TUTELA GIURISDIZIONALE IN MATERIA DI ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO: DAL ‘NESSUN DORMA’ DEL CONSIGLIO DI STATO AL ‘C’E’ TEMPO 1 ANNO’ DEI TAR. SARA’ IL CASO CHE IL PARLAMENTO SI PRONUNCI CHIARENDO ?
accesso civico generalizzato
TUTELA GIURISDIZIONALE IN MATERIA DI ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO: DAL ‘NESSUN DORMA’ DEL CONSIGLIO DI STATO AL ‘C’E’ TEMPO 1 ANNO’ DEI TAR. SARA’ IL CASO CHE IL PARLAMENTO SI PRONUNCI CHIARENDO ?
Con l’accesso civico generalizzato si introduce il diritto della persona a ricercare informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati pubblici e le decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l’istituto intendere perseguire.
08 Ottobre 2019
La recentissima sentenza n. 4418/2019 del Tar della Campania è una autentica sentenza ‘scolastica’ in materia di accesso civico generalizzato (quello ex art. 5 comma 2 D.Lgs. 33/2013) che deve essere letta, studiata e necessariamente esposta almeno in due puntate.
In questa prima ‘puntata’ espositiva, tralasciando il FATTO STORICO su cui cade il ricorso al TAR si esaminano le ivi affermate:
a) caratteristiche generali e fondamenti dell’accesso civico generalizzato secondo gli illuminanti passaggi illustrativo-motivazionali preventivi del TAR campano determinanti anche un certo tenore del ricorso quanto alle norme violate dalla condotta della PA;
b) esatta qualificazione sostanziale e poi sotto il profilo processuale amministrativo dell’inerzia della PA che in questo caso rispondendo solo parzialmente a quanto è stato chiesto di fatto su parte dell’istanza di accesso tace, non provvede: letteramente il ricorso è per “l’annullamento del silenzio mantenuto sull’istanza..”
A) Caratteristiche generali e fondamenti dell’accesso civico generalizzato.
Illuminanti e tutti da trascrivere e ricordare le seguenti osservazioni e conclusioni operative cui perviene il TAR campano, tra ((( ))) come di consueto le chiose dello scrivente unitamente a neretti e capoversature evidenzianti:
“Prima di passare ad esaminare il merito del ricorso, incluso le questioni processuali che lo stesso pone, giova preliminarmente ricordare il valore della trasparenza nel sistema ordinamentale italiano a partire dai principi costituzionali, profilo che fonda l’accoglimento del presente ricorso.
(…)
L’ampio diritto all’informazione e alla trasparenza dell’attività delle amministrazioni di cui al decreto 33/2013 resta temperato solo dalla necessità di garantire le esigenze di riservatezza, di segretezza e di tutela di determinati interessi pubblici e privati (come elencati nell’art. 5-bis del d. lgs. 33/2013) che diventano l’eccezione, alla stregua degli ordinamenti caratterizzati dal modello FOIA (Freedom of Information Act, la legge sulla libertà di informazione adottata negli Stati Uniti il 4 luglio 1966).
Il nuovo accesso civico (((ex art. 5 comma 2)))) , quale strumento di trasparenza amministrativa e che attiene alla cura dei beni comuni a fini d’interesse generale, si affianca
alle forme di pubblicazione on line del 2013 ((((su cui si ha accesso civico semplice ex art 5 comma 1))) e all’accesso agli atti amministrativi di cui alla legge 241/1990,
consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispirato (e che lo differenzia dall’accesso qualificato previsto dalla legge generale sul procedimento amministrativo), l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli e associati, in guisa da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546).
Con l’accesso civico generalizzato si introduce il diritto della persona a ricercare informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati pubblici e le decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo “democratico” che l’istituto intendere perseguire.
Le informazioni, i dati e i documenti si configurano, quindi, come il “bene della vita” cui il cittadino aspira, al fine di soddisfare il proprio diritto a conoscere e partecipare.
Nella Costituzione non si rinviene alcun riferimento diretto al principio della trasparenza amministrativa né vi è alcuna espressa disposizione che assicuri il diritto a conoscere del cittadino ovvero il suo diritto all’informazione amministrativa.
Nonostante la mancanza di agganci costituzionali espliciti, tale diritto trova il suo riconoscimento nel combinato disposto degli articoli 2, 3, 21 e 97 della Cost.: correttamente, quindi, la ricorrente va valere in ricorso anche la violazione del dettato costituzionale.
Il Consiglio di Stato, nell’ambito del parere reso sul citato d.lgs. 97/2016, ha messo in evidenza che «La trasparenza si pone, allora, non solo come forma di prevenzione dei fenomeni corruttivi, ma come strumento ordinario e primario di riavvicinamento del cittadino alla pubblica amministrazione, destinata sempre più ad assumere i contorni di una ‘casa di vetro’, nell’ambito di una visione più ampia dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 2 della Costituzione, che non può prescindere dalla partecipazione ai pubblici poteri. In sostanza, la trasparenza viene a configurarsi, ad un tempo, come un mezzo per porre in essere una azione amministrativa più efficace e conforme ai canoni costituzionali e come un obiettivo a cui tendere, direttamente legato al valore democratico della funzione amministrativa» (Cons. Stato parere n. 515/2016).
Il diritto a conoscere l’attività amministrativa, e quindi il diritto di informarsi e di essere informati quale esplicazione del principio di trasparenza che caratterizza ogni regime democratico, può certamente essere riguardato come un nuovo diritto individuale e sociale riconducibile all’evoluzione del significato che hanno assunto nel tempo le richiamate disposizioni costituzionali.
Il diritto a conoscere l’agere pubblico (((ma agli atti amministrativi si deve fermare !!!))), attraverso una lettura costituzionalmente orientata, contribuisce all’evoluzione dell’individuo nella sua dimensione umana e sociale, il che consente il pieno svolgimento della propria personalità.
Il diritto di informarsi e di essere informati è alla base della formazione dell’opinione pubblica e di ogni sistema democratico: se si vuole effettivamente garantire la partecipazione pubblica del cittadino, non si può prescindere dalla conoscenza e dalla libertà di accedere alle informazioni pubbliche. La conoscenza delle informazioni amministrative consente, in conclusione, la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese.
Va ricordato in questa sede che la finalità perseguita dal legislatore, con riferimento alla trasparenza amministrativa, è quella di «promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche» (cfr. art. 1, co. 1, d.lg. 33/2013) e, più in particolare, con riguardo all’accesso generalizzo, quella di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, co. 2. d.lg. 33/2013);
le dette finalità rappresentano gli obiettivi che la legge vuole perseguire, essendo l’accesso civico generalizzato solo uno degli strumenti volti a realizzare un ordinamento democratico, a consentire la partecipazione dei cittadini alla vita politico-amministrativa, a comprendere le scelte effettuate dalle amministrazioni, a promuovere il libero formarsi dell’opinione pubblica.
Naturalmente queste finalità non possono trasformarsi in limiti “impliciti” (((ovvero))): l’amministrazione non potrà negare un accesso generalizzato ritenendo che la conoscenza dei documenti richiesti non sia utile alle finalità della legge
ovvero
che l’ostensione richiesta “non risulti finalizzata al controllo diffuso”;
così interpretando il dato normativo si corre, infatti, il rischio di introdurre limiti alla libertà di informazione non previsti espressamente dal legislatore.
Il controllo diffuso di cui parla la legge, infatti, non è da riferirsi alla singola domanda di accesso ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico.
Se i dati e i documenti richiesti sono inerenti a scelte amministrative, all’esercizio di funzioni istituzionali, all’organizzazione e alla spesa pubblica, questi potranno essere considerati di “interesse pubblico” e quindi conoscibili, a meno che non si rinvengano concomitanti interessi pubblici e privati prevalenti da salvaguardare.
In definitiva, l’accesso generalizzato deve essere riguardato come estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, i cui relativi limiti debbono essere considerati di stretta interpretazione e saranno solo quelli espressamente previsti dal legislatore.
(…)
La disciplina dell’accesso civico generalizzato, avendo l’istituto ambiti di applicazione molto estesi in quanto riferito ai dati, alle informazioni e ai documenti inerenti all’attività e all’organizzazione delle amministrazioni, non poteva non prevedere, quindi, anche una serie di limiti cui lo stesso è sottoposto, in ragione degli interessi pubblici e privati che devono essere necessariamente salvaguardati; e ciò alla stregua di quanto si rinviene anche nell’ambito della disciplina sull’accesso ai documenti (art. 24, legge 241/1990) e nel decreto sulla trasparenza (d. lg. 33/2013) in merito agli obblighi di pubblicazione (art. 7 bis, d.lg. 33/2013).
L’art. 5-bis co. 1, individua i limiti da applicare alle richieste di accesso civico generalizzato, prevedendo che detto accesso deve essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di uno dei seguenti interessi pubblici, allorquando cioè il diritto a conoscere possa pregiudicare la sicurezza...