LE NUOVE REGOLE SULLE PROGRESSIONI VERTICALI
ricorso a procedure selettive che non devono necessariamente essere concorsuali
LE NUOVE REGOLE SULLE PROGRESSIONI VERTICALI
a cura di Arturo Bianco
14 Settembre 2021
Le progressioni verticali tornano ad essere uno strumento permanente, possono essere effettuate nel tetto del 50% dei posti che l’ente intende coprire e si può fare ricorso a procedure selettive che non devono necessariamente essere concorsuali.
Una delle novità di maggiore rilievo del d.l. n. 80/2021 è costituito dall’ampliamento della possibilità di ricorso alle progressioni verticali, che tornano ad essere dopo il superamento disposto dal d.lgs. n. 150/2009, una modalità ordinaria di selezione: ricordiamo che il d.lgs. n. 75/2017 le ha previste per un arco temporale limitato. La stessa disposizione delega ai contratti collettivi nazionali di lavoro la possibilità nella fase di prima applicazione della revisione dell’ordinamento professionale, di loro effettuazione anche senza il possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno. Queste disposizioni sono contenute nel primo comma dell’articolo 3, per come convertito dalla legge n. 113/2021, e sono dettate come modifica dell’articolo 52 del d.lgs. n. 165/2001.
LA PREVISIONE
Le progressioni tra le aree, cd verticali, possono essere attivate nel tetto massimo del “50% delle posizioni disponibili destinate all’accesso dall’esterno”. Per gli enti locali (e non anche per le altre amministrazioni del comparto) viene stabilito che ci si debba riferire alle qualifiche diverse, formulazione che sembra riferirsi alle categorie. La formulazione prende il posto del 50% dei posti messi a concorso, per le progressioni di carriera. Ricordiamo, disposizione non abrogata, che è prevista dal d.lgs n. 75/2017 e dalle successive modifiche, fino a tutto il 2022, la possibilità di progressione fino al 30% dei posti previsti “nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria”, per le cd progressioni verticali o concorsi riservati agli interni.
Si dispone la utilizzazione del fattore valutazione positiva per almeno un triennio, dal che sembra doversi trarre la conclusione che comunque l’anzianità almeno triennale è necessaria, ma su questo punto è necessario un chiarimento, visto che il testo della legge di conversione dispone espressamente che si debba fare riferimento agli “ultimi tre anni in servizio”. Si richiede inoltre l’assenza di provvedimenti disciplinari: si deve al riguardo sottolineare che mancano specificazioni sia sui provvedimenti disciplinari ostativi alla progressione verticale, sia una limitazione temporale degli stessi (al riguardo si ricorda che ai fini della definizione della misura delle sanzioni disciplinari si deve fare riferimento solamente a quelle che sono state irrogate nel biennio precedente).
Si prevede che, nella revisione degli ordinamenti professionali, i CCNL del triennio 2019/2021 “possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza per almeno 5 anni...