Imposta di soggiorno e destinazione delle risorse in ambito turistico
art. 4, comma 1, D. Lgs. 23/2011
Imposta di soggiorno e destinazione delle risorse in ambito turistico
Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 52/2023
09 Marzo 2023
Con l’istanza di parere in epigrafe, il comune di Cassola (VI), chiede se sia possibile: 1) utilizzare i proventi derivanti dall’imposta di soggiorno, per il finanziamento di spese direttamente ascrivibili alla materia del turismo, ma anche per interventi di carattere più generico, che l’ente sostiene per la manutenzione del patrimonio dei beni culturali, manutenzione strade comunali, segnaletica stradale, interventi di tutela ambientale, interventi di realizzazione e manutenzione di parchi e giardini oltre che per l’acquisto di arredi urbani; 2) utilizzare i proventi derivanti dall’imposta di soggiorno, per il sostegno economico di iniziative organizzate direttamente o a favore di enti e associazioni (quali la Pro Loco), che in collaborazione con il Comune realizzano iniziative culturali (mostre, festival, rassegne teatrali, ecc.), fieristiche o manifestazioni di promozione del territorio comunale di richiamo generale e che prevedano un afflusso e soggiorno di popolazione non residente.
L’amministrazione comunale chiede entro quali limiti operi il vincolo normativo di destinazione dell’imposta di soggiorno. Tale vincolo è disciplinato dal richiamato art. 4, comma 1, D. Lgs. 23/2011 per cui, in ordine a tale imposta, “il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero di beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”. Al riguardo si è espressa la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sez. V, 23/11/2018, n. 6644), precisando che, in seno all’art. 4, comma 1, D. lgs. 23/2011, “l’aggettivo “relativi” (…) laddove riferito ai beni culturali ed ambientali del comune impositore, può comunque essere inteso a tutti i servizi pubblici locali offerti da quest’ultimo alla collettività, quale ente pubblico a fini generali (cfr. per i comuni l’art. 13 del testo unico sugli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) e nell’ambito della cui azione amministrativa l’imposta di soggiorno per i non residenti si giustifica (…) per via dell’aggravio di spesa per tali servizi derivanti dall’afflusso e dal soggiorno di popolazione non residente” (in tal senso, ex multis, TAR Puglia, Lecce, 30 aprile 2012, n. 736). Sotto il profilo strettamente finanziario, secondo la giurisprudenza contabile (Corte dei conti, sez. controllo Veneto, Delib. n. 71/2019/PAR, cit.), l’imposta di soggiorno, “secondo l’art. 4 del D.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, deve essere finalizzata a finanziare “interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”. Trattasi, come opportunamente rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte (deliberazione Sezione Campania, n. 11/2018/PAR, deliberazione Sezione Puglia, n. 201/2015/PAR e deliberazione Sezione Emilia Romagna, n. 228/2014/PAR), di una “imposta di scopo”, basata, cioè, sulla correlazione prelievo-beneficio e diretta a determinare un miglior livello di accettazione del sacrificio richiesto. In altri termini, l’art. 4 del D.lgs. n. 23/2011 finalizza l’impiego del gettito ottenuto dall’imposta esclusivamente per il finanziamento diretto ed immediato di interventi nel settore del turismo e di interventi ad esso connessi, mediante la previsione di un vincolo di destinazione incombente sulla relativa entrata...