Corte Costituzionale Sentenza n. 159 del 25/6/2019 Pubblico impiego – lavoratrice in pensione per anzianità – trattamento di fine rapporto – dilazione e rateizzazione per lavoratori che non hanno raggiunto i limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza – legittimità delle norme impugnate
Corte Costituzionale Sentenza n. 159 del 25/6/2019
Corte Costituzionale Sentenza n. 159 del 25/6/2019 Pubblico impiego – lavoratrice in pensione per anzianità – trattamento di fine rapporto – dilazione e rateizzazione per lavoratori che non hanno raggiunto i limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza – legittimità delle norme impugnate
10 Luglio 2019
Il Tribunale di Roma - in funzione di giudice del lavoro – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 comma 2 del D.L. n. 79/1997 (Legge n. 140/1997) “Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica”, e dell’art. 12 comma 7 del D.L. n. 78/2010 (Legge 122/2010) “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” nella parte in cui dispongono il pagamento differito e rateale del trattamento di fine servizio spettante ai dipendenti pubblici. Per prima cosa i giudici delimitano l’ambito della domanda, circoscrivendolo a quella che è la situazione della lavoratrice che ha fatto ricorso al tribunale: la ricorrente infatti è una lavoratrice in pensione per anzianità ed è pertanto sottoposta al differimento di 24 mesi per quanto riguarda l’erogazione della sua pensione - ai sensi dell’art. 3 comma 2 del D.L. n. 79/1997 - e al pagamento rateale della stessa - previsto dall’art. 12 comma 7 del D.L. 78/2010 - (successivamente modificato dalla legge di stabilità per il 2014). Essa pertanto non beneficia dell’applicazione del più favorevole termine annuale che il legislatore sancisce per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio nelle diverse ipotesi di: cessazione dal servizio per raggiungimento di limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d’ufficio a causa del raggiungimento dell’anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell’amministrazione. La Corte sottolinea che il termine di 24 mesi per l’erogazione di fine rapporto, nelle ipotesi diverse dal raggiungimento dei limiti di età o di servizio, si ripromette di scoraggiare le cessazioni dal rapporto di lavoro in un momento antecedente il raggiungimento dei limiti di età o di servizio, collocandosi in una congiuntura di grave emergenza economica e finanziaria. Il trattamento più rigoroso pertanto, dicono i giudici delle leggi, si correla alla particolarità di un rapporto di lavoro che, per le ragioni più disparate, peraltro in prevalenza riconducibili ad una scelta volontaria dell’interessato, cessa anche con apprezzabile anticipo rispetto al raggiungimento dei limiti di età o di servizio. Pertanto, conclude la Corte: “L’assetto delineato dal legislatore non solo è fondato su un presupposto non arbitrario, ma è anche temperato da talune deroghe per situazioni meritevoli di particolare tutela, come la «cessazione dal servizio per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonché per decesso del dipendente», che impone all’amministrazione competente, entro quindici giorni dalla cessazione dal servizio, di trasmettere la documentazione competente all’ente previdenziale, obbligato a corrispondere il trattamento «nei tre mesi successivi alla ricezione della...