La competenza per l’acquisizione sanante del diritto di servitù coattiva
La competenza per l’acquisizione sanante del diritto di servitù coattiva è in capo al Consiglio...
La competenza per l’acquisizione sanante del diritto di servitù coattiva
Riguardo la competenza ad emanare i provvedimenti di acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/01, il Consiglio di Stato, con sentenza della IV Sezione n. 2810 del 10 maggio 2018, ha chiarito che “spetta unicamente al Consiglio Comunale l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante, in quanto riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione di cui alla lettera l) dell’art. 42, comma 2, d.lgs. 267/2000; secondo tale disposizione devono essere adottati con delibera consiliare gli: acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non sian
11 Dicembre 2019
La competenza per l’acquisizione sanante del diritto di servitù coattiva
di Mario Petrulli
Riguardo la competenza ad emanare i provvedimenti di acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/01, il Consiglio di Stato, con sentenza della IV Sezione n. 2810 del 10 maggio 2018, ha chiarito che “spetta unicamente al Consiglio Comunale l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante, in quanto riconducibile al novero dei provvedimenti di acquisizione di cui alla lettera l) dell’art. 42, comma 2, d.lgs. 267/2000; secondo tale disposizione devono essere adottati con delibera consiliare gli: acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari”; secondo il TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 6 dicembre 2019, n. 698, tale competenza include anche l’ipotesi di acquisto di servitù coattiva.
D’altronde, appare ragionevole che le valutazioni, sottese all’adozione del provvedimento in esame relativamente all’attualità ed eccezionalità delle ragioni di interesse pubblico a disporre l’imposizione della servitù, alla prevalenza di detto interesse rispetto a quello del privato, alla insussistenza di alternative eventualmente praticabili in luogo della sua adozione, rientrino nelle prerogative fondamentali dell’organo deliberativo e non siano delegabili, attesa la formale assenza della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e la sensibilità degli interessi in gioco, riconducibili, solo ed esclusivamente, all’amplissima discrezionalità propria dell’organo di indirizzo.
Tale sensibilità si rivela ancor più pregnante nel caso di acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/01 non del diritto di proprietà ma del diritto di servitù coattiva che, pur essendo da costituirsi a favore di un terzo, involge concreti quanto indiscussi aspetti di interesse per il territorio. Quest’ultimo aspetto è stato puntualmente valorizzato nella giurisprudenza anche del Consiglio di Stato, secondo cui “ai fini della costituzione in via coattiva di una servitù pubblica, rileva non la modificazione materiale, bensì la modificazione immateriale in cui consiste il pregresso uso – parimenti sine titulo e nell’interesse pubblico – del bene su cui far gravare la servitù titolata; servitù che appunto comporta, diversamente dall’acquisizione della proprietà – esclusiva – del bene per riunirla a quella dell’opera pubblica, la facoltà del titolare del fondo servente di continuare a sua volta a farne uso”[1].
Sotto un ulteriore profilo, l’acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/01, anche se riferita ai sensi del comma 6 alla sola imposizione della servitù e non costituita quindi dall’acquisto della piena proprietà, rientrerebbe comunque nella competenza del Consiglio Comunale, in quanto la sua natura prettamente discrezionale esclude che essa possa qualificarsi come implicitamente prevista in atti fondamentali del Consiglio o come mera esecuzione degli stessi[2].
Proprio a proposito dell’alta discrezionalità che caratterizza l’esercizio di questo potere eccezionale, già prima della introduzione dell’art. 42 bis del d.P.R. 327/01, il Consiglio di Stato, nella decisione n. 775/2010, ha affermato che “l’atto di acquisizione sanante ex art. 43 D.P.R. n. 327 del 2001, per i profili di discrezionalità che lo connotano, esorbita dall’ambito della competenza dell’ufficio per le espropriazioni e, comunque, degli uffici comunali per rientrare nelle attribuzioni del Consiglio comunale o al più della Giunta”. Dopo l’entrata in vigore dell’anzidetto art. 42 bis, secondo la recente giurisprudenza[3], la particolare natura dell’acquisizione sanante, riconducibile nell’alveo della discrezionalità propria dell’organo di indirizzo politico, richiede...