IL CANONE UNICO NEI CENTRI ABITATI TRA REGOLA ED ECCEZIONE
Tosap, Cosap, Canone Mercatale e Canone Unico Patrimoniale. Normative a confronto
IL CANONE UNICO NEI CENTRI ABITATI TRA REGOLA ED ECCEZIONE
a cura di Stefano Gennai
12 Luglio 2021
Occupazione del suolo e spettanza del canone o tributo tra regola ed eccezione
L’occupazione del suolo pubblico costituisce il minimo comune denominatore della Tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (Tosap) di cui all’art.38 D. Lgs. 15/11/1993, n.507, del Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap) di cui all’art.63 D. Lgs. 15/12/1997, n.446, del Canone di concessione per l’occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate (Canone Mercatale) di cui all’art.1, comma 837, Legge 27/12/2019, n.160, e del Canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (Canone Unico Patrimoniale) di cui all’art.1, comma 816, Legge 27/12/2019, n.160.
In materia di occupazione del suolo pubblico si può ritenere che la regola sia quella per cui il canone o tributo spetta all’Ente a cui il suolo occupato appartiene, costituendo senz’altro eccezione la dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone o tributo.
La dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone o tributo deve essere consentita dalla natura del prelievo e deve essere supportata dalla struttura e dal contenuto della disposizione legislativa veicolo della norma d’eccezione.
Le discipline della Tosap, del Cosap, del Canone Mercatale e del Canone Unico Patrimoniale, ad un certo punto, fanno tutte riferimento, in maniera diversa e persino opposta, alle strade che attraversano i centri abitati, ponendo l’accento ora sulla popolazione del centro abitato, ora sulla popolazione del Comune nel suo complesso.
Per i centri abitati la disposizione che fissa il regime di appartenenza delle strade e che sta sullo sfondo (richiamata o meno dalle normative suddette) è quella dell’articolo 2, comma 7, del codice della strada.
In virtù di tale disposizione “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”. I tratti delle strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti sono quindi comunali ex lege; quelli che attraversano centri abitati fino a 10.000 abitanti (indipendentemente dalla popolazione complessiva del Comune) restano statali, regionali e provinciali e quindi appartenenti, rispettivamente, allo Stato, alla Regione e alla Provincia (o Città Metropolitana).
Nell’ambito dei centri abitati, quindi, la regola (il canone o tributo spetta all’Ente cui appartiene il suolo occupato) e l’eccezione (dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone o tributo) si verificano in una ben precisa fattispecie, quella dell’occupazione delle strade statali, regionali e provinciali che attraversano centri abitati con popolazione fino a diecimila abitanti di Comuni aventi popolazione complessiva superiore a diecimila abitanti.
L’articolo 38, comma 4, Tosap
Nell’ambito di una disciplina di natura tributaria (e non patrimoniale) quale era quella del Capo II del D. Lgs. 507/1993 sulla “Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche”, il comma 4 dell’art.38 disponeva che “Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all'imposizione da parte dei comuni medesimi”.
Trattavasi di norma eccezionale nel senso che faceva eccezione, derogava, alla regola generale richiamata dallo stesso D. Lgs. 507/1993 all’art.39, comma 1, secondo cui “La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio”.
Norma talmente eccezionale che si trovava veicolata dalla disposizione d’apertura del Capo II, ossia dall’art.38 rubricato “oggetto della tassa” e non dall’art.39 sui “soggetti attivi e passivi”.
Veicolando una norma d’eccezione, l’art.38, comma 4, si preoccupava di precisarne l’oggetto prendendo in considerazione esclusivamente i “tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti”: l’art.38, comma 4, Tosap, a differenza dei suoi analoghi successivi, non parlava di “aree comunali”, né faceva riferimento al “territorio” (comunale) di cui all’art.39, comma 1; il legislatore dell’art.38 era ben consapevole di stabilire una dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del tributo e lo limitava alle sole strade statali e provinciali senza comprendere quindi le strade regionali in virtù dell’autonomia patrimoniale e finanziaria a queste riconosciuta dalla Costituzione nel testo vigente nel 1993.
La natura tributaria del prelievo consentiva al legislatore di stabilire la dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del tributo con una norma d’eccezione supportata dalla struttura della disposizione che la veicolava.
L’articolo 63, comma 1, Cosap
Nell’ambito di una disciplina di natura patrimoniale (e non tributaria) quale era quella del Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’articolo 63, comma 1, D. Lgs. n.446/1997 (come sostituito dall’articolo 31, comma 20, Legge n.448/1998), il legislatore aveva disposto che “Agli effetti del presente comma si comprendono nelle aree comunali i tratti di strada situati all'interno di centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuabili a norma dell'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”.
L’art.63, comma 1, Cosap veicolava quindi una norma che confermava la regola generale secondo la quale il canone spetta all’Ente a cui appartiene il suolo occupato.
Trattandosi di una norma confermativa della regola, la disposizione-veicolo non aveva bisogno di individuare specifici oggetti: bastava mettere in relazione le “aree comunali” con il contenuto dell’articolo 2, comma 7, codice della strada: “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”. Non c’era quindi neppure necessità di disporre alcunché per ciò che riguarda le strade regionali intersecanti centri abitati perché, al riguardo, bastava il rinvio alla disposizione del codice della strada.
Confermando la regola che il canone spetta all’Ente cui appartiene il suolo occupato, l’articolo 63, comma 1, Cosap può considerarsi ridondante (e può ritenersi tautologica la norma che veicola), ma la compresenza dell’art.38, comma 4, Tosap lo rendeva oltremodo utile perché con esso si evidenziava proprio la rottura con la norma eccezionale di natura tributaria. Ed ecco allora che, con il proprio regolamento, i Comuni e le Province potevano “escludere l'applicazione, nel proprio territorio, della tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507” e potevano “prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa”.
Il comma 837 sul Canone Mercatale
Nell’ambito di una disciplina di natura patrimoniale (e non tributaria) quale quella che ha visto l’introduzione di due nuovi canoni, il canone unico patrimoniale e il canone mercatale, ad opera della Legge n.160/2019, la disposizione sul canone mercatale di cui al comma 837 dell’art.1, quantomeno per ciò che riguarda la spettanza del canone nei centri abitati, non pone alcun problema: “A decorrere dal 1° gennaio 2021 i comuni e le città metropolitane istituiscono, con proprio regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, il canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate. Ai fini dell'applicazione del canone, si comprendono nelle aree comunali anche i tratti di strada situati all'interno di centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti, di cui all'articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”.
Il comma 837, come già l’art.63, comma 1, Cosap, veicola quindi una norma che conferma la regola secondo la quale il canone spetta all’Ente a cui appartiene il suolo occupato.
Trattandosi di una norma che conferma la regola, la disposizione che la veicola non ha bisogno di individuare specifici oggetti, ma gli basta mettere in relazione le “aree comunali” con il contenuto dell’articolo 2, comma 7, codice della strada, ai sensi del quale “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell'interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”. Né c’era necessità di disporre alcunché per ciò che riguarda le strade regionali intersecanti centri abitati perché, al riguardo, è sufficiente il rinvio all’articolo 2, comma 7, codice della strada.
L’unica particolarità è che la disposizione sul Canone Mercatale fa riferimento esclusivamente ai Comuni ed alle Città Metropolitane; non si applica quindi alle Province, le quali potranno avvalersi soltanto del Canone Unico Patrimoniale.
Il comma 818 sul Canone Unico Patrimoniale
Ed eccoci, finalmente, al Canone Unico Patrimoniale introdotto dalla Legge n.160/2019 che all’art.1, comma 816, stabilisce: “A decorrere dal 2021 il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, ai fini di cui al presente comma e ai commi da 817 a 836, denominato « canone», è istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane, di seguito denominati « enti», e sostituisce: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all'articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province. Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi”.
Il successivo comma 847, nel disporre che “Sono abrogati i capi I e II del decreto legislativo n. 507 del 1993, gli articoli 62 e 63 del decreto legislativo n. 446 del 1997 e ogni altra disposizione in contrasto con le presenti norme”, precisa che “Il capo II del decreto legislativo n. 507 del 1993 rimane come riferimento per la determinazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche appartenenti alle regioni di cui agli articoli 5 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68”.
In virtù del comma 819 “Il presupposto del canone è: a) l'occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico; b) la diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all'esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato”.
Per i centri abitati dispone il comma 818: “Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all'interno di centri abitati di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, individuabili a norma dell'articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285”.