La questione inerente alle stazioni radio base (antenne) installate sul cespiti comunali
La questione inerente alle stazioni radio base (antenne) installate sul cespiti comunali
Canone concessorio o di locazione?
26 Febbraio 2024
Una questione di piena attualità che gli uffici Patrimonio stanno affrontando è quella che riguarda il corretto inquadramento del contratto da applicare ai soggetti che abbiano installato stazioni radio base per la telefonia (antenne) su cespiti di proprietà comunale.
A seguito delle disposizioni succedutesi nel tempo (a partire dal D. Lgs. 259/2003 “codice delle comunicazioni elettroniche” e successive modifiche), volte a favorire - dato il crescente sviluppo della telefonia mobile- l’installazione e l’implementazione di tali impianti ed a garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme sul territorio nazionale, è stata preclusa agli Enti locali la facoltà di imporre ulteriori oneri o contributi rispetto a quelli previsti dal citato D.Lgs (art. 93, oggi, art. 54).
In conseguenza di ciò, gli operatori di telefonia, hanno iniziato a non corrispondere più i canoni a valore di mercato previsti dai titoli patrimoniali a suo tempo stipulati con il Comune, bensì importi fissi (prima di 516 euro annui, oggi di 800 euro annui ad impianto), come stabilito dal canone patrimoniale successivamente introdotto dalla L. 160/2019.
Ciò precisato, va, tuttavia, evidenziato che secondo un orientamento giurisprudenziale consolidatosi di recente:
a) l’attività di telefonia mobile non costituisce un servizio pubblico rientrante, in particolare, tra quelli cui è istituzionalmente preposto il Comune;
b) il canone patrimoniale, che prevede il corrispettivo di euro 800 annui, trova applicazione solo per le occupazioni di beni comunali rientranti nel demanio /patrimonio indisponibile dell’Ente, ma non per quelli rientranti nel patrimonio disponibile.
In base al richiamato orientamento, le amministrazioni potrebbero dar corso al procedimento di valorizzazione di detti beni, ai sensi dell’art. 58 del D.L. 12/2008 (conv. in L. 133/2008).
L’art. 58 attribuisce, infatti, ai Comuni la facoltà di redigere, con delibera di consiglio, l’elenco dei beni non più strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione: l’approvazione da parte del Consiglio comunale del relativo piano, determina la nuova destinazione urbanistica confacente rispetto alla tipologia di utilizzo ed attribuisce ai beni stessi il regime di patrimonio disponibile.
Con l’approvazione del Consiglio del piano di valorizzazione dei beni comunali che fossero sede di stazione radio base; beni da ritenersi non più strumentali all’esercizio di funzioni istituzionali del Comune potrebbe essere, nel contempo:
- stabilita, per detti beni, una nuova specifica destinazione urbanistica conforme all’utilizzo in essere (stazione radio base);
- disposta, per detti beni, la classificazione nel regime del patrimonio disponibile: con il nuovo regime, non sarebbe più preclusa, secondo quanto affermato dall’orientamento giurisprudenziale, la possibilità, per il Comune, di richiedere oneri e contributi maggiori rispetto ad 800 euro ad impianto e l’Ente sarebbe legittimato a stipulare nuovi contratti di natura privatistica (in particolare, di locazione ad uso non abitativo), a canone di mercato, essendo venuti meno - a seguito dell’approvazione del piano di valorizzazione e del conseguente cambio di regime dei beni - i titoli patrimoniali precedentemente rilasciati.
La questione è particolarmente di rilevanza perché a seconda della tipologia di immobile pubblico sul quale le antenne di telefonia sono installate, potrebbe cambiare radicalmente l’importo che l’Amministrazione può introitare.
La questione è complessa perché passa attraverso la verifica se il servizio di telefonia possa essere inquadrato tra i servizi di interesse pubblico.
Vediamo di seguito, gli aspetti normativi della questione, anche attraverso un’analisi delle principali pronunce giurisprudenziali sul tema.
Il divieto di imposizione di canoni ulteriori
Non trova applicazione, nel caso dei beni rientranti nel patrimonio disponibile, la previsione dell’art. 54 (ex art. 93) del D. Lgs. n. 259/2003 (c.d. codice delle comunicazioni elettroniche), che vieta l’imposizione di oneri o canoni ulteriori rispetto a quelli stabiliti dallo stesso D.lgs., attualmente pari ad 800,00 euro l’anno per ogni impianto radio base.
Secondo quanto affermato, infatti, dal Tribunale di Pordenone nella sentenza n. 30/2019 “… tale divieto può operare solo in relazione ai beni demaniali e del patrimonio indisponibile, assoggettati appunto alla capacità impositiva degli enti, non certo in relazione ai beni del patrimonio disponibile, verso i quali gli Enti si atteggiano a meri proprietari e ne dispongono in via contrattuale…”.
Tale principio, formulato con specifico riferimento alle stazioni radio base, è stato confermato dalla recente sentenza della Corte d’Appello di Milano 3638/2022; dal Tribunale di Trento n. 656/2022; dal Tribunale di Pavia n. 324/2023-;
La giurisprudenza sulla natura del bene pubblico
Secondo le pronunce della giurisprudenza (si vedano Cass. Civ. sez. unite n.ri 14865/2006, 6019/2016, 13664/2019; Cons. Stato sez. V n. 596/2019; TAR Veneto sez. I n. 43/2018) affinché un bene possa rivestire il carattere di bene pubblico (demaniale o patrimoniale indisponibile) in quanto destinato...