PER I DIPENDENTI REGIONALI E DEGLI ENTI LOCALI VALE LA REGOLA DELL’OBBLIGO DI PERMANENZA QUINQUENNALE NELLA ‘SEDE DI PRIMA DESTINAZIONE’ RISPETTO ALLE PROCEDURE DI MOBILITA’ E QUALI ESATTAMENTE? a cura di Riccardo Lasca
Una interpretazione ‘novativa’ della Corte dei Conti Sez. Controllo della Lombardia? Il punto...
PER I DIPENDENTI REGIONALI E DEGLI ENTI LOCALI VALE LA REGOLA DELL’OBBLIGO DI PERMANENZA QUINQUENNALE NELLA ‘SEDE DI PRIMA DESTINAZIONE’ RISPETTO ALLE PROCEDURE DI MOBILITA’ E QUALI ESATTAMENTE? a cura di Riccardo Lasca
Una interpretazione ‘novativa’ della Corte dei Conti Sez. Controllo della Lombardia? Il punto ante e post 30.3.2019 alla luce del DL 4/2019.
10 Febbraio 2020
Sommario:
01 – Inquadramento generale della questione o meglio delle varie questioni sulla regola dell’obbligo della permanenza quinquennale nella sede di prima assegnazione dei vincitori di concorso.
02 – Disamina di un caso particolare affrontato dalla Corte dei Conti Lombardia Sez. Controllo (di legittimità in via preventiva): i conti non tornano in punto di diritto e conclusioni ante DL 4/2019 (sino 29.3.2019).
03 – Il punto dal 30.3.2019 post DL 4/2019 convertito in Legge.
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01 – Inquadramento generale della questione o meglio delle varie questioni sulla regola dell’obbligo della permanenza quinquennale nella sede di prima assegnazione dei vncitori di concorso.
Curiosamente sul sito dell’ARAN ed esattamente al seguente percorso di approfondimento sul Comparto FUNZIONI LOCALI pro Dirigenti https://www.aranagenzia.it/orientamenti-applicativi/aree-dirgenziali/area-ii-regioni-ed-autonomie-locali/6148-area-ii-mobilita.html non trovasi ad oggi alcun quesito in ordine all’applicabilità del cd OBBLIGO DI PERMANENZA QUINQUENNALE NELLA SEDE LAVORATIVA DI PRIMA PRESA SERVIZIO QUALE VINCITORE DI CONCORSO.
L’istituto nella sua genericità è noto: è esattamente quello dettato dal disposto (INDEROGABILE: v. art. 2 commi 2 e 3bis D.Lgs. 165/2001!) dell’art. 35 comma 5bis del D.Lgs. 165/2001 e riguarda i VINCITORI DEI CONCORSI INDETTI DA PP.AA., ma quali esattamente e per quali dipendenti, questo devesi chiarire?
Eccolo: “5-bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi (comma inserito dall'articolo 1, comma 230 della legge 23 dicembre 2005, n. 266)”.
Ora si sa che il D.Lgs. 165/2001 si applica in primis (= sicuramente e direttamente) alle PP.AA. centrali (quelle cd. STATALI) ed anche alle PP.AA. non statali quali gli Enti Locali o le Regioni ed esattamente quanto contenuto nell’art. 35 (I principi? Inclusa la regola del comma 5bis? Perché no?) quid iuris? Sono autonomi nel normale il tempo minimo di permanenza nella ‘sede’ di prima presa servizio dei vincitori di concorso?
Presso gli Enti Locali (NB: le Regioni, le CCIA etc. non sono ‘enti locali’ in senso stretto e tecnico!!!) devesi rispettare l’ultimo comma di detto art. 35 bis del TUPI che recita “7. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei principi fissati dai commi precedenti.” ed a ben vedere la problematica di cui al titolo del presente scritto ha poco a che fare con gli ambiti delle “le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali”! Qui siamo post fase pubblicistica: siamo nella fase di gestione del rapporto di lavoro.
Nelle Regioni poi quella che negli EE.LL. è una mera delibera Regolamentare di Giunta - l’unica di competenza della Giunta ex art. 48 ult. Comma del D.Lgs. 267/2000! - è sempre ed unicamente una Legge Regionale (= esercizio del POTERE LEGISLATIVO: per la Regione Marche vedasi ad es. la LR 20/2001 e ss.mm.ii., dove però ad esempio manca qualunque termine/verbo con la radice ‘perman’ o la parola ‘sede’ o termini con la radice ‘vincitor’, ‘destinazion’! Mentre il termine ASSEGNAZIONE c’è ma per esprimere una regola esattamente opposta seppur operante INTRA e non EXTRA PA: l’art. 31 che recita: “Art. 31 (Mobilità [INTERNA] dei dirigenti) 1. Ai fini della migliore funzionalità della struttura organizzativa e dell'ottimale utilizzazione delle risorse, l'assegnazione degli incarichi dirigenziali è informata al principio della rotazione. 2. I dirigenti non possono dirigere la stessa struttura organizzativa per un periodo superiore a dieci anni; eventuali eccezioni devono essere specificatamente motivate.”: quindi nel complesso la questione di cui al titolo in esame non viene normata espressamente).
Ora, mentre per gli EE.LL. l’applicazione diretta del citato comma 5bis dell’art. 35 del Tupi deriva/discende dalla previsione di rinvio del TUAL-D.Lgs. 267/2000 stesso (v. art.88, sostituendo il riferimento al D.Lgs. 29/1993 con D.Lgs. 165/2001 ovviamnete: chissà quando verrà aggiornato il tetso dell’art. 88 cit.???) secondo cui “Art. 88 1. All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonchè quelle contenute nel presente testo unico.” e la materia in questione attiene pacificamente ‘all’ordinamento….del personale’, quid iuris per i dipendenti tutti (inclusi i Dirigenti?) delle Regioni?
Per tali ultimi dipendenti pubblici devesi cercare all’interno della specifica LR di riferimento e presso la Regione Marche ad esempio trovasi nella LR 20/2001 l’art. 35 che recita “Art. 35 (Disciplina del rapporto di lavoro) 1. Il rapporto di lavoro del dipendente dell'amministrazione regionale è disciplinato per quanto non previsto dalla presente legge e dalle altre norme regionali in materia, ai sensi dell'articolo 2, commi 2 e 3, del d.lgs. 165/2001. 2. Il trattamento economico fondamentale e accessorio del personale regionale è definito dai contratti collettivi.” e ciò non a caso in quanto l’art. 1 co. 1 della medesima LR recita “Art. 1 (Finalità) 1. La presente legge riordina la normativa regionale in materia di organizzazione e personale, in attuazione dei principi contenuti nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”.
Ed il comma 2 (basta il co. 2) del richiamato art. 2 del TUPI recita: “2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano o che abbiano introdotto discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva ai sensi dell'articolo 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti dal presente decreto, da successivi contratti o accordi collettivi nazionali e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili. ” ed il comma 3bis di tale art. 2 recita (tanto per ricordarlo) “3-bis. Nel caso di nullita' delle disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla contrattazione collettiva, si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile” ma anche gli atti amministrativi gestionali unilaterali (ammesso e non concesso che li si possa considerare atti amministrativi e non atti civilistici = privati) non possono andare contro norme di legge che dispongono l’opposto!
Esaminando detto comma 5bis dell’art. 35 del TUPI stando all’utilizzo della locuzione ‘nella sede di prima destinazione’ par di capire che essa è disposizione applicabile a quelle PA-non monosede in termini geografico-amministrativi (v. territorio Comunale come territorio minimo di classificazione) e quindi destinata a quelle PP.AA. aventi - come i Ministeri - sedi di lavoro plurime in più Comuni, Province, Regioni. La ratio è evidente: impedire, per ovvie esigenze organizzativo-gestionali delle varie sedi, una immediata mobilità del neoassunto e si sa bene in punto di diritto e di fatto come la vicenda eventuale della mobilità (cessione del contratto: a mezzo negozio trilaterale esattamente!) cada dopo la fase pubblicistica del reclutamento a mezzo concorso (o magrai altra previa mobilità pregressa in entrata) e dunque attiene pacificamente alla cd. gestione del rapporto di lavoro di cui si occupa l’art. 63 del TUPI per attribuirne la competenza giurisdizionale delle controversie al Giudice Ordinario in funzione di Giudice del Lavoro....pubblico privatizzato!18
Ora, viene da chiedersi: come si concilia il disposto imperativo di cui al cit. comma 5 bis in esame con:
a) la possibilità che un dipendente neoassunto voglia infra quinquennio dalla prima assunzione partecipare a procedura di mobilità interna in altra sede della stessa PA datoriale (o addirittura esterna presso altra PA italiana?): cioè, può partecipare alla mobilità interna, ne ha titolo o deve essere escluso sino a che non matura il quinquennio di cui al cit. comma 5bis? E se vale anche per la mobilità esterna: può essergli rilasciato il nulla osta (l’assenso) di cui all’art. 30 del TUPI per l’appunto pro attuazione mobilità esterna (cessione del contratto)? E per dirla tutta per i Dirigenti del Comparto Locale devesi aggiungere: la regola (eccezione) di cui all’art. 16 del CCNL del 23 dicembre 1999 il quale prevede[1] che “Qualora il dirigente presenti domanda di trasferimento ad altra amministrazione del Comparto che vi abbia dato assenso, il nulla osta dell’amministrazione di appartenenza è sostituito dal preavviso di 4 mesi” infra quinquennio in esame è congelata?
b) ed in particolare per i dipendenti dirigenti, tutti, di qualunque PA italiana, la regola di cui al cit. comma 5bis in esame come si concilia o è ostativa alla partecipazione del Dirigente neoassunto (infra quinquennio) alla procedura di cui all’art. 19 comma 1 del D.Lgs. 165/2001 che ogni PA deve attivare ed espletare prima di conferire un nuovo incarico dirigenziale (incardinamento) ad un proprio dirigente di ruolo? Può essere ammesso alla procedura ‘comparativa’ infra quinquennio? Invero tale disposizione, per gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, stabilisce, quale regola generale, che “l’amministrazione rende conoscibili…il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta, acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta”. Il comma 2 dello stesso articolo 19, dopo aver indicato la relativa durata minima (3 anni) e massima (5 anni), precisa, inter alia, che “gli incarichi sono rinnovabili”. Obiettivamente, come afferma CdC Sez. Controllo della Lombardia in delib. 426/2019 “la tale normativa va coordinata anche con la legge n. 190/2012, relativa alla prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, specie per quanto concerne la c.d. “rotazione” degli incarichi. Il Legislatore, difatti, con tale disciplina, ha chiaramente manifestato un notevole disfavore nei confronti della prolungata permanenza dei dirigenti pubblici negli incarichi conferiti (articolo 1, comma 4, lett. e), articolo 1, comma 5, lett. b). Va osservato che, in materia di assegnazione degli incarichi dirigenziali, le procedure di valutazione comparativa imposte dalla legge rispondono, oltre che ad un interesse dei singoli candidati, anche a quello di assicurare la trasparenza e la neutralità nella assegnazione delle funzioni.”. Lo stesso dicasi e si consideri anche per i dipendenti non Dirigenti ma magari Funzionari apicali responsabili di procedimento rispetto all’esigenza della rotazione ex L. 190/2012 e PNA;
c) e allora proseguendo dalla fine delle riflessioni del punto b): il mutamento di sede infra quinquennio può avvenire in deroga al cit. comma 5bis per l’applicazione della rotazione degli incarichi ex L. 190/2012 sia dirigenziali che quale responsabile del procedimento/rup?
02 – Disamina di un caso particolare affrontato dalla Corte dei Conti Lombardia Sez. Controllo (di legittimità in via preventiva): i conti non tornano in punto di diritto e conclusioni ante DL 4/2019 (sino 29.3.2019).
Le questioni di cui sopra nell’anno 2019 sono state affrontate dalla CdC Sez. Controllo della Lombardia la quale così conclude in punto di diritto con la deliberazione n. 426/2019/PREV emessa in sede di controllo preventivo di legittimità su di un atto della Prefettura di Pavia, per quanto qui interessa:
“Dalla successiva documentazione prodotta (((dalla Prefettura di Pavia relativamente ad una vicenda gestionale afferente un proprio Dirigente neoassunto prorogato nel 1 incarico presso la prima sede di servizio per altri due anni dopo i primi tre di primo servizio))) in atti (nota prot. Cdc n. 24688 del 15/11/2019), l’Amministrazione chiarisce che il riferimento era non alla mobilità, ex articolo 30 del d.lgs. n. 165/2001, ma alla mobilità interna, facendo presente, in particolare, che “il predetto dirigente, anteriormente al 30 settembre 2019, non avrebbe potuto partecipare ad alcuna procedura di mobilità interna, in quanto soggetto al vincolo di permanenza quinquennale previsto dall'art. 35, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i.”.
Sul punto, la Sezione osserva che la previsione di cui al comma 5bis dell’articolo 35 del d.lgs. n. 165/2001, secondo cui “I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi” non pare applicabile ai dirigenti, per i quali la durata dell’incarico è disciplinata dall’articolo 19 del d.lgs. n. 165/2001, a prescindere dal fatto che trattasi di primo o di successivo incarico.
A ciò si aggiunga che estendere la previsione di cui all’articolo 35, comma 5bis, del d.lgs. n. 165/2001 al personale dirigenziale significherebbe, di fatto, svilire la portata della disciplina dell’articolo 19 del d.lgs. n. 165/2001, laddove prevede che la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni e che, in caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata dell'incarico è pari a tre anni.
In definitiva, posto che la durata degli incarichi dirigenziali ha dei precisi limiti minimi e massimi espressamente previsti dalla legge, si evidenzia come la stessa vada correlata agli obiettivi che il dirigente deve raggiungere.
Peraltro, in caso di conferimento di primo incarico, la durata è pari a tre anni e, pertanto, ove si ritenesse di estendere la previsione dell’articolo 35, comma 5bis al d.lgs. n. 165/2001 al personale dirigenziale, ciò comporterebbe la previsione di un automatico rinnovo almeno biennale, contrastante con l’intera disciplina giuridica degli incarichi dirigenziali, prevista sia dal d.lgs. n. 165/2001 sia dalla contrattazione collettiva.
Del resto, anche in chiave sistematica, l’articolo 35 prevede la disciplina del “reclutamento del personale” che, per il personale dirigenziale, è espressamente prevista dagli articoli 28, 28bis e 29 del d.lgs. n. 165/2001.
In disparte, dunque, la considerazione per cui un dirigente, in linea generale, può partecipare alle procedure concorsuali per incarichi che risultino vacanti senza applicazione del vincolo previsto dall’articolo 35, comma 5bis, del d.lgs. n. 165/2001, il Collegio sottolinea che la procedura selettiva andrebbe esperita a prescindere dalla possibilità di partecipazione da parte del dirigente che ricopre l’incarico in scadenza. La finalità di tali procedure, difatti, è quella di individuare la persona che meglio può raggiungere gli obiettivi correlati all’incarico, garantendo efficacia ed efficienza all’azione amministrativa.”
A parere di chi scrive è di tutta evidenza come:
a) la norma-regola in esame abbia una portata generale ed in quanto tale non sono ammesse eccezioni soggettive, neppure per via di interpretazione sistematica, INSOMMA VALE INDISTINTAMENTE PER TUTTI I TIPI DI DIPENDENTI: in particolare si rileva come le deroga di cui alla citata delibera della CdC lombarda non trova alcun riscontro negli atti dell’iter parlamentare della poi L. 266/2005 art. 1 comma 230 (“All’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 5, e` inserito il seguente: «5-bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi».) ed esattamente nella Nota di lettura 165/Senato al DDL AS3613(avvio iter) sta...