LA CASSAZIONE SUL TRATTAMENTO ECONOMICO DEGLI AVVOCATI DIPENDENTI DELLE PA
incarichi di elevata qualificazione
LA CASSAZIONE SUL TRATTAMENTO ECONOMICO DEGLI AVVOCATI DIPENDENTI DELLE PA
a cura di Arturo Bianco
19 Maggio 2025
Agli avvocati dipendenti dell’ente non deve essere automaticamente assegnato l’incarico di elevata qualificazione; spetta agli enti determinare i compensi da erogare per i contenziosi conclusi con successo e compensazione delle spese; le erogazioni effettuate in ritardo agli avvocati non determinano automaticamente l’applicazione della tassazione separata.
Per la Corte di Cassazione non è obbligatorio per le amministrazioni conferire incarichi di elevata qualificazione ai propri avvocati. Ed ancora appartiene all’autonomia dei singoli enti decidere quali compensi devono essere erogati ai propri dipendenti o dirigenti avvocati nel caso di successo nel contenzioso con compensazione delle spese. Ed infine, non devono automaticamente essere assoggettati a tassazione separata i compensi erogati tardivamente agli avvocati dipendenti. Sono questi i principi dettati dalle recenti sentenze della Corte di Cassazione, sezione lavoro, sul trattamento economico degli avvocati dipendenti di PA.
GLI INCARICHI DI ELEVATA QUALIFICAZIONE AGLI AVVOCATI
Non vi è alcun automatismo per cui agli avvocati dipendenti dell’ente debba essere attribuito l’incarico di elevata qualificazione e che agli stessi si devono applicare le regole dettate per tutti i dipendenti pubblici. E’ quanto ha stabilito la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 8685. Leggiamo che “in tema di pubblico impiego privatizzato, il principio di pari trattamento di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 vieta, come noto, trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva; in particolare, l’atto con cui venga attribuito a un dipendente un trattamento economico non conforme alle previsioni di legge o del contratto collettivo è nullo ed obbliga la P.A. all’azione di recupero di quanto indebitamente corrisposto; questo orientamento, peraltro, è consolidato presso la giurisprudenza di legittimità ed è stato in particolare ribadito, con affermazione di principio che qui può trovare piana applicazione, in casi nei quali si trattava del compenso spettante ai dipendenti-avvocati degli enti del comparto sanità .. né vale addurre che le regole del rapporto di pubblico impiego dovrebbero uniformarsi alla disciplina speciale dell’ordinamento della professione di avvocato degli enti locali, dovendosi tenere conto, infatti, che la ricorrente, ancorché avvocato, è un pubblico impiegato, con l’effetto che il suo rapporto con l’ente di appartenenza è inderogabilmente regolato dalla normativa sul pubblico impiego e dalla relativa contrattazione collettiva; infatti, la corresponsione dell'indennità speciale di P.O. (art. 40 comma 3 reg. cit.) presuppone, a monte, ai sensi degli artt. 2 e 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell'art. 10 CCNL 22 gennaio 2004 (che rinvia al CCNL 1 marzo 1999), l'accordo con le organizzazioni sindacali in ordine ai criteri d'individuazione delle specifiche posizioni organizzative, al loro numero massimo e alla ripartizione tra le strutture regionali con le corrispondenti posizioni retributive, ossia su tutti quegli adempimenti espressamente previsti dal regolamento regionale, da leggersi nella cornice più ampia della disciplina di legge e collettiva di riferimento; il pagamento dell'indennità esige, dunque, la preventiva osservanza della contrattazione collettiva, anche (e se del caso) integrativa, e la quantificazione del quantum debeatur, ossia l'individuazione delle somme concretamente spettanti a ciascun interessato, che, nella specie, non sono mai state singolarmente definite e individuate nel dettaglio in relazione alle specifiche posizioni lavorative rivestite da ciascun avvocato; opinando diversamente, e stante anche il disallineamento che si realizzerebbe rispetto all’assetto comune dell’impiego pubblico privatizzato, si dovrebbe sospettare la normativa regionale nel suo complesso di violazione dell’art. 117, comma 2 lett. l) della Costituzione per essere intervenuta, come non le è concesso, nella materia..."