l'accesso richiesto.
Anche la domanda di accesso [[presentata alla PA]] non motiva in alcun modo in ordine alla sussistenza dell'interesse, limitandosi ad affermare che la richiesta servirebbe a valutare l'eventuale ricorso alla competente autorità giudiziaria nei confronti del soggetto responsabile dell'esposto nonché per valutare l'eventuale sussistenza di una lesione ai propri diritti soggettivi ed interessi legittimi a seguito dell’avvio del su indicato procedimento.
È invece evidente che le verifiche ispettive effettuate dalla amministrazione del lavoro rientrano nei doveri della stessa e che, in ogni caso, i verbali sanzionatori adottati possono e debbono fondarsi sui risultati delle stesse, vale a dire sulle letture dei tempi di guida registrati dai cronotachigrafi montati sugli automezzi e sull'esame della documentazione fornita dalla stessa ricorrente, come tra l’altro appare ulteriormente confermato dalla precisazione contenuta nel controricorso della resistente amministrazione secondo cui la denuncia, oltre ad essere anonima, non era nemmeno riferita alla ricorrente ma era invece diretta a segnalare presunte violazioni commesse da altre ditte del settore. Questo risulta ulteriore conferma del fatto che l’amministrazione ha esercitato il suo dovere ispettivo e che la denuncia ha semmai svolto il ruolo – che non era certamente necessario – di sollecitarne l’esercizio. E’ pertanto evidente che l'accesso alla denuncia non risponde ad alcun interesse del ricorrente e in nessun modo incide sul suo diritto di difesa. (Consiglio di Stato numero 5779/2014).”
Quindi gli esposti e le denunce provenienti da privati, non si pongono in rapporto di necessaria causalità rispetto allo svolgimento dell’attività di verifica ispettiva che da essi ha tratto origine. L’attività amministrativa da cui il privato può eventualmente ricevere effetti sfavorevoli della propria sfera giuridica e rispetto alla quale ha, dunque, diritto all’accesso è costituita unicamente dai verbali amministrativi di accertamento (verifica ispettiva), nei quali si sostanziano le determinazioni della PA procedente, che non costituiscono la risultante automatica delle segnalazioni private, bensì il prodotto delle attività di verifica ispettiva posta in essere.
Interessante è invece, sempre del cit. art. 22 comma 1 lett. d) l’inciso ampliativo “non relativi ad uno specifico procedimento”, considerato che si versa nell’ambito del cd. accesso documentale riconosciuto solo a chi ha uno “specifico” interesse a conoscere per ciò detto “interessato”: cioè ex art. 22 stessa L. 241/1990 “ b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;”. Ma non ancora toccata da vicende giudiziarie: la si svilupperà a tempo debito. Ma basti pensare all’accessibilità dei progetti presentati 30 anni fa dai nostri tecnici presso gli Uffici tecnici comunali per avere il permesso per costruire, etc. sempre accessibili sembrano da pArte dell’ “interessato”, anche se non c’è in atto alcun procedimento che li ‘coinvolga’.
2 FOCUS SPECIALI
01 – LA PROPOSTA PUBBLICISTICA: ATTO ENDOPROCEDIMENTALE ? TIPOLOGIE E ACCESSIBILITA’.
Ma se per l’atto endoprocedimentale “istanza” del privato, atto di natura “privatistica” per dirla con la L. 241/1990, la citata sentenza ha agevolmente la meglio sulla non osservanza della pur chiara legge da parte dei tre soggetti sopra richiamati, non così agevole è dare una risposta ai seguenti diversi ambiti dell’accesso ex L. 241/1990 ma anche perché no ex art. 5 comma 2 (FOIA) ex D.Lgs. 33/2013 in caso di PROPOSTA PUBBLICISTICA:
* ATTO-PROPOSTA DI DETERMINA DIRIGENZIALE, DI DELIBERA GIUNTALE / CONSILIARE, redatta dal Dirigente e/o dalla Giunta (ma con parere di regolarità tecnica del Dirigente) a seconda dei casi ;
* PARERE LEGALE reso a PA. (v. infra § 02).
A) LA PROPOSTA COME ATTO ENDOPROCEDIMENTALE?
In Dottrina e nella manualistica classica (quella pro concorsi pubblici) in materia (sulla ‘proposta’) c’è ben poco e quel poco che c’è si perde in inutili distinguo scolastici rispetto ai pareri. In generale va subito detto che la L. 241/1990 non prevede espressamente le fasi. Esse si ricavano dalla lettura degli artt. 2, 6,7. Il procedimento amministrativo si articola in più fasi: 1. Preparatoria o di iniziativa; 2. Istruttoria; 3. Consultiva – (eventuale); 4. Decisoria o deliberativa; 5. di integrazione dell’efficacia – (eventuale). Ebbene, la fase 2. Istruttoria si chiude sempre con una PROPOSTA. Ad onor del vero l’Autore intramontabile Rocco GALLI nel suo testo “Corso di Diritto Amministrativo” della CEDAM scrive quanto segue sulla “proposta” in diritto amministrativo:
Proseguendo nella nostra indagine, va fatta chiarezza sui vari casi di soggetti proponenti la ‘proposta’ e dunque sulle varie proposte rispetto al soggetto adottante l’atto (provvedimento) amministrativo finale cui è preordinata la proposta stessa nell’ambito del cd. iter del procedimento, stando alle previsioni normative: procedimento che si sa - v. art. 2 comma 1 I periodo L. 241/1990 “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.” - inizia o su ‘istanza’ o ‘d’ufficio’.
01.1 1) rispetto alla Determina del Dirigente: accessibile per legge!
Rispetto alla Determina del Dirigente, che deve recare sempre anche il suo stesso parere di regolarità tecnico-giuridica e di regolarità contabile (ed eventualmente visto contabile per taluno sempre anche se non c’è spesa e prenotazione e/o impegno di spesa, se prevista come effetto del provvedimento finale)[2], dopo l’avvio (su ‘istanza’ o ‘d’ufficio), segue sempre una istruttoria da parte del Responsabile del procedimento (RdP: può essere lo stesso Dirigente!) che, previa eventuale acquisizione di pareri tecnici (obbligatori, vincolanti o non) di soggetti terzi (diversi dal Dirigente), che viene riportata nel cd. DOCUMENTO ISTRUTTORIO che si chiude sempre con la formulazione della proposta di provvedimento (contenuto integrale del) da adottare da parte di chi rappresenta (agisce a nome e per conto della) la PA per competenza secondo l’organizzazione data(momento decisorio o fase decisoria avente rilevanza esterna). Precisiamo:
- a fine istruttoria, con le sue ‘risultanze’, viene ad integrarsi, si spera coerentemente con le ‘risultanze’, la sottofase (endoprocedimentale) cd. predeterminativa del contenuto del futuro provvedimento finale a cura del RdP (che quando è il Dirigente è aspetto curioso o per taluni assente e l’art. 6 comma 1 lettera e) II periodo L. 241/1990 parrebbe dare ragione ai secondi!);
- poi viene la sottofase ultima della decisione o decisoria di competenza esclusiva del Dirigente (ad eccezione del caso ex art 17 comma 1bis del D.Lgs. 165/2001) in cui il provvedimento per ciò detto ‘finale’ viene ad esistenza, ‘si perfeziona’ e si manifesta quindi all’esterno verso tutti (interessato/controinteressati): è qui che si inserisce la previsione della L. 241/1990 secondo cui “L'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale.” (art. 6 comma 1 lettera e) II periodo L. 241/1990). Già solo dal tenore di tale norma si evince la pacifica, anzi necessaria, accessibilità della proposta redatta dal RdP: senza la sua conoscenza come si potrebbe capire la motivazione dissenziente del Dirigente ? Insomma è accessibile per legge !!!
E comunque, se è vero che il parto di cui sopra dà alla luce un atto/provvedimento ‘finale’ è perché c’è prima tutta una serie di atti e attività, precisi/e e tangibili, tanto che il procedimento amministrativo è definito correttamente come “la procedura attraverso cui si manifesta la volontà della P.A., la serie coordinata di atti ed operazioni diretta a prefigurare un assetto di interessi tale da raggiungere il fine pubblico, per il tramite di un atto conclusivo (provvedimento amministrativo), garantendo, allo stesso tempo, il minor sacrificio possibile degli interessi compresenti” (SALTARI) o anche “La Pubblica Amministrazione, per giungere all’emanazione del provvedimento attuativo del fine pubblico individuato dalla legge, incardina la sua attività nell’ambito di un procedimento amministrativo, consistente in un iter concatenato di atti e comportamenti sfocianti nella decisione finale.” (SCHIAVI); allora è altrettanto vero che rispetto all’atto finale (provvedimento) la varie sotto-fasi o sub-procedimenti generano o si concludono a loro volta in atti interni o endoprocedimentali, generanti poi il dna del provvedimento finale, esattamente quegli atti rispetto ai quali cui la Gr. amministrativa di cui sopra ammette l’accesso pacificamente invocando proprio la L. 241/1990 giacché s’intende “per "documento amministrativo" (((oggetto dell’istanza di accesso))), ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica***della loro disciplina sostanziale;”), perché anche rispetto ad essi (atti generanti) deve esserci trasparenza rispetto all’atto finale (atto generato: provvedimento), ma non nell’ottica del D.Lgs. 33/2013 che addirittura ex art. 23 modificato ha eliminato dalla vetrina della Trasparenza anche il testo integrale del provvedimento finale, che semmai sarà oggetto di accesso civico generalizzato:
“1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano ogni sei mesi, in distinte partizioni della sezione «Amministrazione trasparente», gli elenchi dei provvedimenti (((NON IL TESTO DEI PROVVEDIMENTI))) adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti, con particolare (((NB: non esclusivo))) riferimento ai provvedimenti finali dei procedimenti di:
[a) autorizzazione o concessione;]
b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalita' di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dall'articolo 9-bis(2);
[c) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2009;] (3)
d) accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altre amministrazioni pubbliche, ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
[2. Per ciascuno dei provvedimenti compresi negli elenchi di cui al comma 1 sono pubblicati il contenuto, l'oggetto, la eventuale spesa prevista e gli estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento. La pubblicazione avviene nella forma di una scheda sintetica, prodotta automaticamente in sede di formazione del documento che contiene l'atto.] (comma 2 abrogato da dall'articolo 22, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97.).
Lo conferma (per il solo D.Lgs. 33/2013 !!!) la FAQ ANAC: https://www.anticorruzione.it/-/obblighi-di-pubblicazione-concernenti-i-provvedimenti-amministrativi-art.-23-d.lgs.-33/2013-
“2. Secondo quale modalità le amministrazioni sono tenute a pubblicare i provvedimenti amministrativi ai sensi dell’art. 23, d.lgs. 33/2013? Le amministrazioni pubblicano gli elenchi dei provvedimenti finali adottati dagli organi di indirizzo politico e dai dirigenti e non i provvedimenti in quanto tali.” -Parole chiave per la ricerca: Trasparenza - provvedimenti finali – elenchi provvedimenti – organi di indirizzo politico – dirigenti. Fonte: art. 23, co. 1, d.lgs. 33/2013.
Invero, il testo dell’istruttoria è quasi sempre parte integrante del provvedimento ed è leggibile perché di fatto reca la cd. motivazione dell’atto che benchè non elemento essenziale del provvedimento ne condiziona la legittimità e quindi incide sulla sua annullabilità, determinandola ove assente (per violazione di legge) o ove perplessa o contraddittoria (per eccesso di potere). Ma il testo dell’istruttoria spesso rinvia ad atti ben precisi : per dirla con le FAQ dell’ANAC sull’abrogato art 23 comma 2 del D.Lgs. 33/2013: “11.4Cosa si intende per “estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento” da pubblicare negli elenchi dei provvedimenti di cui all’art. 23, c. 2, del d.lgs. n. 33/2013? Per “estremi relativi ai principali documenti contenuti nel fascicolo relativo al procedimento” si intendono le indicazioni che rendono il documento identificabile quali, ad esempio, la data, il numero di protocollo, l’ufficio o il soggetto che lo ha formato.”; ecco, anche tali precisi atti endoprocedimentali sono accessibilissimi ai sensi della L. 241/1990 come impone la sopra riportata Gr. amministrativa. Atti che però in Trasparenza non vanno più indicati neppure per estremi nelle ormai abrogate schede informative.
Anche se poi sulla diversa vetrina, pur obbligatoria per legge, dell’ALBO PRETORIO ON LINE le PA devono di fatto (per Gr. CdS: v. infra) pubblicare ex art. 32 comma L. 69/2009 tutti gli atti amministrativi finali che producono “1. A far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati. La pubblicazione è effettuata nel rispetto dei princìpi di eguaglianza e di non discriminazione, applicando i requisiti tecnici di accessibilità di cui all’articolo 11 della legge 9 gennaio 2004, n. 4. ”, incluse tutte le determine dei Dirigenti come insegna (Consiglio di Stato Sez. V del 11.5.2017 ) “A prescindere dalla linearità di una tale ricostruzione dei fatti, la questione va risolta dando corretta applicazione al principio di diritto espresso dal precedente giurisprudenziale citato dall’appellante (Cons. Stato, V, 15 marzo 2006, n. 1370): quest’ultimo, infatti, aveva ad oggetto la possibilità di riconoscere validità legale – ai fini della pubblicità notizia del provvedimento e dunque della decorrenza dei termini di impugnazione anche per i terzi cui non fosse stato notificato – alla pubblicazione sull’albo pretorio comunale di una determinazione dirigenziale, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 124 del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico degli enti locali).
In questi termini si veda anche Cons. Stato, V, 3 febbraio 2015, n. 515, che ribadisce il principio secondo cui, se la necessaria pubblicità dell'azione degli enti locali richiede di applicare ai provvedimenti monocratici le stesse fondamentali regole di pubblicità degli atti degli organi collegiali, ciò non vuol dire che per gli stessi valgano anche le disposizioni che riguardano il conseguimento dell'efficacia dei provvedimenti: per il principio di legalità, infatti, soltanto agli atti emanati dagli organi individuati dall'articolo 134, d.lgs 267 del 2000, si applicano le sue relative disposizioni e non anche agli atti disciplinati dal precedente articolo 124.
Di conseguenza, gli atti degli organi di governo (consiglio e giunta comunali) sono subordinate ai tempi della loro pubblicazione, dato l 'interesse collettivo che rivestono; all'opposto, le determinazioni dirigenziali (costituendo provvedimenti volti a realizzare gli interessi specifici affidati alle cure dell'amministrazione e consistenti in decisioni destinate a generare, modificare distinguere situazioni giuridiche specifiche o quanto meno a negarne la nascita, la modificazione o l'estinzione) devono anch'esse essere pubblicate per soddisfare le esigenze di trasparenza dell'attività amministrativa, ma non vi è alcuna regola legislativa che ne comporti l'inefficacia in pendenza di pubblicazione.”
Insomma, per le determinazioni dei dirigenti, pur non esistendo alcuna norma di legge che ne impone la “pubblicazione ….” con “effetto di pubblicità legale” (v. il TUAL, silente per esse; mentre per le delibere di Giunta e consiglio: parla, eccome in tal senso!) la Gr. Del Consiglio di Stato si sostituisce alla legge e ne impone la pubblicazione (integrale !!!) su Albo Pretorio on line per mera “Trasparenza”: a riprova leggasi su http://www.gazzettaamministrativa.it/servizicu/bancadatigari/viewnews/d2a3142a-3b1e-11e7-980b-5b005dcc639c questo interessante studio dal cui titolo già si evince quanto sopra affermato:
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 11.5.2017
Il Consiglio di Stato nella sentenza depositata in data 11 maggio 2017 ha affermato che occorre dare corretta applicazione al principio di diritto espresso dal precedente giurisprudenziale (Cons. Stato, V, 15 marzo 2006, n. 1370): quest’ultimo, infatti, aveva ad oggetto la possibilità di riconoscere validità legale – ai fini della...