NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ DELLE PP.AA. DURANTE L’EMERGENZA COVID-2019 (1.2.2020/31.12.2020) EX DD.L. 18 E 34 DEL 2020: ATTIVITA’ NON SOSPENDIBILI E ATTIVITA’ INDIFFERIBILI DA RENDERSI IN PRESENZA FISICA.
L’epidemia Covid-2019 insegna: gli Uffici delle PP.AA. non chiudono mai (o quasi).
NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ DELLE PP.AA. DURANTE L’EMERGENZA COVID-2019 (1.2.2020/31.12.2020) EX DD.L. 18 E 34 DEL 2020: ATTIVITA’ NON SOSPENDIBILI E ATTIVITA’ INDIFFERIBILI DA RENDERSI IN PRESENZA FISICA.
L’epidemia Covid-2019 insegna: gli Uffici delle PP.AA. non chiudono mai (o quasi).
21 Maggio 2020
Mentre l’Italia, avviatasi - calendario e DPCM 17.5.2020 alla mano - la cd. fase 2 dal 18/05/2020, prova a ripartire, pare che alcuni amministratori locali, supportati da uomini di vertice di ‘fiducia’ (nominati fiduciariamente ai sensi di legge!) esperti in diritto si presume, stiano dichiarando ai rispettivi cittadini e dipendenti pubblici e ai mass media che gli Enti Locali da loro amministrati ‘riapriranno tutti gli uffici’, dichiarazioni queste seguite in alcuni casi da constatazioni (equiparazioni) del tipo ‘anche i negozi hanno riaperto’, magari citando anche qualche noto marchio di catena di distribuzione commerciale presente nel territorio comunale amministrato.
Probabilmente tali politici ‘locali’ e relativi tecnici di fiducia scambiano e/o interpretano, tutt’ora, il fatto di non aver materialmente più visto dall’8.3.2020 - circa o poco dopo - al lavoro (fisicamente presenti) negli uffici pubblici molti dei propri dipendenti (collocati quasi ope legis in modalità lavorativa/posizione di smart workers a casa propria) come/con una vera e propria CHIUSURA degli uffici pubblici, pacificamente non vera/verosimile e sicuramente illegittima (ove avvenuta veramente), come parimenti è sicuramente illegittima la cd. chiusura totale per ‘ponti’ che qualche Giunta o Sindaco ancora in giro per l’Italia continuano a decretare calendario civile solo permettendolo. Tale CHIUSURA (sospensione integrale della funzionalità interna/esterna = al pubblico) sarebbe/equivarrebbe in entrambi i casi ad integrare il noto reato di “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”: e già, un illecito penale ex art. 340 c.p.[1]. Invero una CHIUSURA VERA-TOTALE degli UFFICI PUBBLICI può avvenire oggettivamente e temporaneamente ‘per forza di cose’ operanti ex se solo in condizioni oggettivamente ostative eccezionali non superabili, quali un terremoto, una alluvione, e anche una grave e pericolosa epidemia certo, che colpiscano anche i palazzi amministrativi rendendoli di fatto inagibili/infrequentabili, unitamente alle relative apparecchiature informatiche fuori uso/inutilizzabili. Ma questo non è stato e-s-a-t-t-a-m-e-n-t-e e p-e-r l-a t-o-t-a-l-i-t-à delle PP.AA. italiane il caso generato del COVID-2019, stando alle fonti normative.
Tali affermazioni di detti politici – di Comuni mai caduti nell’originaria zona (recte zone) rossa ex DL 6/2020, sono significative/sintomatiche di un fraintendimento di fondo e di alcuni d-i-s-t-i-n-g-u-o g-i-u-r-i-d-i-c-i che è bene fare nell’interesse di tutti (Amministratori locali, dipendenti e cittadini-amministrati), oltre che palesanti o una incomprensione o un totale odio (accecante) del c.d. lavoro agile o smart working praticato dai propri (molti) dipendenti, tale da non far loro vedere/percepire i lavoratori che pure lavorano anche se da casa propria. Questioni di cultura, giuridica, amministrativa e gestionale, ahimè non del III millennio.
Invero, all’infuori dei Comuni originariamente ed inizialmente ricaduti nelle c. zone rosse[2] (poi l’Italia è diventata tutta zona rossa!), che hanno visto in alcuni casi chiudere a mezzo anche i propri uffici pubblici in forza dell’art. 1 del DL 6/2020 che tra le varie misure applicabili contemplava la seguente quale misura adottabile “k) chiusura o limitazione dell’attività degli uffici pubblici, degli esercenti attività di pubblica utilità e servizi pubblici essenziali di cui agli articoli 1 e 2 della legge 12 giugno 1990, n. 146, specificamente individuati;”, nessun Comune italiano, nessuna Provincia, nessuna Regione, nessun Ministero, nessun Dirigente pubblico possono aver con provvedimento SOSPESO L’ATTIVITA’ DEGLI UFFICI PUBBLICI di rispettiva competenza: pena l’integrazione, ipso facto, del reato di cui all’art. 340 c.p., che si spera non sia mai stato integrato da nessuno, vigilando i Segretari comunali e Provinciali ex art. 97 TUAL (D.Lgs. 267/2000)!
Quindi oggi, nella fase 2, in tutti i Comuni italiani, cessato da mesi il distinguo tra Comuni in zona rossa e non, dal 18.5.2020 non c’è nessun ufficio pubblico da RIAPRIRE, perché mai alcun ufficio pubblico è stato CHIUSO: se con tali affermazioni vogliono o intendono affermare il contrario, ciò equivale ad una autodenuncia pubblica di aver commesso il reato di “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità” che sarà, si spera, adeguatamente coltivata dal PM penale ed erariale per evidente sussistenza anche di danno all’immagine dell’Ente.
La verità giuridica e storica di quanto sopra affermato in punto di diritto e di fatto (si vuole sperare!) è colta esattamente ed espressamente (a scanso di equivoci), sin dal primo DL 6/2020, anche dal Dipartimento della Funzione Pubblica che nella Direttiva n. 1/2020 del DFP a commento del DL 6/2020 per l’appunto scrive in modo non fraintendibile quanto segue:
“2. Ordinario svolgimento dell'attività amministrativa. - Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo1 , comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 nelle zone non soggette a misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-2019,continuano ad assicurare, in via ordinaria e ciascuna per la propria competenza, la normale apertura degli uffici pubblici e il regolare svolgimento di tutte le proprie attività istituzionali.Le predette amministrazioni, nell'ambito delle proprie competenze, assicurano l'applicazione delle misure oggetto della direttiva alle società a controllo pubblico e agli enti vigilati. La direttiva non riguarda i servizi per le emergenze ed i servizi pubblici essenziali coinvolti nella gestione dell'emergenza epidemiologica in atto.
3. Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. - Ferme restando le misure adottate in base al decreto-legge n.6 del 2020, al fine di contemperare l'interesse alla salute pubblica con quello alla continuità dell'azione amministrativa, le amministrazioni in indirizzo, nell 'esercizio dei poteri datoriali, privilegiano (((così era all’inizio: un INVITO A PRIVILEGIARE!)))) modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, favorendo tra i destinatari delle misure i lavoratori portatori di patologie che li rendono maggiormente esposti al contagio, i lavoratori che si avvalgono di servizi pubblici di trasporto per raggiungere la sede lavorativa, i lavoratori sui quali grava la cura dei figli a seguito dell'eventuale contrazione dei servizi dell'asilo nido e della scuola dell'infanzia. Le amministrazioni sono invitate, altresi, a potenziare (((MERO INVITO A POTENZIARE, ma NB: gran parte delle PP.AA. italiane al 28.8.2018 non hanno ormato e men che meno attivato lo SMART WORKING: indagare per credere!)))) il ricorso al lavoro agile, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro.”
Poi, la medesima verità giuridica e storica viene ribadita sempre dal Dipartimento della Funzione Pubblica che nella Direttiva n. 2/2020 del DFP, che – nonostante il Premier Conte non si sia accorto, continuandolo a richiamarlo sia nel DPCM del 26.4.2020 che del 17.5.2020 – ha sostituito la precedente Direttiva n. 1/2020, adottata non a commento di successivo DL ma perchè “ il quadro normativo, in ragione della persistenza della situazione di emergenza sanitaria, ha visto l’adozione del DPCM 9 marzo 2020 con cui, tra l’altro, è disposta l’estensione all’intero territorio nazionale delle misure di cui all’articolo 1 del DPCM 8 marzo 2020, nonché del DPCM 11 marzo 2020.”, ove sta scritto a chiare note:
“2. Svolgimento dell’attività amministrativa
Le misure adottate per l’intero territorio nazionale sono, fra l’altro, finalizzate (((SOLO))) a ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici e ad evitare il loro spostamento; tuttavia non pregiudicano lo svolgimento dell’attività amministrativa da parte degli uffici pubblici.
Le amministrazioni, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali, svolgono
(((A))) le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza
(((B))) e le attività indifferibili con riferimento sia all’utenza interna (a titolo esemplificativo: pagamento stipendi, attività logistiche necessarie per l’apertura e la funzionalità dei locali) sia all’utenza esterna. (((NB: SI RILEVA COME SONO QUALIFICATI COME UTENTI E DUNQUE COME PUBBLICO LATU SENSU ANCHE GLI ‘UTENTI INTERNI’!!!)))
Le amministrazioni, considerato che - sulla base di quanto rappresentato nel successivo punto 3 - la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa è il lavoro agile, limitano la presenza del personale negli uffici ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensabile per lo svolgimento delle predette attività, adottando forme di rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale da porre a presidio di ciascun ufficio, assicurando prioritariamente la presenza del personale con qualifica dirigenziale in funzione del proprio ruolo di coordinamento.(((RATIO INCOMPRENSIBILE: ERGO DISCRIMINATORIO!)))
Ferma restando la necessità di ridurre la presenza dei dipendenti pubblici negli uffici e di evitare il loro spostamento, per (((C))) le attività che, per la loro natura, non possono essere oggetto di lavoro agile, le amministrazioni, nell’esercizio dei propri poteri datoriali, adottano strumenti alternativi quali, a titolo di esempio, la rotazione del personale, la fruizione degli istituti di congedo, della banca ore o istituti analoghi, nonché delle ferie pregresse nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro.
Le amministrazioni limitano gli spostamenti del personale con incarichi ad interim o a scavalco relativi ad uffici collocati in sedi territoriali differenti, individuando un’unica sede per lo svolgimento delle attività di competenza del medesimo personale.
3. Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa
In considerazione delle misure in materia di lavoro agile previste dai provvedimenti adottati in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, le pubbliche amministrazioni, anche al fine di contemperare l’interesse alla salute pubblica con quello alla continuità dell’azione amministrativa, nell’esercizio dei poteri datoriali assicurano (((NON PIU’ UN MERO INVITO MA E’ UN MERO DPCM !!! SIAMO ANTE DL 18/2020 ART. 87 !!!))) il ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera e) del DPCM 8 marzo 2020.(((= ALTRI MODI/ALTRI ISTITUTI PER TENERE NON FISICAMENTE IN UFFICIO I LAVORATORI PUBBLICI: FERIE PREGRESSE, ETC.)))
Come ricordato nella circolare n.1 del 2020, infatti, l’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 ha disposto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa che permettano, entro tre anni (((SCADENZA 28.8.2018))), ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
La previsione non prevede una soglia massima per il ricorso alle predette modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, per cui l’attuale situazione emergenziale è tale da giustificarne il ricorso come strumento ordinario.(((ASPETTO CHE POI SARA’ SANCITO DAL DL 18/2020 ART. 87)))
In tal senso si ricorda altresì che, per effetto delle modifiche apportate al richiamato articolo 14 della legge n. 124 del 2015 dal recente decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, è superato il regime sperimentale dell’obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con la conseguenza che la misura opera a regime.
Sulla base di quanto evidenziato, a fronte della situazione emergenziale, è necessario un ripensamento da parte delle pubbliche amministrazioni in merito alle attività che possono essere oggetto di lavoro agile, con l’obiettivo prioritario di includere anche attività originariamente escluse.(((SERVE ELENCO ATTIVITA’ LAVORATIVE EVADIBILI IN SMART WORKING: FATTO ???))
Relativamente alle attività individuate, le amministrazioni prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro, fermo restando quanto rappresentato nel precedente paragrafo in merito al personale con qualifica dirigenziale.
Sul punto, come già chiarito nella citata circolare n. 1 del 2020, si ricorda la possibilità di ricorrere alle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa anche nei casi in cui, a fronte dell’indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione, il dipendente si renda disponibile ad utilizzare propri dispositivi, garantendo in ogni caso adeguati livelli di sicurezza e protezione della rete secondo le esigenze e le modalità definite dalle singole pubbliche amministrazioni.”.
Ebbene, certe affermazioni di taluni amministratori locali in apertura di articolo ricordate non solo evidenziano la non lettura, conoscenza e comprensione delle succitate due Direttive del DFP (la n. 1 e la n. 2 del DFP) da parte degli stessi ma non rassicurano neppure in ordine alla conoscenza dell’evoluzione normativa che in materia c’è stata a seguito dell’art. 87 del DL 18/2020 già convertito in legge e del successivo DL Rilancia Italia del n. 34/2020 adottato in CDM il 13.5.2020 come da Comunicati di Palazzo Chigi poi in Guff. n. 128 il 19.05.2020, dal cui combinato disposto si evincono queste DUE REGOLE OBBLIGATORIE in punto di diritto:
1) ‘SINO A CHE PERDURA LO STATO EMERGENZIALE’ IL LAVORO AGILE E’ UNA MODALITA’ ORDINARIA A PREVALENTE DI LAVORO NEL PUBBLICO IMPIEGO E CIO’ EX ART. 87 COMMI 1-3 DL 18/2020 CONVERTITO, discliplinanti tale NUOVA ‘REGOLA LAVORATIVA’ OBBLIGATORIA (NON DISCUTIBILE, OVE PRATICABILE, NE’ DAL DIRIGENTE-DATORE DI LAVORO NE’ DAL SUBORDINATO DIPENDENTE-LAVORATORE PUBBLICO) E CORRELATE IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVO/GESTIONALI dei rapporti di lavoro resi ‘in presenza fisica’:
“1.(….). Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, c-o-n-s-e-g-u-e-n-t-e-m-e-n-t-e (((D-E-V-O-N-O))):
a) limitano (((LIMITARE))...